Tre articoli sulla crisi di governo
1) TUTTO SULLA CRISI DI GOVERNO
(Pubblicato l’08/08/2019)
La crisi di Governo è arrivata.
La durata del Governo è stata di un anno, perfettamente in media con la tradizione italiana che risale al 1862.
Non c’è nessun danno per italiani e lavoratori, autonomi e subordinati, pubblici e privati. Tanto più che come colonia tedesca, possiamo tranquillamente stare senza governo per anni. I governi non servono, se ancora non lo avete capito – però come diamine fate a non aver ancora capito che sotto il regime tedesco non c’è alcun bisogno di un governo italiano? Cercate di svegliarvi!
Comunque ci sarà un altro governo, politico o balneare o tecnico o governissimo o di passaggio o a tempo, e non si andrà a votare.
STEFANO D’ANDREA (FSI- Riconquistare l’Italia)
2) POST SERIO SUL GOVERNO
(Pubblicato il 09/08/2019)
Se pensate di poter capire cosa stia accadendo ascoltando i proclami ad uso e consumo dei fans, avete già dimenticato che solo nell’ultimo anno questi hanno detto laqualunque e il suo contrario, nel giro della stessa giornata, almeno una ventina di volte.
Intanto la “crisi” si risolve in Parlamento e non a casa di Salvini e passa da Mattarella.
Al momento potrebbe accadere di tutto, anche un nuovo governo M5S PD, l’unica cosa (se non certa) altamente probabile è che non si andrà a votare.
A no, c’è una cosa davvero certa: non esiste un partito anti sistema.
State bbboni…
LORENZO D’ONOFRIO (FSI Pescara)
3) LA VERITÀ SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA. PERCHÉ IL GOVERNO PUÒ CADERE PER DAVVERO
(Pubblicato l’08/08/2019)
<<Per tornare a crescere non vi sono scorciatoie: l’Italia deve riuscire a trarre più vantaggio dal progresso tecnico e della globalizzazione. Questo vuol dire investire nei settori e nelle aree geografiche che sono all’avanguardia e che sono più integrate nell’economia mondiale, facilitare la crescita delle imprese, indirizzare le risorse dove sono più produttive. Tutto ciò non è indolore. Le politiche più efficaci per avvicinare l’Italia all’Europa sono anche quelle che aumentano le distanze tra Milano e Napoli, tra aree avanzate e arretrate del paese>>.
Dall’amico Giuseppe Masala prendo questa citazione, che è lo stralcio di un articolo dell’economista Guido Tabellini pubblicato sul “Foglio” di qualche giorno fa. Leggere il “Foglio” è sempre istruttivo, perché è un giornale che si leggono in quattro gatti, ma sono quattro gatti di una certa importanza. Sul “Foglio” i rappresentanti del sistema si ritrovano per dirsi in faccia la verità, tutta, e senza giri di parole.
La posta in gioco dell’autonomia differenziata è quella esposta brutalmente dal Tabellini.
La Seconda Repubblica è stata la stagione politica del vincolo esterno europeo, da Maastricht al Fiscal Compact passando per l’euro, ma non dobbiamo dimenticarci che è stata anche la stagione di una rivoluzione istituzionale interna, speculare a quella esterna, e cioè il federalismo. Dietro la retorica dell’efficienza e dei presunti sprechi meridionali (smentiti da una delle più avanzate base dati territoriali d’Europa, i Conti Pubblici Territoriali) si nascondeva un processo di ristrutturazione capitalistica stimolato dai vincoli europei e rispondente in ultima analisi al capitalismo esportatore tedesco.
L’Europa che prometteva di superare gli Stati nazionali si è rivelata al contrario imperalismo economico di uno Stato nazionale, che mira a disgregare gli Stati concorrenti e di assorbirli selettivamente nelle sue “catene del valore”. Diventare appendice commerciale della Germania è il triste destino del Nord Est italiano se dovesse andare in porto quel regionalismo differenziato preparato normativamente dal centro-sinistra di Prodi e D’Alema (riforma costituzionale del 2001) e rivendicato negli ultimi due anni dai governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna (Lega + Pd). Il Nord perderebbe buona parte del mercato di sbocco centro-meridionale per concentrare tutte le sue risorse fiscali sulla riduzione della pressione fiscale delle sole imprese esportatrici. Quello che non è chiaro a molti cittadini, lavoratori e piccoli imprenditori lombardo-veneti è che l’autonomia differenziata non porterà loro maggiori servizi pubblici e maggiore domanda interna, ma il definanziamento dei servizi pubblici e sempre maggiori deroghe ai contratti collettivi nazionali al fine di potenziare la competitività delle sole imprese esportatrici nel panorama della globalizzazione. Vi impoverirete per arricchire il capitale italo-tedesco.
Qui si inserisce il discorso sul governo. Il M5S da un lato, per ragioni elettorali e di base sociale, e una certa parte dell’establishment attenta agli interessi statunitensi dall’altro, si sono opposti al disegno piddino-leghista. Le intese estreme sull’autonomia differenziata proposte da Zaia, Fontana e Bonaccini si sono fortunatamente impantanate. Sia chiaro però che se il governo cadrà sarà principalmente per questa ragione, anche se nominalmente la rottura potrebbe avvenire sul Tav, sulla riforma della giustizia o su altro ancora. Se ancora il governo non è caduto è perché Salvini tentenna, dato che il suo progetto di centro-destra nazionale prevederebbe un ridimensionamento e non un rafforzamento della Lega secessionista delle origini; tuttavia potrebbe prevalere la corrente Giorgetti-Marattin, cioè quel partito trasversale della secessione che va dalla Lega Nord ad una fetta sempre più grande del PD.
SIMONE GARILLI (FSI Mantova)
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