In fondo a destra
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Antonio Martino)
La destra non può non essere il comitato d’affari delle classi dominanti: prima ci si sveglia da quest’illusione, meglio è.
Puntuali come un porcino dopo la burrasca, la galassia della destra italiana ha gioito delle ultime nuove provenienti da Vienna seguendo l’oramai consumato canovaccio del giorno dopo: rinfrescando i vecchi e neri se e ma, l’altra metà del cielo politico nazionale continua a macerarsi nel dubbio, parente stretto di una domanda fatale. E’ possibile costruire nel nostro disgraziato paese una destra capace di vincere e, soprattutto, durare?
Rimanendo nel campo degli imperativi marmorei, noi crediamo di no. Un paese come l’Italia non avrà mai una destra, così come non ha mai avuto una sinistra o un centro. Del resto, apertis verbis, al bipartitismo anglosassone possono credere soltanto i politologi professionisti e gli imbonitori da salotto: right e left, prive di ideologie portanti, sono solo dei paraventi dietro cui si cela il partito unico liberale, dominante in entrambi i campi e sempre vincente. Esempio pratico: esiste una soluzione di continuità nella gestione della Repubblica a partire dal 1992? La tanto mitizzata alternanza di governo ha segnato evidenti cambi di rotta?
Oggi è il giorno del no. I tanti, troppi destrorsi che abbaiano alla rivoluzione liberale dovrebbero quindi analizzare- se ne son capaci- i precedenti storici prima di ipotizzare trionfi elettorali, per poi smettere di parlare la lingua del nemico: le parole sono importanti. Due soli sono riusciti ad arrivare a Palazzo Chigi partendo da destra: Benito Mussolini e Silvio Berlusconi.
Il primo, prodotto del più squisito ambiente del socialismo rivoluzionario italiano, è stato di destra solo per quei minuti necessari a ottenere il Governo, e dalle élite reazionarie è stato prima utilizzato e poi, a guerra perduta e pancia strapiena, fatto finire a penzoloni. Il Fascismo fu tutto, ma non di certo fenomeno liberale e conservatore (dunque di destra), posta la natura rivoluzionaria dei fasci. Sul secondo non c’è nulla da dire, perchè B. esula dalle categorie del politico: cura solo il suo tornaconto aziendale, e sarebbe stato nazimaoista se da ciò fossero dipese le sorti di Fininvest. Quando doveva dimostrare qualcosa (autunno 2011, ad esempio), ha sempre toppato perché incapace a ragionare politicamente. Non è un caso che s’è sempre circondato di vecchi relitti del Pentapartito (e non del MSI), ed oggi è ancora in campo per difendere i propri interessi sabotando il fumoso blocco sovranista in nome dell’ammuffita coalizione elettorale.
Italia e destra sono dunque due termini antitetici. Siamo un Paese profondamente radicale, e la politica da noi o si fa con le masse o contro di esse, perché a destra si è agito e si agirà sempre obbedendo ai desiderata reazionari delle classi dominanti, le uniche vere beneficiarie del liberalismo reale. Non è quindi realistico poter trovare a destra i salvatori di un’Italia immiserita e proletarizzata, schiacciata dalle logiche di potenza tedesche e dal tradimento di un intero ceto politico, perché semplicemente non è lì che occorre cercare, bensì in quella Costituzione della Repubblica su cui per quarant’anni s’è costruito il benessere degli italiani, offrendo al contempo una sintesi insuperata tra Patria e Popolo, Nazione e Lavoro.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/cartucce/destra-governo-liberale-liberista/
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