L’ambientalismo classista
di MARCO TROMBINO (FSI Genova)
Per la prossima legge di stabilità si parla, tra le altre misure, di una tassa sulla plastica. L’intento di introdurre questo originale balzello sarebbe addirittura nobile: rappresenterebbe una maniera di disincentivare l’uso della plastica stessa, in modo che sia sempre meno presente nelle case dei cittadini e quindi fra i rifiuti, nonché evitare che venga conseguentemente dispersa nell’ambiente.
Pare che saranno tassati tutti gli imballaggi per prodotti alimentari, quindi bottiglie, vaschette, tetrapak per latte, contenitori per detersivi e saponi. Ma anche imballi in polistirolo per elettrodomestici quali computer e frigoriferi.
In teoria la tassa dovrebbe essere pagata dalle aziende produttrici, a meno che queste passino alle bioplastiche. In pratica, non è difficile capire che molte aziende continueranno a produrre plastica riversando sul prezzo finale al dettaglio, e quindi al consumatore, l’aumento dovuto a tale nuova tassa. Si potrebbe obiettare che il consumatore intelligente dovrebbe cogliere l’occasione per cambiare le proprie abitudini di spesa e passare a prodotti non imballati con plastica. Ma è sempre possibile questo?
Cominciamo con il caso dei detersivi. Il loro contenitore non può che essere di plastica, quindi l’unica soluzione “ecologica” possibile nei loro casi è acquistare detersivi alla spina. Un’abitudine sicuramente lodevole e consigliabile; peccato però che non in tutti i comuni sia disponibile la vendita di detersivi alla spina, che in molte città anche se presente si trova solo in certi quartieri: si pretende quindi che l’anziana pensionata spenda una giornata intera per recarsi dall’altra parte della città e trasportare a casa notevoli pesi (non potrà andare lontano ogni volta che avrà bisogno di un detersivo), o che un residente di un piccolo comune prenda il treno e si rechi nella grande città dove può trovare il prodotto alla spina – annullando col prezzo del trasferimento il risparmio sul prodotto senza plastica. In pratica, se un cittadino non ha la possibilità logistica di recarsi lontano, si troverà di fronte a supermercati e spacci di quartiere che proporranno prodotti tradizionali a prezzi maggiorati grazie alla nuova tassa.
Non parliamo del latte: o si conserva in tetrapak o in bottiglie di plastica. Si potrebbe produrre in bottiglie di vetro, ma nessuno lo fa più da decenni e, se le aziende produttrici non lo riterranno opportuno, continueranno a produrre gli involucri con materiale tassato. Per la gioia del consumatore che si troverà di fronte al dilemma se pagare di più o smettere di bere latte. Una scelta un po’ complicata, soprattutto per chi in famiglia ha dei bambini.
E gli imballaggi per elettrodomestici? Passi la scopa elettrica, ma si può rinunciare nel XXI secolo a comprarsi un frigo? E si può rinunciare al computer, visto che le amministrazioni pubbliche stanno tagliando sempre di più i dipendenti e stanno digitalizzando tutti i servizi, dalle pagelle di scuola ai verbali degli incidenti stradali? Da una parte si elogia l'”era digitale”, dall’altra parte si aumentano i prezzi degli involucri dei dispositivi e quindi dei dispositivi medesimi.
Se ne deduce che qui non si sta cercando di salvaguardare l’ambiente ma solo di far cassa. Sulle spalle di chi patisce di più l’aumento dei prezzi di prodotti piccoli, ossia gli strati medio-bassi della popolazione. Quelli bassi in modo particolare. Se si desidera davvero evitare l’inquinamento, occorre proibire determinati materiali. La plastica inquina? Bene, la si vieta almeno per certi prodotti alimentari in cui potrebbe essere imballata in altra maniera, altrimenti va a finire che chi se la può permettere continua a comprarla e ad inquinare. E proprio questo è il punto: chi ha determinate possibilità economiche continua ad avere un forte impatto sull’ambiente, una forte impronta ecologica, e deve essere chiaro che boschi e laghi se ne fregano del reddito di chi gli sta buttando dentro bottiglie di plasticaccia. In pratica la tassa non risolve il problema, perché chi può permettersi di devastare l’ambiente continua a farlo.
Questa normativa è un nuovo capitolo dell’ecologia classista, tale per cui se sei ricco continui ad inquinare. Come vogliono certe ordinanze comunali che vietano l’ingresso in date aree a motocicli euro1 di cilindrata 125 ma consentono a SUV euro5 l’ingresso: lo scopo è quello di incentivare l’acquisto di mezzi di classe ambientale più alta, e chi non se lo può permettere va a piedi, ma chi se lo può permettere compra e inquina.
Se si vuole davvero tutelare l’ambiente occorre vietare gradualmente determinati tipi di impatto ambientale, tramite la politica dei divieti: non si può circolare in una certa zona, e deve valere per tutti. Non si può utilizzare un imballo inquinante e deve valere per tutti, e soprattutto deve essere offerta – per legge – un’alternativa a chi acquista. Chi adotta la politica dell’aumento dei prezzi non è interessato a ridimensionare le impronte ecologiche, ma il già magro portafogli dei cittadini meno abbienti.
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