Autonomia e indipendenza
di ALBERTO BAGNAI
(…vale la solita clausola, con l’ovvia considerazione che anche un piddino può dire l’ora giusta una volta al giorno…)
Molto al volo (scusatemi) perché sono sopraffatto da problemi organizzativi (so che volete post lunghi, li avrete, ma ora no).
Una cosa mi ha particolarmente colpito nella discussione del post precedente. Nessuno di voi ha notato lo stravagante uso del termine “autonomia” riferito alla Banca centrale. Vi fornisco una banale evidenza lessicografica. Se cercate “central bank autonomy” su Google, ottenete (o almeno io ottengo) 540.000 risultati. Se cercate “central bank independence” ne ottenete 26.600.000 (quasi 50 volte di più). Il dibattito, in effetti, è sull’indipendenza, e non sull’autonomia, perché indipendenza e autonomia sono due cose diverse e indipendenti (non: “autonome”), nel senso nessuna di esse implica l’altra.
L’indipendenza è la libertà da uno stato di soggezione, che poco ha a che vedere con l’autonomia, intesa come capacità di darsi leggi proprie. Nel dibattito vero, quello degli economisti sulla indipendenza della Banca centrale (i giuristi, in Italia, hanno rinunciato a dibattere questo tema nel 1981, e se vogliono farlo 36 anni dopo prima ci devono spiegare perché non lo hanno fatto 36 anni prima e poi studiare quello che gli economisti nel frattempo hanno appurato), nel dibattito vero, dicevo, la dialettica indipendenza/autonomia ricorda da vicino quella fra “goal independence” o “indipendenza politica” da un lato e “instrument independence” o “indipendenza economica” dall’altro. I riferimenti più utili su questo aspetto sono Grilli et al. (1991) e Debelle e Fischer (1994) (pubblicato qui), e una buona sintesi del dibattito è quella di Walsh (2005).
Quello che nel dibattito italiano chiamiamo “indipendenza” tout court è l’indipendenza politica, ovvero la facoltà della Banca centrale di darsi da sé i propri obiettivi senza interferenze esterne (o meglio, senza interferenza dell’esecutivo!). L’autonomia, di per sé, è assimilabile all’indipendenza “economica”, cioè alla facoltà accordata alla Banca centrale di scegliere da sé gli strumenti economici coi quali realizzare gli obiettivi che si è data (se è indipendente in senso politico) o che altri le hanno dato (se non è indipendente in senso politico), di darsi le proprie regole, le proprie leggi.
Se leggete Walsh, vedrete che l’autonomia di per sé non è un enormissimo problema e può essere tranquillamente presente in assenza di indipendenza: la Banca centrale inglese è autonoma (instrument independent), ma non indipendente (goal independent). L’autonomia, sostanzialmente, è una delega che viene concessa alla Bc di scegliere come raggiungere gli obiettivi che il potere politico le ha dato. Ben diversa è l’indipendenza. Con l’indipendenza la Bc viene esplicitamente investita del compito di definire e perseguire i propri obiettivi politici, in competizione e quindi spesso in contrasto con gli altri corpi costituiti (in particolare, con l’esecutivo). A noi servirebbe appunto ridurre l’indipendenza (cioè ridurre la dipendenza della Bc da interessi economici non mediati democraticamente: quelli degli amici degli amici della burocrazia che la gestisce), quindi quello dell’autonomia è abbastanza un falso problema.
Ma queste, mi rendo conto, sono sfumature che ai dilettanti sfuggono. Ed è perché io vi metto in condizione di apprezzarle che voi, nonostante tutti i miei e i vostri sforzi, in fondo in fondo mi volete un po’ bene…
(…vedervi asfaltare il dott. Cottarelli mentre spinnava l’idea che dovessimo vendere le caserme per ripagare il debito pubblico non aveva prezzo: bravi, bravi, bravi! Ma attenzione: i nostri nemici non sono solo quelli che si presentano come tali. Sono anche, e soprattutto, quelli che si presentano come alleati. State sempre molto, ma molto, ma molto attenti. Vinceremo, ma desidererei che la vittoria ce la godessimo tutti, e presto…)
Fonte: http://goofynomics.blogspot.it/2017/12/autonomia-e-indipendenza.html
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