Un nuovo Marx
di SINISTRA IN RETE (Roberto Fineschi)
1. Il titolo del mio intervento è “Un nuovo Marx”. Da una parte è un titolo un po’ paradossale perché Marx è un autore ben noto, molto letto, molto interpretato. Su di lui si sono scritti fiumi di inchiostro e non solo: la sua faccia era impressa su bandiere politiche, il suo nome è stato utilizzato da molti e in molte direzioni come bagaglio politico ideologico per legittimare movimenti storici, addirittura Stati.
In questo senso, nella misura in cui lo si utilizzava politicamente, era in una certa misura inevitabile creare una ortodossia, perché i movimenti politici che diventano istituzioni hanno bisogno di una verità ufficiale, eterna che, chiaramente, per esigenze di identità e di autolegittimazione , tende irrimediabilmente ad irrigidirsi in formule che piano piano perdono appiglio alla realtà e si trasformano in un formulario da ripetere negli anniversari e nelle celebrazioni.
Sicuramente questo è in parte il destino che l’opera di Marx ha subito in Unione Sovietica o nell’est Europa dove era una dottrina ufficiale di una istituzione e non poteva che essere vera, immodificabile, sicura in secula seculorum. Il diamat ne è l’esempio per antonomasia. Tra gli elementi cardine di queste varie formulazioni avevamo ovviamente che il socialismo reale costituiva l’inveramento delle teorie di Marx: il socialismo reale realizzandosi verificava le previsioni di Marx, l’esistenza di una intrinseca necessità storica per cui alla fine lì si doveva arrivare. Il presunto esito della evoluzione storica era quello che si era verificato.
Questa ideologia ebbe grande forza e direi quasi anche legittimità a suo tempo, perché dava coraggio e speranza ai militanti. Come dire: se il risultato della nostra lotta è quello verso cui tende il corso storico e ciò inevitabilmente accadrà, noi siamo forti perché cavalchiamo l’onda della storia; tutto ciò ci legittima nella nostra azione politica. Questa ideologia che pareva positivamente legittimare il movimento storico-politico nel momento dell’espansione, nel momento del collasso, della fine del socialismo reale (già nel periodo della sua difficile vita almeno dal secondo dopoguerra) suonava come una controevidenza: se Marx prima aveva ragione perché avrebbe sostenuto che il cosiddetto socialismo reale era la verifica delle sue previsioni, il suo crollo schiacciava sotto le macerie del muro non solo quell’esperienza, ma Marx stesso, anche Marx finiva nella spazzatura della storia insieme al socialismo reale. Quindi, il convitato di pietra a queste discussioni su Marx è spesso proprio il socialismo reale.
Gran parte di questi nuovi studi che anche io sto portando avanti e anche altri, come punto di partenza mirano a mostrare che il socialismo reale nel bene e nel male, perché anche di cose positive ne sono successe, non è tutt’uno con Marx.
Ovviamente non è vero che il socialismo reale non c’entra niente con Marx, semplicemente non sono la stessa cosa. Se si parte da questa premessa, la sua teoria, probabilmente, ha ancora qualcosa da dire al presente. Questo è un po’ lo sforzo. Anche perché a ben vedere Marx parla pochissimo del socialismo reale o, meglio, della società futura. Se si vanno a leggere le molte opere di Marx, la società futura è accennata, indicata con poche frasi, non è teorizzata nella sua complessità. Ci sono alcuni spunti come la gestione razionale, però tra l’enunciare il bisogno di una gestione razionale dell’economia e poi mostrare come questa funzioni, sia strutturabile, ce ne corre, e Marx non lo fa. In realtà, Marx sostanzialmente studia il modo di produzione capitalistico, questo è l’oggetto della sua ricerca, studia come funziona il capitalismo. Questa distinzione è importante perché non si può imputare a lui tutto quello che è avvenuto dopo. E’ un discorso aperto che si presta a più interpretazioni. Questa in genere è l’inizio della risposta alla prima obiezione che viene fatta, cioè la presunta identità tra socialismo reale e Marx.
La seconda obiezione che viene sollevata è che Marx parlava sostanzialmente della classe operaia, vedeva nella classe operaia il soggetto storico antagonista al capitale, la classe operaia soprattutto individuata nell’operaio di fabbrica, nell’operaio massa, e che, venendo meno o ridimensionandosi questa figura, verrebbe a mancare la terra sotto ai piedi a uno degli assunti fondamentali e, quindi, di nuovo Marx si sarebbe sbagliato oppure avrebbe avuto ragione entro certi limiti. Alcuni oggi vanno quindi a teorizzare la società post-moderna, post-industriale, post-operaista; cercare i soggetti che non siano gli operai-massa sarebbe andare oltre Marx, cioè utilizzare Marx ma per superarlo, per far vedere come la sua teoria fosse limitata e come ci sia bisogno di andare oltre. Io credo che la questione vada invece affrontato avendo presente i diversi livelli di “astrazione” a cui la teoria è sviluppata.
Prima di entrare nel merito vorrei però fare una breve parentesi relativa alla pubblicazione della nuova edizione critica delle opere di Marx ed Engels, la Marx-Engels-Gesamtausgabe. Alcune delle loro opere tradizionali sono state profondamente interessate dalle novità editoriali. [continua a leggere…]
Fonte: https://www.sinistrainrete.info/marxismo/16204-roberto-fineschi-un-nuovo-marx.html
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