Al forum di Pechino, la Cina rifà il trucco alle nuove vie della seta
di LIMESONLINE (Giorgio Cuscito)
La Repubblica Popolare aggiusta il tiro del suo progetto geopolitico e respinge le critiche sulla scarsa trasparenza. I risultati dell’Italia. Le adesioni di Lussemburgo, Giamaica e Perù. Huawei nel Regno Unito. Gli eventi geopolitici più importanti di aprile per la Belt and Road Initiative. [Ultimo aggiornamento: 2/5/2019]
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Indicatore geopolitico: 131
Sono 131 i paesi che hanno firmato accordi di cooperazione nell’ambito della Belt and Road Initiative (Bri, o nuove vie della seta). Un rapporto pubblicato dal governo cinese prima del secondo forum sulla Bri (25-27 aprile) ne contava 125. A essi si aggiungono altri 6 (Guinea Equatoriale, Yemen, Cipro, Perù, Liberia e Giamaica) che hanno aderito all’iniziativa durante l’evento. La Svizzera dovrebbe fare lo stesso nei prossimi giorni. Se così fosse, 25 partner della Bri si troverebbero in Europa. Il progetto a guida cinese continua a guadagnare sostenitori malgrado l’opposizione degli Usa e le preoccupazioni di Bruxelles legate alla scarsa trasparenza dei progetti riscontrata in Asia e in Europa. Al forum di Pechino, il governo cinese ha manifestato la volontà di affrontare questi fattori.
XI RICALIBRA LA BRI
Al secondo forum della Bri, il presidente cinese Xi Jinping ha tentato di aggiustare la narrazione circa il suo progetto geopolitico. Durante il discorso di apertura, Xi ha sottolineato la necessità di sviluppare l’iniziativa in “maniera trasparente”, “senza tollerare la corruzione”. Per dare concretezza a tali propositi, il governo cinese ha divulgato 283 “risultati” raggiunti durante il forum. Questi includono iniziative proposte da Pechino e accordi bilaterali e multilaterali con i paesi partner in diversi settori (infrastrutture, finanza, energia, istruzione, editoria, eccetera). Per ora la mossa è cosmetica. La loro efficacia potrà essere verificata solo con il passare del tempo. La mole degli affari conclusi è pari a 64 miliardi di dollari. Tra le novità emerse al forum rileva la “Cornice per la sostenibilità del debito”. È probabile che si tratti di un meccanismo per determinare la fattibilità finanziaria degli investimenti. L’obiettivo di Pechino è smussare le diffidenze circa l’influenza politica della Cina sui paesi economicamente fragili ma ansiosi di ricevere i suoi investimenti.
Gli ospiti – Al forum erano presenti capi di Stato e di governo di 37 Stati, prevalentemente provenienti dalla porzione orientale dell’Eurasia. Ospite d’onore era il presidente russo Vladimir Putin. Desideroso di consolidare la collaborazione con Xi in chiave anti-Usa. Fino al 4 maggio, Pechino e Mosca condurranno un’esercitazione navale congiunta a largo di Qingdao, nella strategica penisola dello Shandong. Xi ha incontrato diversi leader stranieri, come confermano le foto sul Quotidiano del Popolo. Il suo obiettivo era esaltare l’attenzione della Cina per i rapporti bilaterali e alimentare il riverbero dell’evento all’estero. I rappresentanti di Malaysia, Pakistan, Ungheria e Grecia erano osservati speciali, poiché i loro paesi sono snodi essenziali dei corridoi infrastrutturali pensati dalla Cina.
La presenza dell’Italia – Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte è stato l’unico leader del G7 a partecipare al forum. La sua presenza era d’obbligo alla luce della recente adesione di Roma alla Bri. Durante la sua visita è stata firmata solo un’intesa commerciale, quella tra Italgas e State Grid Corporation su possibili collaborazioni nel settore della distribuzione del gas. L’accordo si aggiunge a quelli firmati a Roma a fine marzo durante la visita di Xi, il cui valore complessivo è pari a 2,5 miliardi di euro. Le dimensioni contenute delle intese sino-italiane indicano che per Pechino la collaborazione nostrana alla Bri ha soprattutto una valenza politica, legata alla competizione con gli Usa in Europa.
L’Italia parteciperà anche al neonato “Meccanismo di cooperazione portuale lungo la via della seta marittima”. Ciò lascia presumere che in futuro la Penisola sarà maggiormente coinvolta nelle attività commerciali relative a questa rotta. Tra i risultati raggiunti dall’Italia durante il forum risulta anche il fondo di cooperazione industriale congiunto Italia-Cina, di cui però Pechino e Roma discutono da tempo. È probabile che nei prossimi mesi delegazioni italiane si rechino in missione in Cina per finalizzare nuove intese.
Gli assenti – Tra gli ospiti non vi erano i leader di Usa, Francia, Regno Unito e Germania, la cui presenza avrebbe elevato la caratura del forum. Eppure, in futuro i tre paesi europei potrebbero proporre la firma di un memorandum collettivo con Pechino per delineare la partecipazione europea al progetto. Lo ha fatto sapere il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier. Berlino, Parigi e Londra vogliono costituire un blocco unico nel dialogo con la Cina e prendere le distanze dalla mossa unilaterale dell’Italia. Anche se Berlino non vuole appoggiare ufficialmente il progetto, il memorandum siglato dalla tedesca Siemens sullo sviluppo della Bri indica che la Germania non disdegna le opportunità derivanti dall’iniziativa.
