Il Black blok intervistato al TGcom24 è un simulacro, come Renzi
In molti hanno scritto che il ragazzo intervistato dal TGcom24 è un fake, un falso.
Credo, invece che sia un simulacro, qualcosa che appare, dunque un fenomeno, ma non rimanda ad alcuna realtà. Il simulacro, in quanto tale, esiste ma non rispecchia alcuna realtà, sia pure da esso storpiata.
Non è specchio di una realtà, non è anamorfosi (contraffazione voluta della realtà), non è finzione, ma simulacro, stando alla quadripartizione di Baudrillard.
Il sistema mediatico, che ha la funzione di conformare l’opinione pubblica, dona ai simulacri una loro realtà, come fa con tutti gli idoli, poco o tanto seguiti, amati o odiati dalla massa conformata.
Anche Renzi non è che un simulacro, perché nella realtà le persone come Renzi prendono i coppini fino al quinto ginnasio, organizzano pigiama party finanche ai tempi dell’Università, e baciando, abbracciando e facendo i ruffiani raggiungono posticini di qualche rilievo ma non di più.
Un’altro simulacro è Lilly Gruber che, ieri sera, in compagnia del suo ospite usuale,
altro simulacro del potere, Beppe Severgnini, ha fornito una plastica rappresentazione della funzione svolta dai cosiddetti black block. Gianni Barbacetto, infatti, non ha potuto esporre una sola delle innumerevoli motivazioni della protesta. Si è parlato solo delle violenze perpetrate dai teppisti neri. Ci si è chiesti perchè la polizia non sia in grado di fermarli nè di arrestarne
anche uno solo. Domande alle quali, ovviamente, nessuno, neppure il “giornalista” Sechi, altro
simulacro, nè un funzionario di polizia, sono stati in grado di abbozzare una risposta credibile.
I media non hanno bisogno di mentire per affabulare la realtà. Gli basta selezionare tanto le informazioni quanto (più importante) i toni, gli slogans e la simbologia da inculcare nelle povere teste del gregge.
Per quanto poi riguarda la parola magica ‘terrorismo’ (prossima a quella di ‘teppismo’) che gli USA (e coseguentemente le satrapie locali) hanno adottato come formula magico-demonizzante per diffamare i propri avversari, bisogna replicare in riferimento alla definizione weberiana: lo stato è il soggetto che gode del monopolio della violenza organizzata (cioè del terrore).
Tutta la differenza esistente fra un qualsiasi Stato e Al-Quaida (o una qualsiasi forma di guerriglia urbana) è quella fra un terrorismo consolidatosi – direi rappresosi – in un quadro istituzionale (cui il gregge si è abituato e che quindi esperisce nella sua dimensione rassicuratoria di garanzia dell’ordine) e un terrorismo allo stato liquido, che cerca di affermarsi in vista di un futuro consolidamento nella stessa direzione.
Qui prescindo dal fatto che gli scontri di Milano sono una banale scazzottata fra autonomi e sbirri, che la stampa di regime gonfia ad arte un quarto per fare notizia e tre quarti per diffamare ogni forma di antagonismo. Negli anni Settanta nessuno ci avrebbe fatto caso.