Cosa sono, come nascono e contro chi sono diretti i trattati europei
di Franco Russo (EUROSTOP)
Una scheda riassuntiva elaborata da Franco Russo ricostruisce la natura e gli obiettivi dei Trattati europei dei quali chiediamo la denuncia attraverso un referendum di indirizzo costituzionale
La costruzione dell’Unione Europea è stata pensata e realizzata dalle classi dirigenti, dalle élite politiche, economiche e finanziarie per dar vita a un mercato unico sovranazionale, perché uno spazio economico continentale avrebbe favorito lo sviluppo delle imprese capitalistiche e avrebbe costituito una sistema politico capace di competere con gli altri grandi potenze. L’Unione Europea stata costruita per fondare e gestire il mercato capitalistico e per contrastare, soprattutto dopo il 1971 quando Nixon decise l’inconvertibilità del dollaro in oro, l’egemonismo degli USA. Le classi dirigenti non hanno mai sottoposto il disegno dell’Unione Europea al voto dei cittadini dei 28 paesi che la costituiscono, e quando in alcuni paesi il Trattato costituzionale è stato sottoposto a referendum, come in Francia e in Olanda nel 2005, i cittadini l’hanno bocciato, e i governi hanno siglato un altro Trattato, quello di Lisbona che regola attualmente il funzionamento dell’Unione Europea. A decidere i Trattati sono gli Stati e i governi. Anche il Trattato internazionale di Lisbona vede gli Stati come le ‘alte parti contraenti’, che hanno avuto come unico obbligo di sottoporlo ai Parlamenti per la ratifica: impossibile per i Parlamenti modificare quello che 28 governi hanno deciso, e quando i governi sono stati costretti a modificarlo sono stati sempre i governi a trattare e a decidere. I Trattati internazionali sono uno dei residui delle prerogative regali che i governi degli Stati si sono riservati. Nel caso dei Trattati dell’Unione Europea, essi sono di natura particolare, perché mentre soggetti di diritti e obblighi dei Trattati sono gli Stati, nel caso dell’Unione Europea i soggetti di diritti e di obblighi sono direttamente i cittadini. Infatti gli strumenti normativi con cui opera l’Unione Europea sono, fondamentalmente, i regolamenti e le direttive: i regolamenti hanno una portata generale, si indirizzano cioè a tutti i cittadini, hanno carattere obbligatorio e sono direttamente applicabili in ciascuno Stato; la Commissione e la Corte di Giustizia garantiscono che essi siano effettivamente applicati; le direttive impongono agli Stati un obbligo di risultato, lasciando ad essi solo la scelta dei mezzi con cui perseguirli: Bruxelles decide cosa, i Parlamenti possono solo decidere come farla. L’Unione Europea quindi non è tanto un’organizzazione internazionale quanto un organismo sovrano, con indosso una veste internazionale. Ciò ha consentito agli Stati di sottrarre competenze sovrane ai Parlamenti e di accentrare le decisioni, ormai in quasi tutti i campi della vita pubblica, nelle mani di un’oligarchia formata da governi, Commissione di Bruxelles, Banca centrale di Francoforte. Quest’oligarchia non risponde più né ai Parlamenti, né tanto meno ai cittadini. Famosa la frase di Draghi, presidente della BCE, per cui nell’UE vige il ‘pilota automatico’ che guida i governi, quando questi sono deboli o si discostano dalle decisioni di Bruxelles. Le decisioni di Bruxelles non sono di natura internazionalistica, cioè non riguardano le relazioni tra Stati, riguardano rutti i cittadini, sono nome interne, che modificano, derogano, innovano le leggi di tutti i paesi dell’Unione Europea, però queste leggi dell’UE, che incidono nella sfera dei diritti dei cittadini, in Italia non sono sottoponibili a referendum abrogativo perché esse discendono da un Trattato internazionale, dunque secondo l’articolo 75 della Costituzione non possono essere oggetto di referendum abrogativo. Si è creato un circuito perverso che dalla sottrazione di potere ai Parlamenti, si estende in Italia alla sottrazione del potere decisionale ai cittadini in materie che li toccano direttamente. E che le decisioni di Bruxelles li tocchino direttamente è esperienza diretta di tutti: basta pensare che in questi anni di Grande Recessione, le misure di austerità sono state decise a Bruxelles, che ha accentrato tutto il potere in tutti i campi delle politiche pubbliche. Con il Fiscal Compact, il Patto Fiscale, con il Trattato del Meccanismo Europeo di Stabilità, con il pareggio di bilancio introdotto in Costituzione, Bruxelles ha imposto le politiche di austerità che hanno deregolamentato e liberalizzato il mercato del lavoro con il Jobs Act, privatizzato sanità e servizi pubblici, hanno aziendalizzato scuola e Università per renderle funzionali ai bisogni di formazione delle imprese capitalistiche, hanno tagliato le pensioni e innalzato l’età pensionabile con la controriforma Fornero, hanno semplificato le procedure amministrative e giudiziarie per favorire la competitività delle imprese private, hanno dato garanzie e sostegni finanziari alle banche mentre hanno tagliato i finanziamenti ai Comuni che hanno tagliato a loro volta i servizi. Gli strumenti per attuare queste politiche sono stati varati con Trattati internazionali, come il Fiscal Compact e con i regolamenti quali il Six Pack e il Two Pack, che hanno trasferito il potere fiscale, il potere di decidere le entrate e le spese (insomma il bilancio dello Stato), a Bruxelles. È a Bruxelles e a Francoforte, la Commissione, il Consiglio dei ministri (l’ECOFIN in particolare), e la BCE decidono quali politiche economiche e sociali si devono seguire: austerità austerità e ancora austerità per i popoli, e denaro denaro e ancora denaro alle imprese e alle banche. Sono le Raccomandazioni che Bruxelles invia a tutti gli Stati a indicare cosa questi devono fare: la competenza primaria dei Parlamenti, quella di decidere il bilancio, entrate e spese, è stata trasferita nelle mani dell’oligarchia che siede a Bruxelles e a Francoforte. Ciò che domandiamo con la proposta di legge costituzionale, volta a indire un referendum di indirizzo sui Trattati dell’Unione Europea, è che a decidere sulla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea siano i cittadini. Devono essere i cittadini perché le norme dell’Unione Europea hanno loro come destinatari, i cittadini sono i soggetti diretti dei regolamenti che sono ormai lo strumento principale per la gestione dell’Unione Europea: la normativa ha un carattere interno e non internazionalistica. Dunque è giusto che si attivi un referendum perché ciò che tocca tutti, da tutti deve essere deciso. Sappiamo che l’obiezione è che non si può attivare il referendum abrogativo perché è vietato dall’articolo 75 della Costituzione. Per questo nel 1989 il Parlamento varò una legge costituzionale per un referendum di indirizzo per affidare al Parlamento Europeo il compito di scrivere una Costituzione dell’Unione Europea, che allora si chiamava Comunità. Oggi, forti di quel precedente, noi chiediamo di far pronunciare i cittadini sui Trattati perché siano essi a decidere se l’Italia deve continuare a sottostare ai diktat di un’oligarchia, o se intraprendere una nuova strada, democratica, per riconquistare diritti sociali e sovranità popolare.
Fonte: http://www.eurostop.info/cosa-sono-come-nascono-e-contro-chi-sono-diretti-i-trattati-europei/
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