di LUCIANO BARRA CARACCIOLO
1. Mi limiterò a fornire alcuni punti di riferimento per orientarsi sulle tensioni cui sono sottoposti gli Stati nazionali e sulle finalità strategiche, cioè perseguite attraverso tappe graduali “tattiche”, programmatiche ed efficienti, cui mira la creazione di queste tensioni.
Anche solo partendo dalle fonti qui utilizzate chiunque può effettuare una ricerca e trovare una quantità sterminata di conferme su ulteriori fonti documentali, che rinviano a vicenda nel comporre un quadro altamente coerente e univoco.
C’è un altro aspetto, meno ovvio, del proliferare di istanze separatiste in Europa, di cui ha parlato Karel Vereycken, ex portavoce elettorale di Jacques Cheminade, in un’intervista per Sputnik il 6 ottobre. Per gli irriducibili euristi nella tradizione di Leopold Kohr, un sodale di Winston Churchill, “i grandi stati nazionali europei devono essere frantumati in piccole entità di 5-8 milioni di abitanti, per far sì che la popolazione europea accetti un superstato sovrannazionale UE“, ha spiegato Vereycken. “Questo vale sia per la Catalogna sia per molte altre regioni, tra cui le Fiandre, la Scozia e la Lombardia”.
Questi piani esistono da decenni, ma ora diventano più o meno attuali a seconda delle circostanze. Per quanto riguarda la Spagna, non trascuriamo il fatto che il governo ha recentemente espresso l’intenzione di partecipare alla Belt and Road Initiative cinese, il che potrebbe costituire un casus belli per l’UE.
…Appare utile capire meglio la figura e il pensiero di Kohr, il cui libro più noto è intitolato “
La rottura (id est: “scomposizione”) delle Nazioni“. Propongo una estrema sintesi del
suo pensiero, che si muove tutto all’interno della
ventoteniana concezione per cui gli Stati, a prescindere dalla distinzione delle loro dimensioni nazionali e territoriali nonché dalle vicende storiche che li caratterizzano, siano guerrafondai e imperialisti (anche se, almeno, lo presupponeva sulla base della
eccessiva grandezza di tali organizzazioni statali, introducendo un elemento imprecisato e che, muovendo dagli Stati Uniti e dall’Impero britannico, nei quali si era formato e insediato, e dalla considerazione dell’Impero asburgico, in cui era nato, risulta fuorviare “in apice” la sua intera visione):
“La causa di tutte le forme di miseria sociale è una sola: la grandezza … La grandezza, ovvero sia il raggiungimento di dimensioni eccessive, non rappresenta uno dei tanti problemi sociali, ma costituisce il solo ed unico problema dell’universo …
Il pensiero di Kohr è stato una fonte importante di ispirazione per il
movimento verde, il
bioregionalismo e i movimenti anarchici. Ha inoltre influito sul pensiero di
Ernst Friedrich Schumacher, che si è ispirato a Kohr per il suo libro
“Small Is Beautiful“.
3. Ma dove possiamo ritrovare il “piccolo è bello” in tutta la capacità di concreta applicazione pro-€uropea della (abilmente) suggestiva formula?
The United States of Europe, A Eurotopia?
The United States of Europe, A Eurotopia? is a 1992 booklet, authored by Dutchbusinessman and pro-European political activist Freddy Heineken. The book proposes a federal United States of Europe, in which larger European countries break into a number of smaller, more ethnically and linguistically homogeneous states.
A slight variation of the map made by Heineken/Van den Doel/Wesseling
THE IDEA
The designs from the plan were left to the Leiden historian
Wim van den Doel.
Eurotopia takes ethnic sensitivities into account, to cause the least possible amount of friction. The basic idea is a
Europe that is completely composed of states with roughly 5 to 10 million citizens. According to Heineken, the absence of a powerful state would lead to a chance of more stability, equality and peace. While under the motto of
small is beautiful,
administration in the states could be more efficient (…e come poteva essere diversamente?)
