di LUCIANO BARRA CARACCIOLO
MEMENTO PRELIMINARE:
A-
i ragionamenti contenuti nella Relazione della Commisione di Venezia e ricalcanti simili teorie non sono affatto da assumere come originali, dal momento che gli stessi si pongono in stretta continuità con il dibattito sulla
“governance” messo in circolazione dal neocapitalismo sovranazionale nel celebre “
Rapporto sulla governabilità delle democrazie alla Commissione Trilaterale” del 1975 ove, invero, veniva già allora epigrafato che:
“… Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene …” [12].
2. Nel frattempo, tuttavia, ci pare di poter dare un piccolo contributo fornendo dei riassunti significativi che rammentino e focalizzino l’assetto di potere cui siamo oggi assoggettati e che, proprio in esito a queste elezioni, si vorrebbe definitivamente completare.
Anche qui facciamo un preliminare memento di “fondamentali” della scienza sociale:
A- 2.1. Lo stesso Gramsci, nei quaderni dal carcere, descrive la situazione standard della legalità formale che mira a ridurre la democrazia all’esercizio del voto.
In questa descrizione possiamo ritrovare tutti i caratteri della situazione attuale, pur in presenza di (sempre più deboli) segnali di crisi del funzionamento dello schema.
Gramsci replicava alle obiezioni, già al tempo non nuove, mosse dal fascista Da Silva, al sistema del suffragio universale.
Obiezioni che sono esattamente le stesse agitate oggi dagli €uropeisti contro la Brexit, i “populismi” e l’esito del referendum sulla riforma costituzionale: secondo Mario da Silva il difetto era che “il numero sia in esso legge suprema”, cosicché la “opinione di un qualsiasi imbecille che sappia scrivere (e anche di un analfabeta, in certi paesi) valga, agli effetti di determinare il corso politico dello Stato, esattamente quanto quella di chi allo Stato e alla Nazione dedichi le sue migliori forze”. Da qui la risposta di Gramsci:
“Non è certo vero che il numero sia legge suprema, né che il peso dell’opinione di ogni elettore sia “esattamente” uguale.
I numeri, anche in questo caso, sono un semplice valore strumentale, che danno una misura e un rapporto e niente di più. E che cosa si misura?
Si misura proprio l’efficacia e la capacità di espansione e di persuasione delle opinioni di pochi, delle minoranze attive, delle élites, delle avanguardie ecc. ecc., cioè la loro razionalità o storicità o funzionalità concreta. Ciò vuol dire anche che non è vero che il peso delle opinioni dei singoli sia esattamente uguale”.
…
“La numerazione dei “voti” è la manifestazione terminale di un lungo processo in cui l’influsso massimo appartiene proprio a quelli che “dedicano allo Stato e alla Nazione le loro migliori forze” (quando lo sono).
Se questi presunti ottimati, nonostante le forze materiali sterminate che possiedono, non hanno il consenso della maggioranze, saranno da giudicare inetti e non rappresentanti gli ‘interessi “nazionali”, che non possono non essere prevalenti nell’indurre la volontà in un senso piuttosto che nell’altro. “Disgraziatamente” ognuno è portato a confondere il proprio particolare con l’interesse nazionale e quindi a trovare orribile ecc. che sia la “legge del numero” a decidere.
Non si tratta quindi di chi “ha molto” che si sente ridotto al livello di uno qualsiasi, ma proprio di chi “ha molto” che vuole togliere a ogni qualsiasi anche quella frazione infinitesima di potere che questo possiede di decidere sul corso della vita dello Stato.“.
B- Schumpeter, più pragmaticamente sintetico:
“Mi pare un’ottima descrizione del tendenziale normale funzionamento di una “democrazia” liberale, in termini in pratica riconosciuti anche dai teorici elitisti. Scriveva ad esempio Schumpeter:
“il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare”, laddove “la volontà popolare è il prodotto, non la forza propulsiva, del processo politico” (citazioni riportate da G. Bedeschi, Storia del pensiero liberale, Laterza, Roma-Bari, 2005, pag. 307)”.
4. Quest’ultima (
spesapubblica-sempre-improduttiva), a sua volta, corrisponde sempre e comunque ad
un fenomeno di corruzione indotta dall’esistere stesso del parlamento,
non posto nelle sue scelte “al riparo dal processo elettorale” (qui, p.8), e, quindi, dedito alla
corruzione legalizzata di cui, in tutta leggerezza, ci parla Hayek; e giustificando così, complementarmente, la sua preferenza per una
dittatura “illuminata” dei mercati, auspicabilmente
in stile cileno, rispetto alla democrazia.
Nella presente ottica del reminder schematizzato, – cioè di un punto di appoggio cognitivo e critico-scientifico “di facile e pronta consultazione”, ricorreremo allora a fonti ulteriori e diverse, di quanto abbondantemente detto, ma che, proprio per tale natura “esogena” (al discorso del blog), assumono un senso confermativo non trascurabile.
