Cosa succede se passa il referendum svizzero sulla moneta intera. Più stabilità finanziaria, meno credito dalle banche
di BUSINESS INSIDER ITALIA (Carlotta Scozzari)
Domenica 10 giugno i cittadini svizzeri saranno chiamati a votare a un referendum sulla cosiddetta moneta intera o sovrana. In estrema sintesi, con la proposta Vollgeld, dovranno decidere se cambiare l’attuale situazione attribuendo alla sola Banca nazionale svizzera (Bns) la possibilità di creare moneta. “Il nostro franco svizzero – si legge sul sito del comitato promotore del referendum sulla moneta intera – dev’essere creato unicamente dalla Banca nazionale svizzera. Oggi infatti non è così. Contrariamente all’originale volontà popolare, oggi le banche commerciali come Ubs e Cs (Credit Suisse, ndr) creano la stragrande maggioranza del denaro”.
- Insegna Ubs, banca svizzera – foto di FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images
Il riferimento è all’attuale sistema di riserve bancarie cosiddetto frazionario, in base al quale gli istituti di credito mettono da parte all’interno del proprio bilancio (appunto “a riserva”) una percentuale dei loro depositi. Più la percentuale di riserva è alta, meno moneta sarà in circolazione (fondamentalmente sotto forma di prestiti concessi dalla banca alla clientela).
Ebbene, il referendum svizzero punta a privare le banche di questa possibilità di creare moneta attraverso la concessione di prestiti. Se ci riuscisse, e se quindi dovessero prevalere i “sì” al quesito referendario, si tratterebbe di una rivoluzione senza precedenti nel paese famoso in tutto il mondo proprio per le banche e per il cioccolato. Secondo i sondaggi, prevarranno i “no” e l’iniziativa Vollgeld non passerà (ma il referendum su Brexit ha insegnato che è bene “mai dire mai”, come si suol dire). “La proposta che verrà votata domenica in Svizzera – osserva Andrea Terzi, professore di economia monetaria alla Franklin University di Lugano – è un esempio di proposta ‘radicale’ (un ‘cataclisma’ l’ha definita il presidente della Banca nazionale svizzera) che intende cambiare i connotati del sistema bancario: in Svizzera, certo, ma nell’auspicio dei proponenti anche in ogni altro paese che voglia accoglierla”.
“L’iniziativa moneta intera – si legge sul sito internet del comitato promotore del referendum – vuole che le banche private, come finora, concedano crediti e gestiscano i conti ma che non possano più creare denaro proprio. L’obiettivo quindi è la creazione pubblica del denaro tramite la Banca nazionale e la concessione privata di crediti tramite le banche. Questo ci protegge da crisi finanziarie e ne beneficiano l’economia e la società”. Su quest’ultimo punto, però, non tutti gli esperti concordano.
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“L’obiettivo del referendum – spiega Alberto Albertini, amministratore delegato di Banca Albertini Syz – è quello di tutelare i depositi in conto corrente della clientela. Oggi l’attività delle banche si basa sul cosiddetto meccanismo di trasformazione, in base al quale i depositi a vista vengono trasformati in prestiti di una determinata durata, contando sul fatto che una certa giacenza esista sempre”. In altri termini, se, per assurdo, tutti i clienti si precipitassero a ritirare i propri conti correnti nello stesso momento, la banca non avrebbe sufficiente denaro da restituire loro.
“Il rischio di questa situazione – aggiunge Albertini – è che, se la banca fallisce, i depositanti possono perdere il denaro, fatte salve le garanzie a tutela degli stessi depositi”, fissate a 100 mila franchi in Svizzera e a 100 mila euro – tanto per avere un termine di paragone – in Italia. “Il referendum – chiarisce Albertini – propone che il denaro sui conti correnti arrivi direttamente dalla Banca centrale e non più da quella commerciale. Quest’ultima svolgerebbe così soltanto il ruolo di depositante di denari, che non entrerebbero più all’interno del suo bilancio”.
- Insegna Credit Suisse – foto di FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images
Tali conti in moneta sovrana, si legge in un’analisi sul tema dell’ufficio studi di Unicredit, “pagherebbero zero interessi, come fossero contanti. Le banche commerciali non potrebbero utilizzare questo denaro per erogare prestiti e sarebbero obbligate a fornire ai clienti questo servizio”. Accanto a questi conti in moneta sovrana o intera, ci sarebbero poi dei conti di investimento che, sottolineano ancora da Unicredit, “pagherebbero interessi e non sarebbero protetti in caso di fallimento”. La capacità delle banche commerciali di erogare prestiti, spiegano da Unicredit, dipenderebbe “da questi conti di investimento, dall’emissione di azioni e obbligazioni e dal trattenimento di utili all’interno del bilancio”.
Se vincesse il “sì” al referendum, osserva l’ad di Banca Albertini Syz, “i conti correnti sarebbero assimilabili ai titoli e alle attività finanziarie presenti nei depositi amministrati, non colpiti da eventuali fallimenti bancari. L’obiettivo del referendum è dunque quello di proteggere i correntisti. Ma ci sono anche delle controindicazioni. Quella a mio parere principale, che supera ogni vantaggio, è che, eliminando l’attività di trasformazione tipica delle banche, si rischia di causare una forte contrazione del credito erogato alla clientela. E’ evidente che nell’attuale sistema di funzionamento delle banche qualcosa non funzioni. Ma non credo sia questa la soluzione”.
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Secondo gli esperti di Unicredit, la proposta svizzera sulla moneta sovrana difficilmente eliminerà le bolle sui prezzi e, più in generale, le crisi finanziarie. Queste ultime, infatti, secondo gli esperti dell’ufficio studi della banca italiana, “sono causate da aspettative irrazionali sui prezzi e da una errata valutazione del rischio. Controllare la quantità di moneta in circolazione non permette di evitarle”.
Quanto alle controindicazioni cui una vittoria del “sì” potrebbe condurre, da Unicredit indicano sia una possibile contrazione del credito all’economia, sia l’eventualità che le banche commerciali carichino una commissione sui conti in moneta sovrana, “perché altrimenti offrirebbero un servizio in perdita”.
La proposta di moneta intera, osserva Terzi della Franklin University di Lugano, “intende arrivare a una maggiore stabilità del sistema, ma lo fa in una maniera complicata e di dubbia efficacia, che lascia un ampio margine di indeterminatezza al successo della riforma auspicata. Sulla scheda i cittadini svizzeri troveranno solo la domanda se vogliono accettare l’iniziativa ‘per soldi a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca nazionale! (Iniziativa Moneta intera)’. L’ironia è che è già così”.
“Le banche – nota Terzi – emettono credito, come qualunque soggetto privato può fare, con la differenza che il loro credito è accettato come un sostituto perfetto del denaro. Perché il sistema funzioni nell’interesse di tutti occorre che quel credito non finisca agli amici degli amici, e che la banca sappia selezionare le scelte di investimento che coniugano interesse privato e pubblico. La riforma in discussione non dà garanzie in questo senso, né risolve in maniera convincente la questione oggi centrale di una buona gestione del debito pubblico”.
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