«Il carattere utopico della posizione che prospetta un’era di pace e ridimensionamento del militarismo nell’attuale ordine sociale, è chiaramente rivelato dalla sua necessità di ricorrere all’elaborazione di un progetto. Poiché è tipico delle aspirazioni utopiche delineare ricette “pratiche” nel modo più dettagliato possibile, al fine di dimostrare la loro realizzabilità. A questa tipologia appartiene anche il progetto degli “Stati Uniti d’Europa” come mezzo per la riduzione del militarismo internazionale. […]
L’idea degli Stati Uniti d’Europa come condizione per la pace potrebbe a prima vista sembrare ad alcuni plausibile, ma a un esame più attento non ha nulla in comune con il metodo di analisi e con la concezione della socialdemocrazia. […] …Che un’ idea così poco in sintonia con le tendenze di sviluppo non possa fondamentalmente offrire alcuna efficace soluzione, a dispetto di tutte le messinscene, è confermato anche dal destino dello slogan degli “Stati Uniti d’Europa”. Tutte le volte che i politicanti borghesi hanno sostenuto l’idea dell’europeismo, dell’unione degli stati europei, l’anno fatto rivolgendola, esplicitamente o implicitamente, contro il “pericolo giallo”, il “continente nero”, le “razze inferiori”; in poche parole l’europeismo è un aborto dell’imperialismo.
5. “Ricette pratiche” perciò proliferano, sia a livello di soluzioni normative €uropee grandi-riformatrici” (le “macroregioni”, di cui abbiamo più volte parlato), sia a livello di iniziative autopromosse “dal basso” delle “piccole patrie”, sfruttando pedissequamente il già vigente diritto europeo, per spingere verso la realizzazione dell’obiettivo finale. Le autonomie che superano l’esigenza stessa degli Stati nazionali, dissolvendoli negli USE, in quanto tutte le aree ricche sono autogestibili in pareggio di bilancio, perseguono la competitività e la crescita export-led e, potendosi disinteressare delle problematiche delle altre aree componenti gli Stati depotenziati, possono assumere la valuta unica come un non-problema, predicando la “neutralità” della moneta (teorizzata da Hayek e Einaudi e alla base dell’€uropea “economia sociale di mercato). 6. Cioè, “in soldoni” (è proprio il caso di dirlo), il problema dell’euro si pone SOLO IN QUANTO si sia agganciati, dentro lo Stato nazionale, ad altre aree a sviluppo economico non omogeneo: a queste ci pensi lo Stato-minimo costituito dalle istituzioni €uropee dellatrojka,- come per la Grecia (da cui prendere le distanze sul piano anzitutto morale).
L’Unione europea, grazie alla libera circolazione di persone, beni e servizi e alla moneta unica, è ormai una realtà concreta e visibile. Da tempo le decisioni del legislatore europeo e le direttive o i regolamenti che ne discendono influenzano la nostra vita quotidiana, formando la cornice per una vera unità europea.
Il rafforzamento della collaborazione e coesione tra gli stati rappresenta il fulcro del processo di integrazione europea. Come esplicitato nella prima premessa del Preambolo al TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), il concetto di “integrazione europea” indica “l’unione sempre più stretta fra i popoli europei”, non solo a livello economico, ma anche nei settori della giustizia e della politica interna nonché in relazione a una politica estera e di sicurezza comune. In tale contesto assume un ruolo fondamentale la politica regionale dell’UE, che persegue tra gli altri l’obiettivo della cooperazione territoriale europea, da realizzarsi tramite soluzioni condivise volte alla collaborazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale (ad es. i progetti INTERREG).
L’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino è espressione diretta di tale collaborazione transfrontaliera, in quanto promuove la cooperazione tra i tre territori nei più diversi ambiti – che si tratti di trasporti, agricoltura, istruzione o cultura – concretizzando l’idea di approfondire i legami politici, economici e culturali attraverso la fruttuosa attuazione di numerosi progetti.
Già nel 1995 fu istituita la rappresentanza comune dell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino a Bruxelles, che all’epoca rappresentava il primo esempio di cooperazione interregionale in tal senso”.
“La politica regionale dell’UE è una politica di investimenti. Sostiene la creazione di posti di lavoro, la competitività, la crescita economica, tenori di vita più elevati e lo sviluppo sostenibile. Gli investimenti sono finalizzati agli obiettivi della strategia Europa 2020”.
