Storia dell’Unione Europea, 2016-2026. I Parte
di PIER PAOLO DAL MONTE
Introduzione
È difficile raccontare la storia della distruzione di un continente, specie se quella storia la si è vissuta. Ancora più difficile è cercare di darvi una spiegazione, specie se si considera che quella devastazione non fu cagionata da catastrofi naturali o da eventi bellici, ma fu il frutto della protervia, della stupidità, della vigliaccheria e del tradimento (a seconda del ruolo) degli uomini. O, per meglio dire, di alcuni uomini che sono stati in grado di manipolare la coscienza e la volontà delle masse, per distruggerne il presente ed il futuro.
Non è nostro intento raccontare questa triste storia affinchè essa possa fungere da ammonimento, nella speranza che ciò possa evitare il ripetersi eventi simili. No, non siamo così ingenui da confidar nelle «magnifiche sorti e progressive» dell’umanità: sappiamo bene che qualsivoglia nefandezza compiuta può ripetersi, seppure con forme e modalità dissimili. Pertanto, non vi è alcun intento didascalico, da parte nostra: queste poche pagine vogliono semplicemente essere una modesta testimonianza, per gli storici futuri, sulla disdicevole commedia umana che venne inscenata in quegli anni, e che ebbe come palcoscenico un intero continente.
Non vogliamo tediare il lettore con un’esorbitante mole di minuzie storiche, né vogliamo rendere questo breve racconto troppo ponderoso, spingendo il nostro sguardo a ritroso oltremisura. Sappiamo bene che ogni evento ha cause che sono anteriori ad esso, così come vi sono cause anteriori a queste ultime, ma riteniamo che un’eccessiva pedanteria nel ricercare la causalità storica condurrebbe ad un regressus ad infinitum che costringerebbe a spingersi sino ai tempi di Adamo ed Eva o del “Big bang”, a seconda del proprio orientamento cosmologico.
Pertanto, ci asterremo da quest’ inclinazione e non descriveremo, quindi, le origini di quella struttura despotica e burocratica, che è conosciuta sotto il nome di “Unione Europea” o la genesi della moneta unica (l’euro), rispettivamente causa finale e causa efficiente del disastro continentale. E non descriveremo neppure alcune cause scatenanti, come la crisi finanziaria che si verificò quasi vent’anni fa (quella del 2008).
Ci accontenteremo, con un certo arbitrio, di descrivere gli avvenimenti degli ultimi dieci anni, ossia a partire dal 2016, periodo nel quale giunsero a compimento eventi le cui origini si annidano nei decenni precedenti, per i quali rimandiamo il lettore ai libri di storia, anche se accenneremo ad alcuni di essi, come il cosiddetto “problema dell’immigrazione”, o l’assetto geopolitico nel quale si inseriva il “progetto europeo, che sono importanti per comprendere gli avvenimenti successivi.
Il Referendum del Regno Unito
Nel 2016, come abbiamo accennato, si verificarono diversi avvenimenti destinati ad avere conseguenze fatali sul destino di quella costruzione despotica che era conosciuta (e, purtroppo, lo è ancora) sotto il nome di Unione Europea.
Il primo tra questi fu provocato da un referendum che si tenne nel Regno Unito nel giugno di quell’anno, nel quale la popolazione fu chiamata a esprimersi circa l’uscita del Paese dall’Unione Europea. Nonostante la virulenta campagna condotta dagli organi di informazione (si fa per dire) per scongiurare quell’esito, campagna che raggiunse livelli tali da sconfinare nel ridicolo, la maggioranza dei cittadini delle isole britanniche espresse il desiderio di uscire da quella che era percepita come la “gabbia europea”. Quel risultato fu accolto da reazioni di isteria collettiva da parte dei governi e degli organi di informazione degli altri paesi dell’Unione e, ovviamente, da parte dei rappresentanti delle istituzioni europee.
