Guerra commerciale: Trump impone tariffe su prodotti cinesi per 200 miliardi di dollari
di SICUREZZA INTERNAZIONALE (Roberta Costanzo)
Gli Stati Uniti hanno annunciato che una tariffa del 10% su una serie di prodotti cinesi per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari entrerà in vigore a partire dal 24 settembre e che tale dazio sarà aumentato al 25% entro la fine dell’anno. Tale decisione, comunicata dall’amministrazione Trump lunedì 17 settembre, aggrava ulteriormente la guerra commerciale tra Washington e Pechino, compromettendo le trattative commerciali tra le due principali economie mondiali.
Trump ha ancora una volta motivato l’imposizione di misure restrittive a danno dei prodotti cinesi con la condotta di Pechino in materia commerciale. “La Cina ha avuto molte opportunità di affrontare completamente le nostre preoccupazioni”, ha affermato il presidente americano in una dichiarazione rilasciata nella serata del 17 settembre alla Casa Bianca. “Ancora una volta, esorto i leader cinesi a intraprendere azioni tempestive per porre fine alle pratiche commerciali sleali del loro Paese”, ha incoraggiato Trump, che ha più volte accusato la Cina di condotte scorrette nei rapporti commerciali, come il furto di proprietà intellettuale e i sussidi alle industrie operanti nel settore dell’alta tecnologia.
Le nuove tariffe statunitensi, pertanto, sono l’ultimo passo della guerra commerciale tra i due Paesi. In particolare, tale ondata di tariffe si aggiunge a quella adottata dall’amministrazione Trump all’inizio dell’anno e che ha colpito prodotti cinesi per un valore complessivo di 50 miliardi di dollari, suscitando un’analoga reazione cinese. Come fa notare la CNN, con questi due round protezionistici, gli Stati Uniti stanno, di fatto, imponendo misure restrittive su circa la metà dei prodotti cinesi che entrano nel mercato americano. Con riferimento specifico ai prodotti colpiti da tali dazi, a luglio, l’amministrazione Trump ha pubblicato un elenco di migliaia di prodotti che sarebbero soggetti alle ultime sanzioni commerciali. Tuttavia, circa 300 prodotti sono stati rimossi da quella lista.
La mossa americana rischia di compromettere le trattative tra i funzionari statunitensi e cinesi, trattative che, peraltro, in seguito ad una serie di incontri fallimentari, si trovano attualmente in una situazione di stallo. Tale situazione, tuttavia, potrebbe peggiorare ulteriormente, dal momento che il leader della Casa Bianca ha minacciato ulteriori e più gravi misure, che coinvolgerebbero prodotti cinesi per un valore complessivo di 267 miliardi di dollari, nel caso in cui Pechino decidesse di adottare a sua volta misure analoghe in segno di rappresaglia. Sul versante cinese, il 18 settembre, Pechino ha dichiarato di non avere altra scelta se non la rappresaglia e il ministero del Commercio ha promesso che Pechino risponderà alle tariffe americane. “Al fine di salvaguardare i nostri legittimi diritti e interessi e l’ordine globale di libero scambio, la Cina dovrà adottare contromisure”, ha affermato il ministero del Commercio cinese, senza comunicare tuttavia quali contromisure siano state predisposte. Tuttavia, la Cina aveva precedentemente minacciato tariffe di ritorsione su beni statunitensi, dal gas naturale liquefatto a determinati tipi di aeromobili, per un valore complessivo di 60 miliardi di dollari. Il ministero del Commercio cinese ha altresì sottolineato che tale condotta americana porta “nuove incertezze in merito ai negoziati bilaterali”. Al momento, pertanto, non è chiaro se i negoziatori cinesi raccoglieranno la proposta del segretario americano al Tesoro, Steven Mnuchin, che li aveva invitati a Washington questa settimana per riprendere i colloqui. Sul versante americano, tuttavia, il consulente economico della Casa Bianca, Larry Kudlow, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono ancora disposti a continuare il dialogo con la Cina.
Secondo il New York Times, Trump sta intensificando la guerra commerciale con Pechino, incoraggiato “dalla forza economica americana e dal rallentamento economico della Cina”. Con riferimento all’economia americana, gli Stati Uniti stanno assistendo al rafforzamento della loro economia che ha portato, tra le altre cose, al livello più basso del tasso di disoccupazione dal 2000. Al contrario, si prevede che l’aumento delle tariffe americane peggiorerà ulteriormente le condizioni dell’economia cinese, già alle prese con la riduzione dei consumi e il progressivo rallentamento della spesa destinata alle infrastrutture.
Le tensioni derivanti dai rapporti commerciali tra le due principali economie al mondo, intanto, si stanno ripercuotendo sui mercati valutari. In particolare, il 18 settembre, la valuta cinese ha perso lo 0,3% rispetto al dollaro statunitense, in confronto al quale si è indebolito di circa 6 punti percentuali dalla metà di giugno. Il New York Times, inoltre, mette in guardia sulle possibili conseguenze negative di tale ondata tariffaria sui consumatori e sulle imprese, dal momento che il nuovo round protezionistico investe prodotti di uso quotidiano. “Queste tariffe saranno pagate dalle famiglie di lavoratori che guidano la nostra economia”, ha spiegato Jonathan Gold, il portavoce del gruppo “Tariffs Hurt the Heartland”, un’associazione di imprese costituita per combattere le tariffe. “Le tariffe non sono altro che tasse. Scegliendo di aumentare unilateralmente le tasse sugli Americani, il costo di gestione di un’azienda agricola, di una fabbrica o di un’azienda aumenterà”, ha proseguito Gold, concludendo che, pertanto, “in molti casi, questi costi saranno trasferiti alle famiglie americane”.
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