Israele minaccia Assad e scuote il Medio Oriente
di OCCHI DELLA GUERRA (Lorenzo Vita)
“Se Assad vuole sopravvivere, deve mandare via l’Iran dalla Siria”. Non usa mezzi termini il ministro della Giustizia di Israele, Ayelet Shaked, parlando delle future politiche israeliane a margine della conferenza organizzata a Herlyza dall’International Institute on Counterterrorism. “Israele deve esercitare pressioni sui poteri mondiali” per non permettere che l’Iran rimanga in Siria, ha detto il ministro appartenente al Likud, che ha poi aggiunto che qualora le potenze mondiali non rispettassero questa richiesta allora Israele dovrebbe “fare quello che deve fare”. Frasi di minaccia che gettano ombre molto oscure sul futuro della Siria, soprattutto dopo il bombardamento delle forze aree israeliane contro la base siriana di Masyaf nei pressi di Hama. Un attacco che ha sollevato le legittime ire del governo di Damasco, che ha visto nuovamente colpite le proprie basi da uno Stato con cui tecnicamente non è in guerra, e che ha scosso profondamente i delicati equilibri dei rapporti siro-israeliani, soprattutto perché arrivato a dieci anni esatti dal bombardamento effettuato da Israele, sempre in Siria, contro uno stabilimento vicino a Deir Ezzor che si considerava fosse adibito alla produzione di armi atomiche.
La scelta di “festeggiare” il decimo anniversario di quell’attacco, bombardando questa volta Masyaf perché si considerava un sito di produzione di armi non convenzionali, fa riflettere, ma, soprattutto, deve far preoccupare. I rapporti fra Damasco e Tel Aviv sono ai minimi termini da sempre, ma la guerra che sta sconvolgendo la Siria dal 2011 ha notevolmente peggiorato la situazione. Israele, per stessa ammissione del premier Netanyahu, ha effettuato dal 2011 ad oggi almeno 100 raid in territorio siriano. Riad che erano rivolti sia alle forze siriane sia, e soprattutto, verso le milizie di Hezbollah, considerate come la prima e più seria minaccia da parte delle forze armate di Israele. L’obiettivo di Tel Aviv in questa guerra in Siria era chiaro: sfruttarla per far sì che si spezzasse l’asse fra Teheran e il Mediterraneo lasciando che Assad cadesse e che Hezbollah si trovasse a combattere con difficoltà contro ribelli siriani e Stato islamico in contemporanea. Le dinamiche della guerra, con l’intervento russo, la resistenza di Damasco, l’impegno di Iran e Hezbollah e gli accordi raggiunti ad Astana e benedetti da Trump, hanno invece consegnato a Israele uno scenario completamente diverso da quello sperato. Da una parte, il governo siriano ha raggiunto finalmente Deir Ezzor e può dire di aver liberato gran parte dei territori occupati da Stato islamico e dai ribelli sostenuti dalle potenze esterne. Dall’altra parte l’Iran non solo è in Siria, ma ha anche raggiunto un elevato grado id collaborazione russi e libanesi.
Il premier Netanyahu ha da tempo attivato tutti i suoi canali diplomatici e militari per far sì che quest’asse sciita si spezzi il prima possibile. Ed in questo, il sostegno di Donald Trump nella Casa Bianca è estremamente rilevante, così come quello degli Stati Uniti alle Nazioni Unite. Nelle ultime ore, il ministro della cooperazione regionale di Israele, Tzahi Hanegbi, ha dichiarato che la presenza iraniana in Siria sarebbe stata oggetto di discussione durante l’incontro della prossima settimana tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a New York. Hanegbi ha sottolineato che Israele sta cercando di impedire all’Iran di rimanere in Siria, con l’aggiunta, non irrilevante, che vuole rendere le cose più chiare possibile per evitare critiche nel caso in cui intraprenda una qualsiasi azione militare a contro milizie di Hezbollah o truppe iraniane.
Ma non basta avere gli Stati Uniti come alleati. In questo confronto con l’Iran, il vero problema per Israele è rappresentato dal consolidamento dell’asse fra Mosca e Teheran. Un’asse che Putin stesso ha definito un’alleanza strategica e che l’esecutivo israeliano non è riuscito a scalfire neanche dopo l’incontro a Sochi fra il premier di Tel Aviv e il presidente russo. La nuova guerra fredda fra Russia e Stati Uniti certamente non aiuta Israele in questo progetto di distacco fra Iran e Russia. Putin non ha alcun interesse a dare un sostegno reale alla politica di Trump in Medio Oriente abbandonando gli iraniani e i siriani alle volontà di Israele e Stati Uniti, soprattutto dopo che la guerra sembra volgere definitivamente a favore delle politiche di Mosca e Damasco. Tuttavia, il messaggio israeliano sembra essere estremamente importante e da non sottovalutare. Il fatto che si minacci la sopravvivenza stessa di Assad in caso di mantenimento dell’alleanza con l’Iran non può essere preso sottogamba, soprattutto dopo che le forze aeree israeliane hanno avviato una nuova fase di raid in territorio siriano. E i motivi per una guerra, purtroppo, non sembrano mancare.
fonte: http://www.occhidellaguerra.it/israele-minaccia-assad-scuote-medio-oriente/
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