Israele vs Iran. E' l'ora dei militari
Hanno il sapore di un ultimatum agli Stati Uniti le dichiarazioni rilasciate al quotidiano Il Foglio del 5 agosto 2011 dall'ex alto ufficiale israeliano Ephraim Sneh. Sneh, già generale di lungo corso, deputato laburista per sedici anni e due volte ministro, comandante militare in Libano, fin dagli anni '90 analista strategico del dossier iraniano, ritiene che l'opzione militare unilaterale di Tel Aviv contro Teheran sia reale e che verrà attuata con o senza il consenso di Washington: "Sull'Iran non parliamo di risposta, a Israele spetta la prima mossa. […] Israele non accetterà mai di vivere sotto minaccia atomica iraniana. Su questo c'è consenso. E' sui mezzi che c'è discussione, ma l'attacco militare, seppur l'ultima, resta una possibilità concreta. Se siamo lasciati da soli, agiremo da soli. […] Lascio gli esperti alle loro analisi, io mi fido dell'esercito".
Ephraim Sneh, oggi a capo di un piccolo partito, Yisrael Hazaka, da lui stesso fondato, sembra avere il profilo perfetto all'interno dell'establishment politico-militare israeliano per lanciare messaggi trasversali nei confronti degli alleati, piuttosto che verso i nemici, senza impegnare ufficialmente la dirigenza politica del paese. Sneh non ricopre, allo stato attuale, incarichi istituzionali, e tuttavia possiede l'esperienza e le necessarie entrature che gli consentono di essere un barometro, sufficientemente preciso ed attendibile, del clima che si respira nelle stanze del potere israeliano. Il messaggio a Washington è chiaro. Siamo pronti ad attaccare: o con noi o contro di noi.
Alcune settimane fa, il capo di stato maggiore delle Forze armate della Repubblica islamica dell'Iran, il generale Hassan Firouzabadi, aveva dichiarato all'emittente Press Tv: "È chiaro che alcuni politici e che alcuni media americani stanno ripensando la cooperazione con i sionisti. Alcuni esponenti stanno addirittura assumendo posizioni contro il regime israeliano".
Secondo Amos Gilad, consigliere militare del ministro dell'Interno israeliano Ehud Barack, sull'Iran il termine utile sta "scadendo". E a riprova che in Israele larghi ambienti stiano mordendo il freno, è dimostrato anche da un recente editoriale del Jerusalem Post intitolato "Smantellate l'Auschwitz iraniana".
Il convincimento politico che starebbe maturando è che gli attacchi mirati dell'intelligence non sarebbero più sufficienti per rallentare o bloccare il programma atomico iraniano. L'ultimo di questi è avvenuto lo scorso 23 luglio con l'omicidio dello scienziato nucleare Dariush Rezaie, avvenuto a Teheran, e che, per la prima volta, una fonte interna ai servizi segreti israeliani attribuisce al Mossad con rivelazioni anonime rilasciate al settimanale tedesco Der Spiegel.
Il cosiddetto "programma decapitazioni" lanciato dall'ex numero 1 del potente servizio israeliano, Meir Dagan, e ora proseguito dal suo successore Tamir Pardo, avrebbe provocato negli ultimi anni numerose vittime tra gli esponenti di spicco dei programmi militari e del dossier nucleare iraniani, ma secondo l'articolista di Der Spiegel che ha raccolto le confidenze dal Mossad, "le richieste di attacco all'Iran stanno diventando forti, soprattutto fra gli ufficiali dell'aviazione. Fino a oggi gli esperti del Mossad hanno convinto i politici che la bomba iraniana poteva essere ritardata attraverso attacchi a figure chiave. Ma non è chiaro quanto ancora Netanyahu continuerà a seguire questo consiglio".
Che il Mossad ammetta, sebbene indirettamente e non ufficialmente, di essere dietro una rete terroristica che agisce da anni all'interno dell'Iran, è un segnale altrettanto inquietante. Dimostra come taluni ambienti dell'intelligence israeliana siano disposti ormai al tutto per tutto, anche a giocare a carte scoperte. Non è un mistero che Dagan fosse strenuamente contrario ad un attacco militare contro Teheran, ancora lo scorso giugno aveva giudicato l'eventualità come "la cosa più stupida che abbia mai sentito". Ammettere il "programma decapitazioni" ed allo stesso tempo constatare che il dossier nucleare degli ayatollah sta procedendo a pieno ritmo, potrebbe significare bruciare la dottrina Dagan e i suoi, ancora, sostenitori all'interno del Mossad.
Riportava Il Foglio:
"Alcuni giorni fa il quotidiano israeliano Haaretz, sempre bene informato sulle vicende strategiche e militari, ha scritto che il comando dell'aviazione di Gerusalemme è "insofferente" sui ritardi nei piani di attacco dal cielo e che ritiene insufficienti gli assassinii di scienziati e i virus informatici. Reuven Pedatzur, uno dei maggiori analisti israeliani sull'Iran, dice al Foglio che "Netanyahu sta seriamente pensando all'attacco militare, nonostante i dubbi del Mossad. Il problema dell'aviazione è dare al primo ministro la certezza dello strike. Se Netanyahu ottiene questa certezza, è probabile che attacchi. Anche Barak è a favore dell'attacco".