Il superamento dello Statonazionalebrutto, col suo welfare (sanità e pensioni pubbliche, da sostituire col sistema del mercato finanziario privato), che ostacola il libero mercato transfrontaliero, è offerto apertamente come un grande vantaggio culturale, in una prospettiva rasserenante e ottimista, tale che sarebbe da pazzi irrazionali opporsi: “La pubblicazione “Polis Europa” mostra come le città ed i territori d’Europa – in primis l’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino – abbiano tuttora un grande potenziale di ricreare una società europea ricca di cultura e di identità, attraverso interazioni intense ed articolate e quindi propensi a realizzare il vero “Sogno Europeo”: l’unità non è una somma di diversità, ma nasce dalla connessione e dalla mutua fertilizzazione delle diversità. Editore: Matthias Fink, Günther Rautz, Rainer Weissengruber, Paolo Zanenga; 2016 © Copyright by Europäische Akademie Bozen, ISBN: 978-88-98857-13-5″
9. Chi potrebbe criticare queste aspirazioni, proprio in quanto talmente astratte da prestarsi a politiche economiche, fiscali e industriali multiformi e non esplicitate?
10. E se un modello è così appetibile e “vincente” perché non dovrebbe opportunamente proliferare?
“Qualcuno l’ha già chiamato Nordexit ma non sarà una vera indipendenza del lombardo-veneto dall’Italia. Lombardia e Veneto rimarranno parte della Repubblica Italiana ma chiederanno maggiore autonomia, sul modello di quella concessa alle regioni autonome e in particolare del modo con cui viene gestita dalle province di Trento e di Bolzano. In poche parole l’indipendenza che Veneto e Lombardia, regioni guidate dai leghisti Luca Zaia e Roberto Maroni, è soprattutto fiscale, niente a che vedere con i sogni di indipendenza della Padania che la Lega Nord accarezza da vent’anni. L’obiettivo dichiarato infatti è quello di far rimanere sui rispettivi territori il 90% delle tasse versate dai cittadini veneti e lombardi”.
10.1. I risvolti relativi alle tecnalità contabili legate a trasferimenti di funzioni non sono in fondo molto rilevanti.
Ed infatti proprio su queste, per necessità pratica e logico-giuridica,
si fonda la propria legittimazione, contando, oltretutto, sulla dichiarata matrice €uropea della riforma del Titolo V, che chiude il cerchio della “legittimità” selezionando, della Costituzione, proprio la parte che è più conforme al disegno dell’assottigliamento del ruolo (solidale) dello Stato nazionale – e liquidando come irrilevante tutto il resto.
L’assottigliamento risulta inevitabilmente funzionale, come abbiamo visto, a “lubrificare” la istituzionalizzazione degli USE delle piccole patrie.
“La notizia del giorno, che ha fatto tweettare di gioia il Presidente della Lombardia Roberto Maroni che ha detto che “Vittorio Feltri è il più grande giornalista vivente” è che Libero e Feltri hanno annunciato che sosterranno le ragioni del Sì al duplice referendum. Non si sa quando si terrà il referendum perché il Governo ha detto di non essere disponibile a far tenere la consultazione referendaria, che riguarderà unicamente i 15 milioni di cittadini di Lombardia e Veneto, con le amministrative di aprile. Maroni e Zaia hanno espresso l’intenzione di andare al voto assieme e quindi per il momento sembra probabile che veneti e lombardi andranno alle urne ad inizio di ottombre 2017. Su Libero Feltri ha scritto che il referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto potrebbe addirittura salvare l’Italia, di certo se tutta l’operazione andasse in porto (ed è un grande se) si parla di circa 70 miliardi di euro (53,9 miliardi per la Lombardia e 18,2 miliardi per il Veneto) di residuo fiscale – vale a dire la differenza tra entrate provenienti dalle tasse e spese – che invece che essere trasferiti allo Stato centrale potrebbero rimanere sui territori ed essere investiti per servizi al cittadino e per far ripartire la locomotiva del Nord Est…”
11. Questo combinato di legittimazione €uropea e di lettura iper-selettiva del dettato costituzionale, rinvia con evidenza alla questione catalana, e, nel quadro della “via” italiana alla dissoluzione progressiva dello Stato nazionale, ci fornisce una coerente spiegazione.
