Licei brevi, danni duraturi
del COORDINAMENTO NAZIONALE TFA
Quella di annunciare decisioni politiche importanti e tendenzialmente impopolari in piena estate, quando chi può protestare sta in vacanza, è purtroppo una tradizione italiana di lungo corso. Questa volta ha colpito il mondo della scuola, con l’annuncio agostano dell’estensione a 100 licei sul territorio nazionale della sperimentazione del liceo abbreviato a 4 anni.
La forma di questa comunicazione è grave, la sostanza gravissima. Perché ancora non si conoscono gli esiti delle sperimentazioni già avviate e non c’è stata alcuna condivisione degli obiettivi didattici e pedagogici che il Miur intende perseguire, al di là degli slogan sull’ingresso anticipato nel mondo del lavoro (ma quale lavoro?!) e sull’esigenza di seguire l’Europa. Se non fosse che meno della metà dei paesi dell’EU prevede una durata simile per gli studi superiori, paesi che peraltro non si distinguono in positivo per la qualità e i risultati dei loro sistemi di istruzione.
Andando ad esplorare più da vicino i nostri vicini continentali, Francia e Germania, emerge un quadro differenziato, in cui non è affatto vero che il liceo, ed in generale l’educazione secondaria di secondo grado, “durano meno che in Italia”. Qualche dato. In Francia il liceo va dai 15 ai 18 anni. Dopo il liceo tuttavia in Francia, per accedere alle migliori scuole, cosiddette “Grandes Ecoles”, è possibile frequentare dei corsi di insegnamento a carattere universitario generalmente tenuti nei licei, quindi pubblici, che preparano al concorso di ammissione nelle grandi scuole. L’educazione liceale quindi in realtà prosegue oltre i 18 anni e punta verso la qualità dato che le grandi scuole sono sempre più ambite e selettive.
In Germania l’educazione secondaria è integrata in un unico ciclo di durata differente a seconda del percorso. I percorsi liceali comparabili ai licei italiani – Gymnasium – sono stati portati da 9 a 8 anni da un riforma del 2004, di fatto introducendo il famoso liceo breve, con un termine scuola a 17 anni ( dato che le elementari durano 4 anni). Ma i singoli land hanno via via reintrodotto la durata di 9 anni, in virtù della loro autonomia come stati federati. In totale sono sette fra i più popolosi stati della Germania, situati tutti ad ovest, ad aver revocato o ad aver introdotto un processo di revisione della riforma in questione, da noi presentata come la panacea europea ad una scuola obsoleta. In definitiva, in Germania come in Francia, si punta alla qualità e alla differenziazione dei percorsi di studio, non a tagli indiscriminati.
Ma la preoccupazione principale è per la ripercussione che questa moda di seguire acriticamente i paesi anglosassoni, senza considerare la diversità del contesto sociale e culturale (e dei fondi a disposizione), potrà avere sul sistema scolastico italiano. Un sistema che non era perfetto, ma che garantiva un livello culturale alto agli studenti, soprattutto nei licei e che tantomeno ha mai creato divisioni tra scuole di serie A e serie B, come invece avviene nel modello proposto con questa sperimentazione dal Miur. Un sistema che pezzo per pezzo è stato smontato negli ultimi decenni, da ogni governo e da ogni maggioranza. Con l’unico fine in estrema sintesi del risparmio, attraverso tagli progressivi (delle ore scolastiche, dei programmi, degli insegnamenti e adesso degli anni di scuola) e contenimento dei costi (dei docenti, in primis).
Il Miur prova a sperimentare non tanto sul versante della didattica, ma su quello della riduzione dei tempi di apprendimento. Alla base c’è la convinzione che il corpo docenti resista alle innovazioni che si intendono introdurre. Si sostiene che il monte ore resterà invariato, ma cambieranno profondamente gli aspetti organizzativi, didattici e metodologici. Tutto questo, non stimola di per sé gli alunni a maturare conoscenze. Togliere un anno di esperienza in una comunità educante vuol dire ridurre significativamente la possibilità di maturare relazioni ed esperienze che rimangono uniche nella vita formativa.
Non tutti gli alunni che frequentano i licei potranno ripetere quel percorso quinquennale che ha dato già prova di validità e di efficacia. Vi sono molti casi di studenti che riescono a maturare nel corso del triennio, specie nell’ultimo anno. Tutto il corredo della didattica innovativa a cui siamo ormai abituati non può giustificare in alcun modo il taglio di un anno della vita dell’alunno nei licei italiani. L’istruzione è un processo, non è semplicemente compattabile e cumulabile in una forma simile ad un 2×3.
E l’istruzione? E la cultura? Possono seguire solo imperativi economici e una logica di stampo aziendalistico applicata alla pedagogia? Rappresentiamo la generazione più recente di docenti abilitati, formata attraverso un percorso selettivo e aggiornato. Non intendiamo rassegnarci a questi tagli; la scuola a cui vogliamo contribuire è un’altra e continuiamo a credere che l’educazione delle nuove generazioni non debba essere in balia di scelte politiche che hanno finalità lontane da quelle dell’istruzione pubblica.
fonte: orizzontescuola.it
Il Ministro Fedeli, con il suo straordinario curriculum, è la persona più indicata a realizzare il compito che le è stato assegnato: smantellare l’istruzione e risolvere così, una volta per tutte, l’annoso problema dei cervelli in fuga. Per sua fortuna non deve cominciare dall’inizio, buona parte del lavoro, infatti, è già stato realizzato dai suoi illustri predecessori. A me è capitato recentemente di leggere tesi di laurea che sembrano scritte da bambini di terza elementare, tesi completamente “sgrammaticate”, con la punteggiatura messa a caso, con i verbi coniugati in maniera sbagliata e piene di anacoluti, come se il testo riportasse un discorso diretto fatto con gli amici al bar e non una pubblicazione scientifica, come invece dovrebbe essere. Direi che il progetto di smantellamento è già a buon punto.