La decisione politica sembra davvero essere stata presa. Si tratta solo di vincere le ultime resistenze, interne, e a Washington. Ma sulla determinazione che regna in Israele l'ex generale Ephraim Sneh pronuncia parole lapidarie: "Israele è la casa sicura degli ebrei ed è una grande economia che attrae eccellenza ed investimenti. Se non è più una casa sicura per gli ebrei e i talenti lasciano il paese, se gli immigrati cessano di trasferirsi qui, allora è la fine del sogno sionista. Per questo i fanatici religiosi di Teheran non possono ottenere la bomba. Spero che Stati Uniti ed Europa facciano qualcosa, che Israele non si trovi nell'angolo. Il popolo ebraico è stato vittima nella Shoah di un misto di ideologia e di forza militare, in Iran c'è la stessa combinazione, un odio per gli ebrei assieme a un potere militare fortissimo. Non possiamo ignorare l'esperienza storica, significa questo ‘never again'".
Israele non può consentire all'Iran di costruire la bomba. Tutto il vantaggio strategico e la minaccia di distruggere in poche ore le capitali dei paesi arabi o islamici nemici verrebbe meno. Perciò, sebbene deliranti, potrebbe non trattarsi di minacce strategiche, bensì della verità.
In un tempo in cui vengono iniziate guerre con azzardi e addirittura aggredendo alleati strategici, la guerra di israele contro l'Iran avrebbe una sua "logica". Il danno da valutare per gli israeliani sarebbe l'abbandono della politica filosionista degli stati uniti. Se l'abbandono si verificasse, la guerra comporterebbe, in ogni caso, più esiti negativi che positivi per israele? E' pensabile un cambio di bandiera degi stati uniti?
Purtroppo concordo con te. Non credo che il rischio di perdere il “patronage” statunitense sia un freno credibile per Israele. Ovviamente a Tel Aviv sperano che siano gli americani a togliere le castagne dal fuoco, come sempre avvenuto, ma se questa volta non dovesse accadere, si muoveranno da soli. E’ poi evidente che gli Stati Uniti saranno costretti ad allinearsi, volenti o nolenti. Il sistema di potere americano può al massimo sviluppare una inazione nei confronti nell’Iran, non certo un cambiamento strategico. Del resto qualcuno ci ha provato in questi anni (Brzezinski e alcuni settori militari conservatori-realisti) ma senza successo. Ora, se i sionisti decidono di attaccare (temo abbiano già deciso) tutto il sistema politico americano seguirà (magari qualche ambiente col mal di pancia, ma se lo terrà). E mi par di capire che nessun altro alzerà un dito. Russia e Cina protesteranno ma non potranno incidere in alcun modo. E’ facile che il conflitto si estenda al Libano, ai Territori, forse anche all’Iraq (scontri inter-etnici), c’è la variabile Siria, ma intuisco che i sionisti siano consapevoli di creare una guerra regionale generalizzata (ma di non lunga durata, nella sua fase acuta) proprio per sistemare in modo definitivo il Medio Oriente a loro favore. Del resto per il sionismo non c’è alternativa ad una politica di potenza. Se si lasciano andare le cose secondo il loro corso naturale, Turchia Siria e Iran non possono che stringere una sinergia politico-economica (e dietro di loro la Russia nonché le Repubbliche caspiche ex sovietiche). Significa che nel giro di dieci anni Israele non conterebbe più nulla quale potenza regionale. La guerra è la sua unica prospettiva vincente.
Il Tempo della Storia non si muove per percorsi lineari. Non sempre, almeno. Abbiamo accanto a questo scenario credibile un altro scenario reale, piu' che credibile: gli USA stanno perdendo la supremazia e stanno conoscendo il declino. Gli USA sono i maggiori sostenitori di Israele. Senza i finanziamenti USA l'economia israeliana (che e' un'economia di guerra) semplicemente imploderebbe. Inoltre stiamo assistendo al curioso fenomeno delle classi medie israeliane che si stanno ribellando al sistematico saccheggio dei loro privilegi. Insomma Israele e' presa tra diversi fuochi, caso Iran compreso.
Non sto qui dicendo che l'aggressione dell'Iran non sia uno scenario plausibile (chi avrebbe scommesso un anno fa che la Libia era sotto tiro?) quanto il fatto che ci possano essere dei movimenti incontrollabili che minano alle basi tali scenari. Il crollo delle borse, per dirne uno. O il crollo del dollaro, magari dovuto alla massiccia vendita di bond da parte della Cina, per qualche ripicca o per tentare la strada della brisca egemonia di mercato.
Insomma neanche la prematura morte di Richelieu (l'uomo piu' potente del suo tempo) era molto plausibile come ipotesi storica fino a pochi mesi prima delle cure mediche che lo portarono in tomba.
Staremo a vedere, quindi, quale dei vari fattori storicamente attivi in questo periodo avra' il sopravvento.
bello