Una pletora di politici, giornalisti e cosiddetti “intellettuali”, ovvero i più ferventi aedi del regime, raggiunsero in quell’occasione vette di comicità difficilmente eguagliate, sia prima che dopo. Vi fu chi arrivò ad asserire, finanche con un certo livore, che fosse assurdo dare alle persone la possibilità di votare per cambiare ciò che era stato deciso dalle élite E e vi fu chi riuscì finanche a spingersi oltre, in questa commedia dell’assurdo: siccome alcune analisi statistiche (peraltro abbastanza campate in aria, visto che il voto è segreto) avevano indicato che la maggior parte dei giovani aveva espresso voto contrario all’uscita dall’Unione, mentre la maggioranza degli “anziani” era stata a favore, qualcuno sostenne che si avrebbe dovuto consentire di votare solo i giovani, poiché il loro futuro è verosimilmente più lungo. Con un calcolo che avrebbe fatto sembrare un raffinato pensatore perfino Jeremy Bentham, si giunse ad adottare l’aspettativa di vita presunta come criterio di preminenza nelle scelte democratiche, come se i giovani fossero gli azionisti di maggioranza del futuro. Nel riquadro, forniamo una piccola antologia di questa immondizia giornalistica:
1) Alain Elkann, “La Stampa”, 25 giugno 2016
“In Gran Bretagna ha vinto Brexit. Hanno vinto i vecchi, i nostalgici i furibondi gli egoisti i razzisti gli hooligans e i Populisti. In una notte la gran Bretagna si è divisa tra un nuovo stato pro europeo (Londra e Scozia) e il resto del paese che rivendica l’indipendenza. Vince il biondissimo Boris Johnson con l’applauso del biondissimo Donald Trump che gioca a golf nel suo nuovo resort.
Si apre una pagina nuova: i padri che votano per un futuro che non vedranno, contro la volontà dei loro figli.”
2) Un certo AleRosina68, che viene indicato esserè docente di Demografia all’Università Cattolica di Milano, “La Repubblica”, 26 giugno 2016
“Questo produce due conseguenze negative, l’ostilità verso i processi di cambiamento da parte dei più anziani e la mancanza di strumenti per orientare positivamente le scelte dei più giovani. Brexit è un esempio di decisione determinata dal peso dei primi ma destinata a pesare sul futuro dei secondi, i quali subiscono in parte impotenti e in parte inconsapevoli. […] La seconda è la necessità di allentare il vincolo che impone che il voto di un ottantenne valga come quello di un ventenne su temi che condizionano soprattutto il futuro di quest’ultimo. Tanto più in un’Europa che invecchia e che vede il peso elettorale dei primi aumentare e quello dei secondi diminuire”
3) Federico Fubini, “Il Corriere della Sera”, 25 giugno 2016:
“Con il referendum dell’altra notte le croci sulle schede di 638 mila persone o lo 0,008% dell’umanità — la differenza decisiva fra Remain e Leave — ha messo in moto spostamenti di migliaia di miliardi su tutti i mercati finanziari del pianeta e sulle risorse di miliardi di persone di centinaia di Paesi.”
4) Beppe Severgnini, “Il Corriere della Sera”, 24 giugno 2016
“La Decrepita Alleanza ha vinto. Ha preferito il passato al futuro, i ricordi ai sogni, l’illusione al buon senso. Ne fanno parte i «little Englanders» di provincia e di campagna; i cittadini meno istruiti, su cui le informazioni scivolano come l’acqua sulle piume dei pellicani di St James’s Park; i nostalgici di ogni età, incapaci di rassegnarsi a un’evidenza.”
5) Massimo Gramellini, “La Stampa”, 25 giugno 2016
“Per un ragazzo di Londra, l’Europa è la fidanzata spagnola con cui ha amoreggiato durante l’estate del corso Erasmus a Barcellona. Per la vecchietta di Bristol citata dal capo degli ultrà nazionalisti Farage, l’Europa è il migrante nigeriano che attraversa la Manica per togliere il lavoro al figlio inglese della sua vicina. Ha vinto la vecchietta di Bristol, perché ci sono più vecchiette che ragazzi, in questa Europa che non fa più bambini. Non è sconvolgente che a decretare la Brexit sia stata proprio la generazione dei Beatles e dei Rolling Stones, quella che voleva cambiare il mondo e oggi in effetti lo ha cambiato, ma nel senso che se lo è chiuso dietro le spalle a doppia mandata?”