LA SVIZZERA NELLA BRI
La Svizzera ha firmato con la Cina un memorandum per cooperare in paesi terzi nel settore commerciale, finanziario e degli investimenti. L’Italia aveva adottato un provvedimento simile qualche mese prima di maifestare ufficialmente il suo supporto all’iniziativa cinese. Il coinvolgimento della Svizzera nella Bri farebbe il paio con quella del Lussemburgo, avvenuta a marzo. Pechino punta su questi paesi per investire in Europa e allo stesso tempo coinvolgere le imprese straniere nell’iniziativa. In tal senso rileva che Bank of China abbia emesso bond “a tema Bri”, per un valore complessivo di 500 milioni di dollari presso la borsa del Lussemburgo.
PECHINO NELL’EUROPA DI MEZZO
La missione europea del premier Li Keqiang a inizio aprile è servita ad appianare temporaneamente le tensioni con Bruxelles (preoccupata dalla presenza cinese nel Vecchio Continente) prima del forum di Pechino e rinvigorire i rapporti con i paesi dell’Europa centrorientale (acronimo inglese Ceec). Per la prima volta, il summit Cina-Ue si è concluso con una dichiarazione congiunta. Il documento afferma che Pechino e Bruxelles sigleranno un accordo sugli investimenti entro il 2020 e ribadisce la collaborazione sino-europea nel campo del 5G. La Grecia è diventata il diciassettesimo membro della piattaforma di cooperazione Cina-Ceec durante il vertice di Dubrovnik. Atene spera di servirsene per accelerare lo sviluppo del corridoio infrastrutturale pensato dai cinesi per collegare il Pireo al Nord Europa passando per i Balcani.
LA BRI IN AMERICA LATINA
L’adesione della Giamaica (avvenuta a metà aprile) e del Perù alle nuove vie della seta conferma l’estensione del progetto geopolitico all’America Latina e ai Caraibi. Qui, altri paesi (vedi Venezuela, Suriname, Trinidad e Tobago, Guyana, Barbados) hanno firmato delle intese con la Repubblica Popolare per attrarre i suoi investimenti infrastrutturali. Il governo di Nicolás Maduro è uno dei partner privilegiati di Pechino nell’area. Tuttavia la crisi che sta affrontando Caracas – agevolata dalle pressioni degli Usa – dimostra che il Dragone non può ancora contestare la supremazia di Washington in quello che quest’ultima considera il suo “cortile di casa”.
L’AIIB E LE NUOVE VIE DELLA SETA
Costa d’Avorio, Guinea, Tunisia e Uruguay sono diventati membri a pieno titolo della Banca asiatica d’investimento nelle infrastrutture (acronimo inglese Aiib). L’Aiib è un istituto multilaterale che ora conta 97 partecipanti, Italia inclusa; non è direttamente legata alla Bri e la mole delle sue operazioni è marginale se paragonata a quella delle attività condotte dalle imprese cinesi. A ogni modo, la banca è basata a Pechino e la Cina è il suo principale finanziatore. La Repubblica Popolare vorrebbe servirsene per elevare l’immagine della attività cinesi all’estero, puntando sulla multilateralità e sulla trasparenza dei progetti in Asia. I vertici dell’Aiib hanno rimarcato l’importanza di tali elementi durante il recente incontro con le imprese italiane presso il ministero dell’Economia e delle Finanze.
DAL REGNO UNITO ALL’ITALIA, I FRONTI DI HUAWEI
Secondo The Telegraph, Londra potrebbe permettere alla compagnia cinese di operare nel Regno Unito impedendogli la fornitura di tecnologie “chiave” per le proprie infrastrutture critiche. La voce sembra fondata, visto che è costata il posto al ministro della Difesa britannico Gavin Williamson. Il parziale sdoganamento britannico di Huawei potrebbe essere d’esempio per altri paesi che già conducono attività in collaborazione con l’azienda cinese, Italia inclusa.
La città di Roma ha concluso un accordo per l’installazione di telecamere di sorveglianza nei quartieri di San Lorenzo e Piazza Vittorio, le quali si aggiungono a quelle già piazzate intorno al Colosseo. Durante il Belt and Road Forum, la Cambogia ha annunciato che Huawei sosterrà lo sviluppo della sua rete 5G, confermando l’importanza che la rete Internet di quinta generazione ha anche per i paesi in via di sviluppo.
IL MIT TAGLIA CON HUAWEI, GOOGLE NO
Il Massachusetts Institute of Technology ha tagliato i fondi per la collaborazione con Huawei e Zte per via dei rischi in cui potrebbe incorrere a causa delle indagini federali di cui sono oggetto le compagnie cinesi negli Usa. Le tensioni sino-statunitensi non impediscono a Google di collaborare con la prima delle due aziende nel campo dell’intelligenza artificiale. Il nuovo smartphone dell’azienda di Shenzhen è dotato al suo interno di un software realizzato da Alphabet, che appartiene a Google. Il programma, abbinato ai dispositivi Huawei, consentirebbe la realizzazione di diagnosticare alcune malattie dell’occhio anche a coloro che non sono professionalmente addestrati per tale attività.
ARCHEOLOGIA VS INVESTIMENTI IN GRECIA
L’autorità archeologica greca ha bloccato la costruzione di un centro commerciale, ha chiesto restrizioni per quella di un albergo e ha suggerito la sospensione delle operazioni in due cantieri navali presso il porto del Pireo, controllato dalla cinese Cosco. Lo stop al progetto, dovuto alla rilevanza storica del territorio attorno allo scalo marittimo, è un esempio delle difficoltà riscontrate dalla Repubblica Popolare nello sviluppo della rotta balcanica delle nuove vie della seta, di cui lo scalo marittimo è il punto di riferimento meridionale.
Carta di Laura Canali
Fonte: http://www.limesonline.com/rubrica/forum-di-pechino-la-cina-rifa-il-trucco-alle-nuove-vie-della-seta
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