L’Italia è un Paese fondato sulle crisi finanziarie
da I DIAVOLI
Intervista al trader Bruno Livraghi
27 GENNAIO 2016
- Che rapporto ha con il suo paese d’origine, l’Italia?
Sono arrivato a Londra negli anni Novanta, la finanza italiana si stava aprendo al mondo, il nostro paese aveva un enorme debito pubblico, un grande risparmio privato ed un settore bancario uscito dalla sfera pubblica da pochissimo. L’Italia era il mercato perfetto, arriviamo a Londra in massa, le banche con sede nella City assumono neolaureati italiani – non sembra vero, esiste una grande opportunità al di fuori delle solite raccomandazioni politiche e dal familismo italico. Gli italiani scalano le banche estere, in pochi anni diventano le star, ci sono opportunità ovunque, i traders fanno soldi a palate con i titoli di stato, i salesmanriempiono fondi, banche ed assicurazioni di titoli esotici (spesso tossici); i bankers fondono banche con altre banche, vendono aziende e privatizzano; gli analisti analizzano e raccomandano, insomma un Bengodi. A South Kensington si parla italiano.
- Ok, ma non mi ha risposto…
E’ vero, era un preambolo per farle capire che noi italiani a Londra dobbiamo il nostro successo all’Italia e al mercato italiano. Partiamo dal mio lavoro di trader, prima in banca ora in un hedge fund. Il debito pubblico italiano ha avuto due meta-fasi la prima partita nel ’92 con la svalutazione della lira e finita con la convergenza dell’euro nei primi anni Zero e la seconda partita nel post crisi 2008 e finita ora con il Qe del 2015. Queste due fasi sono molto simili per dinamica ma molto diverse per le cornici in cui si sono svolte. Nella prima il debito crolla, l’Italia è alle soglie del default: erano stati appena introdotti i futures sul btp, la speculazione prende d’assalto il fortino italiano, non ci sono anticorpi contro i raider (li chiamavamo così), l’Italia deve svalutare e fare una patrimoniale. Il paese, in ginocchio, ne esce anche perché si comincia a parlare di euro e comincia un timido processo di convergenza tra tassi italiani e tedeschi.
Mi sono dilungato perché questa fase è cruciale, viene inaugurata una vera e propria fase di soggezione delle autorità italiane verso la finanza internazionale: gli investitori esteri vengono visti come salvatori della patria, i trader italiani all’estero dettano l’agenda del tesoro su emissioni, durata del debito, modalità di emissioni. Vengono fatti soldi a palate sul debito italiano sia nel crollo sia nella risalita, vengono estratti letteralmente miliardi di euro dal tax payer italiano. Il nodo gordiano tra speculatori (o meglio smart investors internazionali) e amministratori del debito italiano si stringe fino a raggiungere livelli parossistici. Seconda fase, la crisi del debito berlusconiana: qui il mercato è più maturo ma è sempre estremamente vulnerabile. La mannaia questa volta è più violenta perché agli speculatori si uniscono massicce liquidazioni di investitori istituzionali globali, non c’è più una moneta da svalutare e stavolta la crisi è costituente nel senso che modifica principi costituzionali, legifera e riforma. Il default è evitato ma poi arriva il Qe di Draghi e di nuovo profitti a palate sia al ribasso che al rialzo.
- Quindi le crisi finanziarie in Italia legiferano e addirittura modificano la Costituzione?
Certo, è così dal 1992. L’articolo 1 della Costituzione dovrebbe essere «L’Italia è un paese fondato sulle crisi finanziarie».
- Bene la storia, ma parliamo del presente. Cosa sta succedendo e come ne esce il Paese?
Stessa storia di sempre, la crisi bancaria era una crisi annunciata, c’è una continuità impressionante nella politica italiana nel non sapersi muovere per tempo. Nonostante il fior fiore di consulenti e la contiguità del governo con alcuni gestori globali il Paese si è fatto trovare impreparato sulla crisi bancaria. La storia dei crediti deteriorati è paradigmatica, ma è simile alle altre: crollo, macerie e ricostruzione. Vede, io gestisco un hedge fund e cerco opportunità, “special situations“. Ecco l’Italia è la patria delle special situations, ho raccolto miliardi di euro grazie alla mia conoscenza del mercato italiano.
- Sia più diretto…
Il mio fondo non ha tutte le restrizioni dei fondi armonizzati europei, abbiamo le mani libere. Ora ho lanciato un fondo che puo’ comprare crediti deteriorati dalle banche italiane, quindi quando ci saranno le condizioni acquisiremo gli Npl’s e dopo faremo il caro vecchio recupero crediti.
- L’avete fatto anche in altri Paesi?
Solo in Italia, gli altri paesi erano organizzati meglio, hanno creato agenzie specializzate, hanno fatto ricorso a fondi europei. In Italia il risparmio gestito non è in grado di partecipare, i salvatori della patria saremo noi e lo faremo alle nostre condizioni, non dimentichi che il ritorno dei nostri investimenti sarà molto più alto. Se fosse più facile comprare i crediti deteriorati ci sarebbe molta più competizione e i ritorni calerebbero, ma vede noi interveniamo quando ci sono inefficienze, quando si presentano condizioni speciali.
- Non capisco, ci sono decine di banchieri e gestori italiani in posti chiave a Londra, molti altri sono tornati in patria e occupano poltrone importantissime nel nostro paese, e lei mi dice che siamo ancora una terra di conquista, un bacino di estrazione per speculatori?
Perchè l’Italia regala sempre grandi soddisfazioni? Perche l’Italia è il paese dove i regolati condizionano i regolatori e dove l’istabilità, da quasi mezzo secolo, è una forma di governo. Non si fa sistema, a dicembre contro Telecom Italia sono intervenuti hedge francesi e la cassa depositi d’Oltralpe e hanno bocciato le proposte del board. Si figuri cosa sarebbe accaduto se ci avessero provato gli italiani! La politica dovrebbe creare un’infrastruttura finanziaria tale da non concedere ritorni agli investimenti molto superiori alla crescita del proprio Paese quando questi sono garantiti dallo Stato stesso.
- La gestione dei crediti incagliati italiani dovrebbe essere strategica per la ripresa, perché è gestita così grossolanamente?
Prossima domanda?
- Non tergiversi, perchè un pezzo così importante di economia reale viene svenduto?
Tesoro… abbiamo cavalcato gli anni della svalutazione e della convergenza, abbiamo speculato sul debito ed imposto l’austerità, ora il cerchio si chiude. Compriamo i frutti di quell’austerity. Il 15% del Pil nazionale in Npl, a prezzi da saldo e con lo Stato costretto a metterci pure una garanzia sopra.
- E lo Stato da chi è costretto?
Che domande, dal mercato ovviamente! (ride, ndr)
Fonte: http://www.idiavoli.com/il-tredicesimo-piano/litalia-e-un-paese-fondato-sulle-crisi-finanziarie/
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