Questione di linee. E di numeri i quali, come sempre, rappresentano la sostanza del discorso. Questa mattina (e non è la prima volta) il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha tracciato il solco dentro il quale dovrà muoversi il governo da qui al 20 ottobre, giorno della presentazione della manovra (qui l’articolo con tutti i dettagli). Niente azzardi, niente sogni, solo misure concrete e soprattutto finanziariamente sostenibili. Tradotto, deficit/pil all’1,6% per metterci dentro tutto quello che si può fare, senza però oltrepassare la linea rossa. Poi c’è l’altra filosofia, quella tutta disinvoltura e rischio che risponde a un deficit vicino al 3% del pil. Qual’è la migliore?
UNA LINEA MAGINOT CONTRO LO SPREAD
Leonardo Becchetti, economista, docente decisamente attivo sui social, ha pochi dubbi quando Formiche.net gli chiede se la strada indicata da Tria sia quella maestra. “Certo che lo è, non c’è alternativa. Guardiamo i numeri della crescita italiana per rendercene conto. Con gli ultimi dati disponibili, che parlano di un rapporto debito/pil al 132,5%, un costo medio del debito al 3%, una crescita all’1,2% e un’inflazione pari all’1%), la linea del Tesoro che paletta il deficit all’1,6% nel prossimo Def è l’unica in grado di far scendere il debito di un punto percentuale rispetto al prodotto. Sarebbe un ulteriore segnale di sicurezza per i mercati e che metterebbe al riparo l’Italia dallo spread”.
IL PARADOSSO DEL DEFICIT
Poi c’è la linea della disinvoltura, che però nasconde un grande paradosso. “Chi invece predica un deficit a ridosso del 3% (Salvini ma non solo, ndr)”, dice Becchetti, “commette un errore. Perché, paradossalmente, è vero che se ho più deficit allora mi metto a disposizione una ventina di miliardi ma poi il risalire dello spread si mangerebbe tutto perchè vado a pagare più interessi sul debito che gli investitori sottoscrivono”. In effetti, a guardare le statistiche che circolano in questi giorni, il rialzo dello spread da maggio ad oggi costerà a fine 2018 circa un miliardo di euro in termini di maggiori interessi da pagare per garantirsi l’acquisto di Btp”.
LA SCOMMESSA SU TRIA
Anche per uno come Becchetti è comunque tempo di fare delle previsioni e dare delle probabilità, anche perché al Def mancano una decina di giorni scarsi. “Se oggi mi dicessero quale linea prevarrà direi 40% Tria, 60 Lega, anzi 50 e 50. Perché sì, c’è il contratto con gli elettori da rispettare e tutto il resto, però credo anche che a Di Maio e Salvini potrebbe bastare aprire il vari cantieri, almeno per questa manovra, per poi portare a compimento tutto il resto. Che è un po’ la linea del ‘di tutto un poco’ rilanciata dallo stesso Tria. Insomma, in ogni caso credo che alla fine la spunti il ministro”.
ANCHE LA LEGA TEME LO SPREAD
Anche perché va fatta un’altra considerazione. “Non è mica sicuro che la Lega, come qualcuno ha detto, punti a far saltare il banco dei conti per presentarsi ancora più forte al voto, in caso di caduta del governo. Ricordiamoci bene una cosa: gli italiani possono sopportare tutto ma non il fatto che gli si tocchi il portafoglio. Se si va incontro a uno shock finanzirio, gli elettori potrebbero reagire male, soprattutto quelli che hanno delle imprese che poi sarebbero il grosso del bacino elettorale della Lega”.
PENSIONI, CHE ERRORE
Becchetti spende un’ultima parola per il capitolo pensioni, altro caposaldo del contratto gialloverde ma non per questo immune dalla realtà dei fatti. La quale racconta che ci sono pochi soldi per un attacco su larga scala alla legge Fornero. L’idea di intaccare i fondi di solidarietà delle imprese, lanciata dall’economista vicino alla Lega, Alberto Brambilla, non piace un granché a Becchetti. “Mi pare una pessima idea, togliere soldi che le imprese usano per le crisi, non mi sembra una cosa buona. Casomai, se proprio si vuole raschiare dal fondo, meglio puntare sulle tax expenditure, sulle agevolazioni, ma andare a toccare le imprese in questo momento delicato mi sembra sbagliato”.
GLI AMERICANI CREDONO A TRIA
Meno male che, mentre il governo cerca l’intesa finale sulla manovra, qualcuno ha ricominciato a comprare il nostro debito. Se poi si tratta di BalckRock, primo fondo globale, allora l’apertura di credito fa decisamente piacere. Il colosso Usa è infatti tornato a puntare sui Btp. In base a quanto riportato da Reuters Scott Thiel, Deputy Chief Investment Officer of Global Fundamental Fixed Income and Head of Global Bonds di Blackrock, ha dichiarato che nella prima parte dell’anno la posizione di Blackrock era short, per poi passare a neutral e di recente a long. Infatti secondo Thiel oggi la carta italiana è attraente rispetto alle controparti del sud Europa. “La situazione italiana sembra destinata a un’evoluzione gradita al mercato. A nostro parere, i due partiti sembrano più consapevoli di come applicare le proprie politiche all’interno del mandato europeo”. Tria ha vinto.
Commenti recenti