L’Arabia Saudita cerca di avvicinarsi alla Cina
di GLI OCCHI DELLA GUERRA (Daniel Davis)
Il mese scorso, il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammad bin Salman, ha visitato per alcune settimane i Paesi asiatici, stringendo accordi economici con Pakistan, India e Cina. Ha assicurato investimenti per un valore di 20 miliardi al Pakistan e fissato un altro investimento pari a 100 miliardi in India. Fin qui nulla di sorprendente: la notizia davvero interessante, invece, è l’accordo di 28 miliardi con la Cina.
In particolare, Mohammad bin Salman si è impegnato a integrare il piano Saudi Vision 2030 con il progetto della Nuova Via della Seta lanciato dal presidente cinese Xi Jinping. In una fase in cui entrambi i Paesi stanno attuando programmi economici radicali, l’incontro e la collaborazione giungono in un momento critico. I due Paesi hanno già forti rapporti economici e crescenti legami militari.
“Guardando indietro centinaia, persino migliaia di anni, i rapporti tra i Paesi sono sempre stati positivi. In un arco temporale così lungo di scambi con la Cina, non abbiamo mai riscontrato alcun tipo di problema”, ha affermato il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman.
La Cina rappresenta il principale partner commerciale del Regno e lo scorso anno è stato siglato un accordo con Huawei per costruire la rete 5G, in un momento in cui la maggior parte degli alleati occidentali dell’Arabia Saudita aveva deciso di boicottare Huawei.
Due anni fa, l’Arabia Saudita ha preso la decisione piuttosto inusuale di far costruire nel Paese un’industria di droni armati da un’azienda cinese. L’accordo si è concretizzato a seguito della visita di Re Salman in Cina, che ha assicurato incentivi per un valore di 65 miliardi in settori quali energia, cultura, formazione e tecnologie. Per la Cina, l’industria è la prima nel suo genere nella regione e costituisce uno dei numerosi interventi di espansione per affermare ulteriormente la sua potenza. I droni cinesi hanno un flusso costante di acquirenti da quando gli USA hanno voltato le spalle a Paesi come la Giordania. Quando non è possibile ordinare droni americani, la Cina è la prima alternativa, addirittura più economica.
Il governo americano ha comunicato che avrebbe mitigato le politiche e le restrizioni sulle esportazioni di droni, ma il mercato cinese continua a crescere.
“I cinesi rappresentano senza dubbio una minaccia”, ha affermato Gerard Robottom, direttore dell’International Market Area alla AeroVironment, azienda produttrice di droni con sede in California.
I Paesi del Medio Oriente stanno investendo cifre record in contratti militari e di difesa e, dal momento che i rapporti con la Cina si rilevano spesso la soluzione più semplice, le aziende di Washington e degli Stati Uniti aspettano con impazienza politiche più favorevoli. Anche se sono disponibili droni statunitensi, molto spesso non sono armati ma solo progettati per attività di sorveglianza.
La strategia di accaparrarsi i clienti che acquistano armi dagli Stati Uniti è solo uno dei punti del programma cinese di controllo su un numero sempre maggiore di aree geografiche per incrementare la propria influenza internazionale. L’obiettivo primario del governo di Jinping è minare l’influenza dei poteri mondiali tradizionali, ovvero Stati Uniti e Russia: per Pechino l’Arabia Saudita rappresenta semplicemente l’ultimo fronte di espansione.
Dalla prospettiva dell’Arabia Saudita, rafforzare i legami con la Cina costituisce una garanzia nel caso in cui quelli con gli Stati Uniti dovessero indebolirsi. A seguito dell’omicidio del giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi, il Congresso degli Stati Uniti ha adottato una posizione più tiepida nei confronti del partner arabo di vecchia data, arrivando a introdurre la War Powers Resolution per frenare il coinvolgimento americano nella guerra civile dello Yemen. Comprensibilmente, Mohammad bin Salman è alla ricerca di possibili nuove alleanze.
Per Riad occorre considerare anche il punto di vista economico. Il mondo sta abbandonando i combustibili fossili e il prezzo del greggio continua a crollare. Dal momento che le entrate del Regno dipendono da una sola fonte, occorre diversificare i partner commerciali. Aramco, compagnia nazionale saudita, ha concordato l’acquisto di una partecipazione del 9% in Zhejiang Petrochemical e ha concluso un accordo con Norinco, industria statale della difesa cinese, per costruire un complesso di raffinazione a Panjin.
A seguito della visita del principe ereditario, la collaborazione tra le due nazioni incentiverà senza dubbio la crescita del commercio saudita che, solo lo scorso anno, ha registrato un incremento del 32%. Sulla base dei crescenti rapporti tra i due Paesi, è naturale iniziare a preparare la generazione di giovani sauditi a un possibile nuovo futuro, che vedrà come principali alleati i Paesi dell’Est, e non quelli dell’Ovest. A questo fine, le scuole e le università saudite introdurranno la lingua cinese nei piani di studio.
“L’introduzione del cinese nel percorso formativo rappresenta un importante passo avanti per ampliare l’orizzonte degli studenti”, ha affermato il governo dell’Arabia Saudita.
Ciascun Paese trarrà benefici economici con l’aumentare del flusso di beni fra loro. La Cina ha l’ulteriore vantaggio di un maggiore accesso al Medio Oriente, mentre l’Arabia Saudita promuove i rapporti con un potenziale Paese alleato. La Cina continua a creare una solida base nella regione mentre gli Stati Uniti sono impegnati a ridimensionarne il coinvolgimento. I recenti accordi economici firmati tra Riad e Pechino dovrebbero dare un segnale agli Stati Uniti, facendo loro capire che non sono l’unica superpotenza a competere per la dominanza della zona. Dovranno quindi modificare le politiche ed essere più flessibili se desiderano ostacolare l’espansione cinese.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/arabia-saudita-cina/
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