Hong Kong: Carrie Lam annuncia la riattivazione dei poteri di emergenza coloniali
di SICUREZZA INTERNAZIONALE (Maria Grazia Rutigliano)
l leader di Hong Kong, Carrie Lam, ha riattivato i poteri di emergenza dell’era coloniale, venerdì 4 ottobre, per la prima volta in oltre 50 anni, nel tentativo di reprimere le manifestazioni che stanno sconvolgendo la città.
Carrie Lam, parlando a una conferenza stampa, ha affermato che il divieto di indossare maschere è effettivo in base alle leggi di emergenza che consentono alle autorità di “prendere qualsiasi provvedimento” in qualunque ambito ritengano di interesse pubblico. Le leggi di emergenza consentono l’imposizione di un coprifuoco, la censura dei media e il controllo dei trasporti. Tuttavia, la Lam non ha specificato il particolare ambito in cui intende attivare tali normative.
Tuttavia, l’annuncio di tali misure non ha fatto che aumentare la rabbia delle piazze. “La legge anti-maschera è diventata uno strumento della tirannia”, ha dichiarato Samuel Yeung, uno studente universitario di 18 anni che stava partecipando ad una manifestazione. “Possono utilizzare la legge di emergenza per attuare qualsiasi politica o legge che il governo vuole. Non esiste più alcuna norma di legge. Possiamo solo essere uniti e protestare”, ha aggiunto. Molti manifestanti indossano maschere per nascondere la propria identità a causa del timore che i datori di lavoro possano subire pressioni per agire contro di loro. “Quasi tutti i manifestanti indossano maschere, con l’intenzione di nascondere la propria identità. Ecco perché sono diventati più sfrenati”, ha dichiarato, invece, Carrie Lam. “Non possiamo mantenere inattivi i regolamenti esistenti e lasciare che la violenza si intensifichi e la situazione continui a peggiorare”, ha aggiunto.
La repressione delle proteste sta diventando progressivamente più dura. Durante le manifestazioni del 1° ottobre, la polizia antisommossa ha utilizzato, per la prima volta, proiettili veri contro la folla di manifestanti. Un gruppo di persone ha reagito lanciando molotov, ma la maggior parte ha tentato di difendersi nascondendosi, secondo quanto ha riferito Al-Jazeera English. Un ragazzo di 18 anni è stato raggiunto da un proiettile al petto. Il giovane è ricoverato per la ferita, ma è stato comunque accusato di partecipazione ad una rivolta. Parlando del ragazzo, i funzionari di polizia hanno definito “ragionevole e lecito” il comportamento dell’agente che ha aperto il fuoco, aggiungendo che l’ufficiale si sentiva minacciato poichè era stato circondato da manifestanti. Centinaia di persone, che indossavano uniformi scolastiche e magliette nere, hanno organizzato un sit-in fuori dalla scuola del diciottenne colpito al petto dal proiettile della polizia, Tsang Chi-kin.
Le mobilitazioni ad Hong Kong sono iniziate il 31 marzo e, dopo pochi mesi, si sono trasformate in una sfida contro il governo della città e contro l’influenza di Pechino. Oggi, sono diventate quotidiane e i leader delle proteste stanno cercando il supporto internazionale contro l’ingerenza cinese nella città semi-autonoma. Il 15 settembre, i manifestanti avevano chiesto anche a Londra di dialogare con la Cina, per costringere Pechino a onorare la Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984, che stabiliva le condizioni per il ritorno di Hong Kong in Cina, nel 1997. In base all’accordo sottoscritto dalle Nazioni Unite, Hong Kong è una città cinese in un quadro noto come “un Paese, due sistemi” che garantisce una serie di libertà alla zona che non sono garantite nella Cina continentale.
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