Disinnescare l’incomprensione
di ANDREA ZHOK (FSI Trieste)
Sono due giorni che non si parla d’altro che di magliette rosse. Per ragioni a prima vista francamente oscure, una tra le infinite proteste simboliche che si sono succedute, e sempre si succedono, sembra debba suscitare adesioni resistenziali o odi feroci. L’impressione è che stiamo perdendo un po’ la bussola.
Di per sé l’iniziativa di mettersi una maglietta rossa (peraltro carica di simbologie care a molti italiani) è una manifestazione simbolica palesemente benintenzionata. Non credo infatti che nessuno contesti che essere ‘umani’ e non smarrire la propria umanità sia cosa buona e giusta. Inoltre nessuno credo contesti il diritto di espressione. Dunque come nasce questo atteggiamento da testimoni/martiri da un lato, e di disprezzo/astio dall’altro?
Provo a capire.
Qualcuno può pensare che si tratti di un’iniziativa sterile, annegata com’è in un mondo che, per questa o quella ottima causa, fa letteralmente una manifestazione ‘altamente simbolica’ al giorno. Forse è così, però questa è tutt’al più una ragione per non aderire, non certo per criticare, tantomeno per criticare con astio.
Forse qualcosa di più si capisce se si guarda al senso etico di cui l’iniziativa si carica. Infatti nel momento in cui ci si colloca dal lato di quelli che sono ‘umani’, in antitesi agli altri, che dunque sarebbero ‘disumani’, questo gesto di per sé una punta di atteggiamento passivo-aggressivo lo esibisce. Infatti il messaggio di cui ci si vuole fare carico è duplice, uno positivo, di compassione, ed uno negativo, di contestazione nei confronti di politiche che vengono senz’altro accusate di mancanza di umanità.
Il problema è che qui si passa dalle stelle di ideali altissimi (l’umanità, la compassione) alle stalle della tenzone politica contingente (abbasso Salvini e, en bloc, le sue politiche). Implicitamente, ma neanche tanto, si sta dicendo che chiunque non sia contro ciò che Salvini sta facendo (forfettariamente preso) è disumano e privo di compassione.
E qui forse una modicum di irritazione si può capire possa emergere in tutti quelli che hanno ragioni per ritenere che quelle politiche non siano davvero disumane. (Mi astengo da elencare argomenti, ma il dibattito sui pro e contro è andato avanti per settimane e credo che, per chi lo ha seguito, sia difficile non concedere che c’è quantomeno materia del contendere, e che ci sono ragioni, che rientrano ampiamente nell’ambito dell’umano, che possono essere sollevate a favore, se non di ogni aspetto delle recenti politiche sull’immigrazione, almeno su alcuni aspetti.)
Il problema cioè si presenta, forse, perché una richiesta di adesione ad una posizione molto radicale, al limite del manicheismo (di qua la compassione e l’umanità, di là la disumanità e crudeltà), al tempo stesso prende di mira non solo una specifica parte politica, ma un gruppo di iniziative politiche, di cui si può almeno dire che non siano sempre così ovviamente condannabili.
Infine un po’ di ulteriore benzina sul fuoco viene lanciata, inavvertitamente, nel momento in cui si viene a scoprire che, a fianco di molti semplici cittadini benintenzionati, si schierano (con magnificazione dei media) rappresentanti politici delle stesse forze che hanno assistito o partecipato a iniziative politiche almeno altrettanto discutibili (dai bombardamenti sulla Libia al decreto Minniti, passando per lo smantellamento dello stato sociale, ecc.).
Qui probabilmente la contrapposizione manichea tra bene e male produce un corto circuito decisamente irritante.
Ecco, forse vedendo il quadro in questi termini si può capire perché ciò che da un lato appare come un’iniziativa simbolica legittima, e anche lodevole, possa poi finire per ingenerare scambi avvelenati e sprezzi reciproci.
Questo solo per dire che prima di dare per scontata da un lato la malafede, e dall’altro la disumanità, degli interlocutori, forse è opportuno fare prima tre respiri, poi tre flessioni e infine, un buon numero di riflessioni.
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