Globalisti contro sovranisti
di GEOPOLITICAL CENTER
Che brutta parola, sovranità, non più di moda, quasi pericolosa se viene pronunciata. Eppure è un pilastro della nostra costituzione. La sovranità appartiene al popolo, come recita l’art. 1 della Carta costituzionale, e non appartiene all’Unione Europea o ai vertici istituzionali della nostra Repubblica.
La sovranità è del popolo ed il popolo deve decidere se cederne una parte o mantenerla tutta per sé. È inutile tornare a parlare di “destra” o di “sinistra”, destra e sinistra sono due categorie che non possono essere applicate all’attuale situazione europea ed in particolare italiana. Destra e sinistra fanno riferimento ad una situazione politica nella quale le possibilità di scelta del popolo sono pienamente esercitabili e non di una situazione, come quella attuale, dove una parte del popolo, italiano ed europeo, non ha la possibilità morale di esprimere liberamente la propria posizione politica.
È indubbio che nella retorica dell’informazione e della politica dei palazzi (soprattutto tedeschi e francesi, o che comunque rendono conto a Parigi o Berlino) esiste una netta differenziazione di giudizio qualitativo tra chi si esprime per la conservazione della residua sovranità nazionale e chi invece preme per una integrale cessione della stessa sovranità ad organizzazioni sovranazionali non pienamente soggette al controllo democratico come l’attuale Unione Europea.
Nei discorsi dei vertici istituzionali dell’Unione Europea, così come nelle parole dei capi di stato che seguono la linea globalista e di cessione della sovranità, emerge un ritratto degli individui che cercano di portare avanti il concetto di sovranità che risulta eticamente degradante. Il sovranista è spesso descritto come una figura negativa, di scarsa cultura, minima cultura, scarsa visione del futuro; un quadro che rende perfino difficoltoso per un semplice cittadino dichiararsi o far intendere di essere vicino alle idee di conservazione della sovranità nazionale.
Sembra di osservare la descrizione fatta, con grande successo, negli anni 2000, soprattutto negli Stati Uniti del fumatore di sigarette. Lo strumento della denigrazione morale è stato fondamentale per ridurre drasticamente il numero dei fumatori negli Usa. Il tabacco da simbolo di emancipazione e di potere diventava improvvisamente il mezzo di espressione delle classi meno colte della società, dalla parte più reietta della cultura americana, in una parola dei poveri. Il meccanismo ha funzionato alla perfezione, oggi si tenta la stessa via contro chi si erge a difesa della sovranità nazionale.
È quindi la lotta tra queste due divergenti linee di pensiero la vera sfida politica dei prossimi mesi nel nostro paese. Nessuno deve farsi spaventare del rendere pubblico il proprio concetto di società e di stato. Esiste una via possibile all’integrazione europea, ma non è quella della cessione violenta della sovranità nazionale, non in questa fase dove un piccolo direttorio di stati ha il potere di controllare le sorti dell’intera unione.
Francia e Germania non hanno rinunciato alla loro sovranità. La corte costituzionale tedesca ha mantenuto, in misura maggiore rispetto alla nostra, il diritto di vagliare le decisioni prese in seno all’Unione Europea e la Francia non ha accettato il limite del deficit imposto dai trattati europei, limite ripetutamente e consecutivamente violato nell’indifferenza di Bruxelles.
In questa visione unionista dell’Europa contemporanea emerge chiara la volontà della rinuncia alla definizione delle nostre origini storiche, culturali e religiose, in nome di un oblio funzionale a creare una fusione di popoli senza identità e senza sovranità.
La sovranità (per ora) appartiene al popolo che la esercita nei modi e nei termini stabiliti dalla Costituzione. Questo è il secondo capoverso del primo articolo della nostra carta costituzionale, lo ricordino tutti, cittadini e vertici delle istituzioni. La Costituzione della Repubblica non si può interpretare liberamente come il canovaccio di una commedia di avanspettacolo, la Costituzione è la chiave di volta della nostra Repubblica e della nostra Democrazia. I padri fondatori, non a caso, hanno ricordato che la sovranità appartiene al popolo, non ad un monarca, ad un tiranno, allo straniero, alle istituzioni sovranazionali o a chi, pro tempore, impersona i vertici dello stato.
W l’Italia, W la Repubblica, W la Costituzione.
fonte: www.geopoliticalcenter.com
Concordo pienamente. La sovranità appartiene al popolo e non ai mercati