6. A cui, significativamente, può contrapporsi questa versione, peraltro di fonte mainstream, sulla sostenibilità (non la “insostenibilità”) del debito pubblico italiano:
7. Una verità che peraltro lascia del tutto indifferenti i responsabili della politica economico-industriale italiana:
Come, d’altra parte, implica la stessa Corte costituzionale con la nuova Grund-norm estratestuale e supercostituzionale della
scarsità di risorse (qui, p.4-6) e del
conflitto intergenerazionale (qui, p.11)…smentito da Milton Friedman, cioè dal più autorevole economista propugnatore del monetarismo che conforma il paradigma ordoliberista €uropeo!
Ci limitiamo, piuttosto, a fornire anzitutto una fonte particolarmente illuminante
suggeritaci da Francesco e che ci fa capire molte cose sul perché l’Italia debba, ora più che mai, essere assoggettata all’incubo del contabile in nome di regole e interessi che si impongono dall’estero:
Brutta Amministrazione che si mette a tutelare gli interessi collettivi e si intromette negli affari del capitalismo sfrenato!
“…4.4 La dipendenza totale dell’impresa dalla discrezionalità dell’amministrazione statale
Ogni uomo d’affari che abbia avuto l’opportunità di osservare le condizioni economiche nell’Europa del Sud e dell’Est sintetizza le sue considerazioni in due punti: “gli imprenditori di questi Paesi non si preoccupano del rendimento della produzione; i governi sono nelle mani di cricche corrotte. Il quadro è sostanzialmente esatto. Ma in esso non si fa cenno al fatto che sia l’inefficienza nella produzione sia la corruzione sono le conseguenze dei metodi…DI INGERENZA STATALE NELLA CONDUZIONE DELLE IMPRESE.
In un sistema del genere il Governo ha il potere illimitato di rovinare un’impresa o di accordare ad essa i propri favori. “Il successo o l’insuccesso di qualsiasi impresa dipende interamente dalla pura e semplice discrezionalità di chi detiene il potere. Se all’uomo d’affari non capita di essere cittadino di una potente nazione straniera, i cui agenti consolari e diplomatici gli garantiscono la loro protezione, egli è in balia dell’amministrazione pubblica e del partito al potere, che possono sequestrargli la sua intera proprietà e metterlo in prigione…Il Parlamento è una marionetta nelle mani dei governanti; i giudici vengono comprati .
In un ambiente del genere, L’IMPRENDITORE DEVE RICORRERE… ALLA CORRUZIONE…“” [L. VON MISES, Burocrazia, Rubettino, 2009, versione ebook].
Certo, se si riuscisse a privatizzare tutta l’amministrazione, espressione della statolatria burocratizzata, magari anche i tribunali (nella versione spinta anarcocapitalista), tutto sarebbe certamente più semplice. I capitalisti potrebbero agire indisturbati, spiegando la loro naturale propensione all’efficienza finalizzata al profitto nell’ordine spontaneo. E, soprattuto, non sarebbero costretti a corrompere!”
10. Noterete che von Mises, a noi ben noto, tra l’altro, per il “sano pragmatismo” con cui ammetteva ed elogiava la natura strumentale del nazifascimo (qui, pp.1 e 3), confessi la prerogativa più peculiare dell’investitore estero, stranamente appartenente a una “potente nazione straniera” (e come potrebbe essere diversamente se il subire&invocare gli investimenti esteri è già, in sè, il segno della propria desovranizzazione e collocazione al fondo della gerarchia della comunità economico-politica internazionale?): quella di poter pretendere, incondizionatamente, di essere al di sopra delle leggi nazionali, siano esse espressione o meno di fondamentali interessi della comunità sociale un tempo sovrana. 11. Ecco: senza aver la pretesa di aver esaurito il poderoso argomento, – che pure si incentra sempre e solo sulla restaurazione dell’ordine internazionale del mercato, a favore delle elites cosmopolite, e contro la democrazia costituzionale-, siete sicuri di poter formare la vostra opinione e di poter esprimere il vostro voto evitando di prendere coscienza di questi aspetti?
Ne va della vostra stessa libertà, in quanto siate non appartenenti al circuito dei fruitori dei profitti e delle rendite della struttura oligopolistica, concentrata, dei mercati in liberoscambio istituzionalizzato.
Ne va del futuro dei vostri figli; semmai vi permetteranno di averne…
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B- “La governabilità: in Italia fu Amato, tanto per cambiare, ad annunciare che dopo il celebre rapporto della Trilaterale vi era stata “la scopertà della ingovernabilità come dramma epocale“ (G. Amato, Una repubblica da riformare, Il Mulino, Bologna, 1980, pag. 26. Contiene saggi pubblicati fra il ’75 e il 1980).
In realtà bisogna leggerselo tutto il Rapporto: riserva sorprese.
Per esempio a pag. 206, riferendo dei commenti durante la discussione del Rapporto a Montréal, si legge:
E allora in effetti che dramma, signora mia!”