I giovani, i laureati e i londinesi hanno votato in larga maggioranza per restare. Gli anziani, i meno istruiti e gli inglesi di provincia per andarsene. La prova evidente che si è trattato di una scelta di paura, determinata da persone che, non avendo strumenti conoscitivi adeguati, hanno fatto prevalere la pancia sulla testa e la bile sul cuore. Di fronte all’incertezza del futuro, non hanno reagito con la curiosità ma con la chiusura. La retorica della gente comune ha francamente scocciato. Una democrazia ha bisogno di cittadini evoluti, che conoscano le materie su cui sono chiamati a deliberare. La vecchietta di Bristol sapeva che il suo voto, affossando la sterlina, le avrebbe alleggerito di colpo il portafogli, dal momento che i suonatori di piffero alla Farage si erano ben guardati dal dirglielo?”
Già, questi piccoli reperti d’archivio mostrano quale fosse la capacità d’analisi dei giornalisti all’epoca dei fatti, capacità che, beninteso, non è affatto migliorata, ai tempi in cui scriviamo.
La decisione britannica costituiva un pericoloso precedente: la dimostrazione “in corpore vili” che l’Unione Europea non era, in fondo, quell’inespugnabile gabbia d’acciaio dalla quale era impossibile ogni fuga, dipinta dagli oligarchi di Bruxelles e dai loro lacchè nei governi dei vari stati. Questo fatto, data la crescente insofferenza delle popolazioni nei confronti delle dissennate politiche dell’Unione, della perversa gestione dell’economia e della delirante gestione dell’immigrazione di massa che aveva luogo in quell’epoca (della quale parleremo nel prossimo capitolo), rischiava di provocare un “effetto domino”, spingendo altre nazioni a seguire l’esempio della “perfida Albione”, con il conseguente rischio di dissoluzione dell’Unione Europea in quanto tale.
La reazione degli oligarchi, che già vedevano scricchiolare l’intero edificio, non si fece attendere. Si cercò, innanzitutto di rendere difficile e penoso, il processo di uscita del Regno Unito dalla gabbia europea[1], adottando, a volte, tecniche degne dei migliori film sulla mafia (anche se nessuno si spinse fino a mettere una testa di cavallo a Buckingham Palace).
Tuttavia, questo proposito, anche se, all’inizio, rese i negoziati piuttosto sgradevoli, si rivelo, ben presto poco più che una spacconata: nessun paese, in primo luogo la Germania, la potenza dominante nell’Unione, poteva permettersi di pregiudicare le relazioni commerciali con una nazione dell’importanza del Regno Unito.[2] Insomma, nonostante il clima di terrore circa le conseguenze nefaste dell’uscita dall’unione”, vaticinate dai mezzi di informazione di tutto il continente, queste non si verificarono e, pertanto, non si riuscì ad evitare il temuto “effetto domino”. Infatti, numerosi stati cominciarono a pensare di seguire l’esempio del Regno Unito. Da quel momento la costruzione politica, chiamata Unione Europea, che era stata edificata sui sogni di allucinati politicanti di quart’ordine, cominciò a scricchiolare.
(Continua…)
[1] A tal proposito, in prima istanza, fu scelto come capo negoziatore uno dei più stolidi difensori della fede europeista, tal Guy Vehrofstadt
[2] Che, oltretutto, era un importatore netto nei confronti dei paesi dell’Unione Europea ma, soprattutto, nei confronti della Germania.
Fonte: http://www.ilvelodimaya.org/2017/06/16/storia-dellunione-europea-2016-2026-i-parte/
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