Il primo partigiano
di MARCO DI CROCE (RI Roma)
Il nemico ultimo del partigiano italiano è lo stato fascista. Chi è il primo nemico di colui che vuole diventare partigiano italiano? In un primo momento, sé stesso, la sua propria debolezza, il suo proprio conformismo, la sua propria voglia di lasciar correre che le cose si sistemeranno, il suo non essere partigiano. Il primo nemico di chi vuol essere partigiano è il fascista dentro di lui, è ogni membrana del suo carattere che aiuta il regime a conservarsi.
Il primo partigiano è tale quando nel campo di battaglia del proprio cervello la vittoria è ormai certa, lo scontro tra egemonie nel suo corpo è risolto. Allora il fronte partigiano ha sconfitto il suo primo nemico e ha guadagnato il suo primo soldato. Ma per sconfiggere il nemico ultimo, lo stato fascista, non basta un soldato. Quando dalla battaglia interna nasce il primo partigiano, il suo nemico prossimo è lo stato fascista? No. Lo stato fascista ha un esercito e milioni di sostenitori. Lui, invece, è il primo partigiano.
L’avversario del soldato solitario non è l’esercito nemico ma ciò che gli impedisce di avere il proprio esercito. Il nemico di Spartaco non sono i romani, è il rassegnamento dei suoi compagni alla condizione di schiavitù. Il primo nemico del primo partigiano è quell’insieme di tratti caratteriali che impediscono ai potenziali partigiani di essere partigiani. Il nemico del primo partigiano sono perciò i partigiani? C’è una grossa confusione tra possibilità e realtà da una parte e tra carattere e persona dall’altra se giungiamo a questa conclusione. Il primo nemico del partigiano non è il suo migliore amico. Il primo nemico del partigiano è quel pateticismo che al suo migliore amico fa dire: Giovanni lascia perdere che t’ammazzano. Il primo nemico del partigiano non è la sua ragazza, è la rassegnazione della sua ragazza che gli dice: Giovanni, non c’è nulla che puoi fare.
Forse per qualcuno sarebbe poco saggio il primo partigiano a mettere in ordine i suoi nemici e a stabilire chi sono quelli vicini e chi sono quelli lontani e a riconoscere che senza esercito partigiano, la sua battaglia non può essere quella contro il fascista ma quella contro il nichilismo, la vigliaccheria e il conformismo, di quelli che sono i suoi naturali compagni d’armi. Forse il primo partigiano farebbe meglio ad armarsi di fucile e andare a Roma da solo? Forse farebbe meglio a cambiare lo stato fascista da dentro? Forse farebbe meglio a mettersi al fianco delle categorie che vogliono che lo stato fascista aumenti i salari?
Ma il primo partigiano non vuole che lo stato fascista aumenti i salari, il primo partigiano vuole disintegrare lo stato fascista. Il primo partigiano farebbe bene ad avvicinarsi dove c’è malcontento rispetto allo stato fascista. Ma solo per puntare ad usare quell’insoddisfazione come alleato. Alleato nella guerra contro chi, contro lo stato fascista? NO. Alleato nella battaglia contro il nichilismo, la rassegnazione, il menopeggismo e il conformismo dell’uomo insoddisfatto. Tutt’altra guerra combatte il primo partigiano, non contro lo stato fascista ma contro il nichilismo che attanaglia il carattere dei suoi compagni. Tutt’altro nemico e tutt’altri alleati, tutt’altro campo di battaglia. Questo impone l’ordine del conflitto. Non si può assediare il nemico senza armata. E non si può raccogliere un’armata senza un uomo. Quindi il primo partigiano ha tre nemici in ordine di importanza.
Il primo è la propria debolezza, e della vittoria su questo nemico lui è completamente responsabile, il secondo è la debolezza dei propri compagni, e della vittoria su questo nemico lui è molto responsabile, il terzo è la forza dei propri avversari, e della vittoria contro questo nemico lui è responsabile.
Commenti recenti