La Cina verso il 2049: un nuovo ordine mondiale?
di SICUREZZA INTERNAZIONALE
La Cina, con la sua crescita e l’aumento della sua influenza internazionale, è destinata a modificare il sistema internazionale per come è stato creato dagli Stati Uniti a partire dalla Guerra Fredda. Pechino ha le idee piuttosto chiare sull’assetto che il mondo dovrebbe avere nel 2049, in occasione del centenario dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese.
È importante guardare a quale siano queste idee per tre ragioni. La prima è che per gli Stati Uniti è di fondamentale importanza comprendere la portata e la direzione delle ambizioni strategiche della Cina. La seconda è comprendere come la crescente influenza e potere di Pechino modificheranno l’attuale ordine del mondo, cosa verrà mantenuto e cosa sostituito. È probabile che sarebbe un mondo diverso con un mix tra iper-capitalismo e neo-mercantilismo e un sistema politico tendente all’autoritarismo. La terza ragione è che la comprensione delle ambizioni e degli obiettivi strategici della Cina permetterà agli Stati Uniti di sviluppare politiche e misure volti a contenerli.
Nel 2049 probabilmente la Cina sarà la più grande potenza economico-politica del mondo, la questione aperta rimane comprendere come Pechino utilizzerà il potere che avrà a disposizione: entrerà nel mondo liberale attuale o trasformerà tutte le norme, regole ed istituzioni create finora dal mondo “occidentale”?
Il primo punto focale della visione strategica della Cina è quello del primato. Pechino vuole diventare la forza dominante nella politica internazionale, in un tentativo di ricreare la sua supremazia storica dei tempi del grande impero cinese, in cui il Paese definiva se stesso come “tianxia”, ovvero tutto ciò che è sotto il Cielo. Si tratta di un concetto legato alla filosofia cinese del sino-centrismo per cui il cielo è tondo, la terra quadrata e l’ombra del cerchio sul quadrato rappresenta il territorio della Cina. Ciò che rimane fuori, ai quattro angoli, è invece territorio “barbaro” che il popolo cinese ha il mandato divino di civilizzare.
Storicamente, la Cina è stata per secoli la potenza egemone dell’Asia Orientale e i suoi rapporti con i Paesi limitrofi sono sempre stati basati su una gerarchia rigida e su un sistema di tributi che garantiva a Pechino potere, influenza e prestigio. Ciò che la Cina tenta di fare oggi si pone dunque in continuità con l’eredità storica dell’Impero.
Guardiamo quali sono, dunque, gli obiettivi economici della Cina da raggiungere entro il 2049. Il primo è quello di rimpiazzare i principi liberali portati avanti finora dagli Usa con il suo modello di sviluppo “con caratteristiche cinesi”. Un modello che vede una miscela di politiche capitaliste e neo-mercantilistiche e la concessione di sussidi senza troppi vincoli ai Paesi in via di sviluppo, secondo l’analisi di The Diplomat. Inoltre, è un modello considerabile neutrale in termini di valori, dato che non richiede a chi lo adotta alcun rispetto dei principi democratici o dei diritti umani di base.
L’attuazione di questo modello sarà a due fasi. Nella prima fase, nel breve periodo, Pechino continuerà ad aumentare la sua influenza nell’attuale regime commerciale internazionale e a sostenerne le norme esistenti, seppur adattandole ai suoi obiettivi di politica estera che sono strettamente legati allo sviluppo economico e al commercio. La Cina continuerà ad aumentare il suo coinvolgimento nelle organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale del Commercio e le Nazioni Unite. Una prima fase che è in parte scelta e in parte necessità, dato che lo sviluppo economico cinese dipende in ampia misura dalla sua integrazione globale, dall’espansione della sua influenza politica e dallo sviluppo del suo soft power e che ad oggi Pechino non ha ancora modo di sovvertire completamente le regole e le istituzioni esistenti. Mentre parteciperà ai meccanismi multilaterali, la Cina continuerà a sviluppare nuovi organismi di governance economica da essa stessa guidati, come la AIIB (Banca Asiatica per gli Investimenti e le Infrastrutture), l’iniziativa Belt and Road e il Silk Road Fund.
La seconda fase è più di lungo termine e guarda al 2049. La crescita di potere della Cina vedrà un declino dell’influenza degli Stati Uniti all’interno delle istituzioni internazionali, con l’aumento del numero di Paesi che si uniscono ai nuovi organismi internazionali guidati da Pechino. Secondo l’analisi di The Diplomat, è probabile che entro il 2049 le istituzioni internazionali che conosciamo esisteranno ancora, ma i principi liberali che ne sono alle base saranno diluiti dalle riforme che la Cina proporrà strada facendo, con un numero sempre maggiore di Paesi legati fortemente al commercio e agli investimenti della Cina.
Guardando all’ambito più strettamente politico, la Cina cercherà di far trionfare l’autoritarismo nella politica internazionale e di ritrovare il suo ruolo storico di potenza egemone in Asia cercando di limitare al massimo l’influenza straniera nella regione. L’ideologia di retaggio imperiale può essere riscontrata nelle affermazioni del presidente Xi Jinping quando parla di “sogno cinese” o di “rinvigorimento del popolo cinese” o ancora “di destino comune all’umanità intera”, concetti cari alla tradizione cinese che ora vengono esportati sulla scena globale. L’idea del “rinvigorimento” vuole trasmettere proprio il senso di un ritorno della Cina a uno status internazionale che possedeva in passato.
Nel 2049 probabilmente la Cina avrà guadagnato abbastanza fiducia in se stessa da esercitare in modo più efficace il suo potere in ambiti come l’economia, la politica e il militare. Inoltre, più difficilmente sarà volenterosa di integrarsi e negoziare, ma si aspetterà che siano gli altri ad accettare “l’ordine cinese”.
Sicurezza Internazionale è il primo quotidiano italiano dedicato alla politica internazionale.
Consultazione delle fonti inglesi e cinesi e redazione a cura di Ilaria Tipà
FONTE: http://sicurezzainternazionale.luiss.it/2018/10/09/la-cina-verso-2049-un-ordine-mondiale/
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