Le “Due Sessioni”: Xi Jinping e la Cina del 2019
di SICUREZZA INTERNAZIONALE
Il presidente della Cina, Xi Jinping, si appresta ad effettuare una visita di stato ufficiale in Italia – la prima fuori dall’Asia dall’inizio del suo secondo mandato presidenziale e la prima in assoluto dopo dieci anni – dal 21 al 24 marzo. Il Presidente cinese arriverà a Roma portando con sé le novità e le nuove linee guida politiche per il 2019 cinese appena definite durante il momento politico più importante dell’anno di Pechino, le “due sessioni”, che si svolgono a Pechino nelle prime due settimane di marzo, come ogni anno.
Le “due sessioni”, ovvero l’assemblea annuale della Assemblea Generale del Popolo Cinese (ANP) e della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese, sono in corso a Pechino. Si tratta del momento in cui la Cina fa il suo bilancio dell’anno passato, analizza sfide e opportunità per l’anno futuro, in un momento in cui il presidente Xi Jinping, a un anno dall’inizio del suo secondo mandato presidenziale, deve far fronte a diverse questioni aperte e rilanciare la sua Cina della “nuova era”.
Qual è, dunque, la Cina del 2019 di cui il presidente Xi Jinping sarà portavoce in Italia?
Il bilancio annuale mostra una Cina in cui l’economia ha rallentato il suo ritmo di crescita, un contenzioso commerciale ancora aperto – anche se non più guerra vera e propria – con gli Stati Uniti e una situazione di crisi nella provincia occidentale dello Xinjiang per cui la comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani parlano di crisi umanitaria.
Al contempo, il presidente Xi Jinping ha già ottenuto risultati significativi, soprattutto in termini di consolidamento del suo potere centrale. Il primo tra tutti è stato, durante le “due sessioni” del 2018, quello di eliminare il vincolo che prevedeva la rieleggibilità per un massimo di due volte per le tre cariche più importanti del Paese – concentrate normalmente tutte nelle mani di una sola persona – quella di presidente della Repubblica, di segretario generale del Partito Comunista Cinese e di presidente della Commissione Militare Centrale. Questo vuol dire che potenzialmente il presidente Xi Jinping potrebbe vedere la sua carica rinnovata fino almeno al 2027, quando raggiungerà l’attuale limite di età per le cariche pubbliche. Il secondo risultato è la continuata campagna anti-corruzione con 621 mila ufficiali governativi puniti nel 2018. Il terzo è un maggior controllo e capillare presenza del Partito nella vita delle persone con, ad esempio, l’installazione di 200 milioni di telecamere di sorveglianza mirate alla riduzione della criminalità, come riporta Foreign Affairs. Il terzo risultato è una ampliata presenza di comitati di Partito all’interno delle imprese cinesi private che ha raggiunto il 70% e la riduzione del numero delle organizzazioni non governative straniere presenti sul suolo cinese, passate da 7 mila a 400.
Guardando, invece, alla politica estera, il 2018 ha visto il tentativo della Cina di aumentare il controllo sulle aree che Pechino considera proprio territorio sovrano. Queste aree includono le sette isole del Mar Cinese Meridionale militarizzate dalla Cina, nonostante siano in corso i negoziati per la definizione di un Codice di Condotta Condiviso tra la Cina e i Paesi membri dell’ASEAN. Le aree su cui Pechino sta aumentando il controllo comprendono anche le isole di Hong Kong e Taiwan. Ad Hong Kong – tornata sotto il controllo cinese nel 1997 con il principio “un Paese, due sistemi” – c’è stata una forte riduzione delle libertà democratiche che l’isola ha ereditato dal suo status di colonia britannica e la messa al bando dei partiti pro-indipendenza dell’isola, nonché la costruzione di una stazione ferroviaria controllata dalle autorità cinesi. Nei confronti di Taiwan – isola di fatto indipendente, ma considerata da Pechino una regione amministrativa speciale – Xi Jinping porta avanti una politica forte mirata ad isolare il governo di Taipei sullo scenario internazionale offrendo ai Paesi prima partner dell’isola aiuti economici e investimenti tali da convincerli a instaurare rapporti diplomatici con Pechino e interrompere quelli con Taipei.
Inoltre, l’iniziativa Belt and Road – o Nuova Via della Seta – lanciata da Xi Jinping nel 2013 con l’obiettivo di ricreare le antiche vie terrestri e marittime di collegamento tra Asia ed Europa è ormai capillarmente diffusa in tutto il mondo, dall’Africa all’America Latina con progetti infrastrutturali di porti, strade, ferrovie e gasdotti con il timbro cinese. Si tratta di progetti imponenti che spesso sollevano dubbi da parte dei detrattori dell’iniziativa – Stati Unit e India per primi – che parlano di “trappola del debito” affermando che i finanziamenti e gli investimenti cinesi nei Paesi in via di sviluppo conducono a forti debiti per questi ultimi che difficilmente potranno essere ripagati.
Il presidente Xi Jinping mira a costruire un vero e proprio “modello cinese” e a fornire la “ricetta cinese” per la gestione delle più pressanti questioni sullo scenario internazionale, vorrebbe far sì che la Cina diventi un “contributore e un promotore” del libero scambio e del multilateralismo e dichiara di opporsi fermamente a ogni forma di isolazionismo e protezionismo.
Durante le “due sessioni” del 2019, il presidente Xi Jinping ha introdotto “i cinque punti (da studiare) di Xi” per “l’unità pacifica”– una denominazione in cui si riscontra un gioco di parole in lingua cinese basato sul fatto che il cognome del presidente corrisponda al carattere cinese che vuol dire “studiare, imparare, praticare” . Il concetto di “unità pacifica” rimanda direttamente alla questione dell’indipendenza dell’isola di Taiwan dal governo centrale cinese e nel rapporto del Presidente della Conferenza Consultiva non vi è stato alcun riferimento al “consenso del 1992” che ha regolato finora i rapporti tra i due lati dello stretto di Taiwan, si è invece parlato di come si possa applicare il principio “un Paese, due sistemi” in vigore ad Hong Kong anche a Taiwan.
Fonte: http://sicurezzainternazionale.luiss.it/2019/03/12/50308/
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