Non solo la rivendicazione lombardo-veneta trova nel diritto €uropeo la fonte di legittimità (autodichiarata nel modello stesso) di quanto già realizzato in Italia e quindi da estendere , ma questo stesso modello, nel quadro della già ottenuta “italica” soluzione costituzionale filo-€uropeista, si staglia come soluzione anche al problema catalano.
Una soluzione condita da “
l’Accordo di Parigi” del 1946 e dal suo endorsement ripetuto da parte della corte costituzionale italiana, con tanto di appoggio dato da una risoluzione del 1961 delle Nazioni Unite, che consente all’Austria di parlare, oggi, di una sua “funzione tutrice” su parte del territorio nazionale italiano.
Accordo di Parigi: non obsoleto, esempio per la Catalogna
Mediazione internazionale per la Catalogna e autonomia altoatesina come esempio: così il presidente Kompatscher all’evento dedicato all’Accordo Degasperi-Gruber:
Grande attualità politica
dell’Accordo di Parigi, l’autonomia altoatesina come possibile esempio per la
Catalogna sulla scorta di una mediazione internazionale, la sensibilità della Corte costituzionale sull’intesa
Alcide Degasperi- Karl Gruber: molto gli spunti emersi oggi a Palazzo Widmann alla presentazione del volume “70 anni Accordo di Parigi”. Presente anche il sottosegretario agli Affari regionali
Gianclaudio Bressa, la giornata ha visto tra l’altro l’intervento di Daria de Pretis, giudice della Corte Costituzionale e già rettrice dell’Università di Trento.
Il presidente della provincia di Bolzano e Presidente dell’Euregio,
Arno Kompatscher ha ribadito che “l’Accordo di Parigi non è obsoleto, ma resta il fondamento internazionale dell’autonomia e della tutela delle minoranze linguistiche” e ha fra l’altro ricordato il principio del consenso bilaterale fra Italia e Austria che presuppone modifiche dello Statuto solo attraverso lo strumento dell’intesa. Arrivando ai nostri giorni, il Presidente ha fatto esplicito riferimento alle tensioni fra il governo spagnolo e
la Catalogna, “che a differenza dell’Alto Adige non dispone di un’autonomia garantita internazionalmente (ndr: ma va detto, anteriormente all’adozione della Costituzione e quindi al
possibile filtro dell’art.11 Cost, che, peraltro, la Corte costituzionale è alquanto restia ad applicare, anche rispetto ad un trattato, appunto, del 1946)
. Lo Stato può pertanto intervenire a limitare o addirittura abolire alcuni poteri dell’autonomia.” (ndr: il Titolo V “riformato” in nome dell’€uropa, invece, non solo questi poteri li ha ampliati, ma, com’è ora noto, consente di estenderli ulteriormente).
Come possibile soluzione Kompatscher si è pronunciato per un’azione di
mediazione internazionale, “che dovrebbe non solo cercare un compromesso accettabile per ambo le parti, ma anche assumersi la responsabilità di controllare che venga rispettato e mantenuto. L’autonomia altoatesina in questo senso può costituire un esempio.” Per il futuro il compito a livello locale sarà quello di “adeguare l’autonomia ad una cornice in continuo mutamento e di ampliarla secondo il concetto di autonomia dinamica.”
…
La prospettiva storica copre gli avvenimenti prima, durante e dopo la conclusione dell’Accordo, mentre l’analisi giuridica si occupa dello sviluppo della tutela delle minoranze a livello di diritto internazionale in Europa e a livello costituzionale in Italia, dell’esercizio dellafunzione tutrice austriaca e della cooperazione regionale nell’Ue, illustrata dall’esempio dell‘Euregio.”
Fonte: https://orizzonte48.blogspot.it/2017/10/stati-uniti-deuropa-e-rgionalismo.html?spref=fb
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