Nell’Italia con l’ascensore sociale rotto i più poveri sono i bambini
di TODAY
Più si è giovani e più si è poveri, denuncia il Rapporto presentato da Con i bambini e Openpolis. A farne le spese sono i bambini: quelli che vivono i condizioni di povertà assoluta sono triplicati in dieci anni.
Più si è giovani e più si è poveri, denuncia il Rapporto presentato da Con i bambini e Openpolis. A farne le spese sono i bambini: quelli che vivono i condizioni di povertà assoluta sono triplicati in dieci anni.
Nell’Italia di oggi più una persona è giovane e più è probabile che si trovi in condizioni di povertà assoluta. Nel 2005 i minori assolutamente poveri erano il 3,9 per cento: dieci anni dopo, la percentuale di bambini e adolescenti che vivono in condizioni di povertà è triplicata e attualmente supera il 12%. È quanto emerge dal secondo Rapporto sulla povertà educativa minorile in Italia di Con i Bambini e Openpolis, presentato oggi a Roma.
“L’Italia ha quindi un enorme problema con la povertà minorile e giovanile da affrontare che non riguarda solo la condizione economica attuale. Riguarda soprattutto il futuro, la possibilità, anche per chi nasce in una famiglia povera, di avere a disposizione gli strumenti per sottrarsi da adulto alla marginalità sociale”, denuncia il rapporto.
Bambini in condizioni di povertà assoluta, un problema soprattutto educativo
Le famiglie più povere sono generalmente quelle con minore scolarizzazione. L’incidenza della povertà assoluta è infatti più che doppia nei nuclei familiari dove la persona di riferimento non ha il diploma. Un’azione efficace di contrasto alla povertà nella fascia più giovane della popolazione significa concretamente offrire a tutti i bambini e adolescenti, quale che sia il reddito dei genitori, uguali opportunità educative.
In questo contesto, l’Italia è il paese che rispetto alla media europea tende a investire di meno in istruzione. Con i suoi 3,8 punti percentuali nel rapporto tra Pil e spesa per l’educazione, l’Italia è agli ultimi posti nell’Ue per spesa in istruzione: quasi la metà della Danimarca, che guida la classifica. Peggio di noi solo Slovacchia, Romania, Bulgaria e Irlanda. Nel suo ultimo rapporto sulla mobilità sociale, l’Ocse ha indicato come priorità per l’Italia la garanzia di “accesso all’educazione di qualità, dall’asilo all’istruzione terziaria, ai bambini e ai giovani svantaggiati”.
Il problema degli asili nido
L’Ue nel 2002 ha stabilito come obiettivo per gli stati membri di arrivare almeno a 33 posti in asili nido o servizi prima infanzia per i bambini con meno di 3 anni, viene ancora sottolineato nel Rapporto realizzato da Openpolis e Con i Bambini, che ricorda come rispetto a questo obiettivo l’Italia sia ancora indietro. In termini assoluti, a fronte di una platea potenziale di 1,5 milioni di bambini, sono circa 350mila i posti disponibili (di cui il 90% in asili nido, mentre la parte restante in servizi integrativi). Un elemento da non sottovalutare è che sulla copertura degli asili nido incide un vistoso calo della popolazione tra 0 e 2 anni, -16,70% di bambini con meno di tre anni tra 2011 al 2018. Nello stesso periodo la popolazione complessiva è rimasta stabile sui 60 milioni di abitanti.
Contando sia le strutture pubbliche che quelle private, in Italia l’offerta di asili nido copre ancora meno di un bambino su quattro e con grandi differenze tra nord e sud. In testa alle classifiche con più posti ci sono infatti Valle d’Aosta, Umbria, Emilia Romagna e Toscana, mentre fanalino di coda sono le regioni del Sud. Non solo: alle disuguaglianze educative ed economiche spesso si sommano ad altre di tipo territoriale, come può avvenire nelle aree interne. Il problema maggiore dei comuni che si trovano in queste zone è la scarsità dei servizi sul territorio (in tutti gli ambiti, non solo quello educativo) e la difficoltà di raggiungere i centri in cui sono presenti, dati i lunghi tempi di percorrenza. Distanza e carenza di servizi hanno condannato le aree interne ad una progressiva marginalità, a partire dalla metà del secolo scorso. Se isoliamo la tendenza demografica dei soli giovani in età per andare a scuola (6-18 anni), ci accorgiamo di una profonda disparità tra i centri e le aree più periferiche del paese. Nei comuni polo e cintura, per quanto faticosamente, il numero di ragazzi tra 6 e 18 anni tutto sommato tiene. Mentre è nell’Italia interna, quella dei comuni intermedi, periferici e ultraperiferici, che la popolazione in età per la scuola sta calando in modo più consistente.
“Serve un forte investimento sull’educazione”
“In un Paese dove l’ascensore sociale è rotto e due terzi dei bambini con i genitori senza diploma resta con lo stesso livello d’istruzione, è indispensabile un forte investimento sull’educazione, intesa in senso lato, dalla scuola ai servizi rivolti ai minori”, ha commentato Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale Openpolis. “Purtroppo l’Italia è quintultima in Europa per spesa in istruzione, con appena il 3,9% del Pil. Molto al di sotto della media europea del 4,7%. Un quadro generale preoccupante ma che al suo interno contiene numerose ulteriori criticità, come le differenze fra le aree del Paese. Profonde disuguaglianze ci sono fra Centro e Periferia (esempio: aumentano le famiglie nei comuni cintura); fra Nord e Sud (esempio: le 5 regioni che offrono meno posti in asilo nido sono tutte del Mezzogiorno, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Campania); fra comuni più connessi e aree interne (esempio: 10,3% dei ragazzi tra 14 e 18 anni residenti in Italia vive in un comune interno senza scuola superiore statale)”.
Fonte: http://www.today.it/attualita/bambini-poverta-educativa.html
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