Siria: se Ankara ritira truppe, terremo fede all’accordo di Adana
di SICUREZZA INTERNAZIONALE
La Siria ha dichiarato di essere pronta, in caso Ankara ritiri le truppe dal Paese e smetta di appoggiare i ribelli contrari al regime, a riconfermare un importante accordo di sicurezza con la Turchia, il quale normalizzò i legami per 20 anni prima dello scoppio della guerra civile a Damasco.
Nella giornata di sabato 27 gennaio, il Ministero degli Esteri di Damasco ha annunciato di essere tuttora impegnato a tener fede all’accordo di Adana dell’ottobre 1998, il quale imponeva alla Siria di cessare di ospitare i leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), movimento proscritto da Ankara che per decenni, fin dagli anni Ottanta, ha organizzato insurrezioni e rappresaglie armate contro il governo turco. L’intesa comportò l’espulsione dei membri del PKK, e in particolare di Abdullah Ocalan, dalla Siria, unitamente con la chiusura dei campi d’addestramento del movimento curdo. “La Siria resta impegnata a obbedire a questo accordo e a tutti quelli inerenti alla lotta contro il terrorismo in ogni sua forma da parte dei due Paesi”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri.
Il patto di Adana era stato impugnato la settimana precedente dal presidente russo, Vladimir Putin, durante il vertice tenutosi Mosca con l’omologo turco, Tayyip Erdogan. Tuttavia, Damasco ha reso noto che riportare sul tavolo l’accordo dipende in larga parte dalla volontà turca di cessare il sostegno ai ribelli siriani, i quali intendono rovesciare il regime del presidente Bashar al-Assad, come anche dal ritiro, da parte di Ankara, delle truppe dalla Siria nord-occidentale. A ogni modo, la Siria non ha menzionato nel dettaglio quale opzione adotterebbe nei confronti delle milizie curde delle YPG (People’s Protection Units) stanziate sul suo territorio.
In un discorso pronunciato da Erdogan venerdì 25 gennaio, il leader turco, che è da tempo fautore dello spodestamento di Assad in Siria, e che ospita nel suo Paese milioni di cittadini siriani rifugiativisi dallo scoppio della guerra civile in Siria, il 15 marzo 2011, non ha disconosciuto il patto di Adana, puntualizzando che esso dà alla Turchia il potere di entrare nel territorio siriano laddove vi si profilino minacce militari.
Secondo alcune fonti diplomatiche occidentali, il tempismo di Putin nel voler proporre di svecchiare l’accordo di Adana è indice di una strategia volta a controbilanciare la recente richiesta americana di istituire una zona di sicurezza lungo il confine siriano con Ankara per garantire la protezione delle milizie curde delle YPG. Questo poiché da mesi la Turchia minaccia il lancio di una nuova operazione militare contro le YPG nel Paese, la terza contro di loro negli ultimi due anni dopo le operazioni “Scudo dell’Eufrate” e “Ramo d’Olivo”, diretta in questo caso verso i territori a est dell’Eufrate. Gli Stati Uniti, in questo contesto di tensione, stanno cercando di garantire l’incolumità delle milizie curde anche dopo l’imminente ritiro delle proprie truppe dalla Siria, annunciato dal presidente, Donald Trump, il 19 dicembre.
Il sostegno prestato dagli Stati Uniti alle YPG è da lungo tempo un elemento di frizione tra Washington ed Ankara, poiché quest’ultima le considera un’organizzazione terroristica al pari del Kurdistan Workers’ Party (PKK), che mira a ottenere l’indipendenza e creare uno Stato autonomo del Kurdistan. Il timore di Ankara è che, nel caso in cui i curdi-siriani riuscissero a mantenere il controllo su una zona del territorio siriano al confine con il proprio territorio nazionale, i curdi che risiedono in Turchia potrebbero volerli emulare e avanzare le stesse rivendicazioni di autonomia.
La Turchia in Siria ha interessi divergenti sia da Washington sia da Mosca. Nell’ambito del conflitto siriano, mentre Ankara ha sostenuto l’opposizione siriana, Mosca è stata ed è ancora il principale sostenitore del presidente Assad. Nonostante ciò, i due Paesi, nel tempo, sono riusciti a collaborare per cercare di trovare una soluzione alla situazione, concordando di coordinare operazioni di terra nello Stato mediorientale, subito dopo l’annuncio del ritiro statunitense. I rapporti tra USA e Turchia hanno invece vissuto un momento di forte tensione nel novembre 2015, quando le forze turche abbatterono un aereo da guerra russo nei cieli della Siria. In seguito alla riconciliazione, avvenuta nel 2016, i rapporti sono migliorati velocemente, soprattutto grazie alla cooperazione tra Putin ed Erdogan per stabilizzare la Siria. Occorre ricordare che, il 13 settembre 2017, il 13 settembre, Ankara ha annunciato l’invio a Mosca di 2,5 miliardi di dollari per l’acquisto del sistema avanzato di difesa missilistico S-400, sviluppato negli anni ’90 dall’azienda russa Almaz Central Design Bureau, e in uso dal 2007.
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Consultazione delle fonti inglesi e redazione a cura di Claudia Castellani
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