Sconfiggere la povertà
«Cosa serve veramente per contrastare la povertà», si chiedono sul Corriere della Sera (foto 1).
Ecco, noi veramente qualche idea ce l’avremmo e vista l’evidente difficoltà nel comprendere la realtà che li circonda da parte delle penne della stampa dominante, mi sembra giusto dargliela, una mano.
Per contrastare davvero la povertà servono lavoro e salari dignitosi. Talmente tanto lavoro che dovrebbero essere le imprese a competere per i lavoratori e non il contrario.
E come aumenti l’offerta di lavoro e i salari in una crisi pluridecennale di domanda come la nostra? Aumentando la spesa pubblica come se non ci fosse un domani! Con investimenti e milioni di assunzioni.
Perché in Italia, la verità è che ci sarebbe lavoro da fare per le prossime 10 generazioni. Almeno.
Il Paese è più spaccato che mai tra Nord e Sud.
Mentre in Italia il finanziamento pubblico al trasporto ferroviario, già largamente insufficiente per una buona parte del Paese, soprattutto al Sud, è stato ridotto tra il 2009 e il 2018 del 20,4% (foto 2), in Cina nello stesso lasso di tempo lanciavano il progetto dell’altà velocità.
E così mentre fino a una decina di anni fa praticamente l’alta velocità era assente, oggi la Cina ha 30.000 chilometri di rete di alta velocità (foto 3).
Per percorrere la distanza tra Hong Kong e Pechino ci vogliono 8 ore e 56 minuti.
È la stessa distanza che intercorre tra Bruxelles e Atene. Solo che in Europa ci vogliono 44 ore per percorrerla in treno.
L’alta velocità tra Pechino e Shanghai unisce le due città più velocemente dell’aereo e inquinando molto di meno. È quotata in borsa e vale più di Microsoft.
Eppure l’intero sistema ferroviario cinese è un buco nero: 29 milioni di perdite nel primo quadrimestre di quest’anno e 750 miliardi di debiti in tutto.
È un problema? Ma ovviamente no, perché la posta in gioco è molto più alta e importante: unire un Paese intero, la Cina, che è uscito dalla povertà ma non ancora ovunque allo stesso modo.
E ancora, sempre guardando a noi e alla Cina, mentre noi abbiamo svenduto un modello invidiato e studiato da tutti al mondo, l’IRI, per entrare nella trappola unionista, il resto del mondo, Cina in primis, cresceva e andava avanti proprio grazie all’intervento dello Stato nell’economia e a una forte programmazione centralizzata.
Come il piano Made in China 2025 (foto 4), lanciato solo nel 2015 e che ha lo scopo di rendere il mercato cinese indipendente dalle importazioni entro il 2025 nei settori giudicati tecnologicamente strategici per il futuro:
– nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT);
– macchine a controllo numerico (MCN) e la robotica;
– equipaggiamenti aeronautici ed aereospaziali;
– attrezzature di ingegneria marittima e fabbricazione di navi ad altissima tecnologia;
– equipaggiamento ferroviario avanzato;
– veicoli a risparmio energetico;
– miglioramento delle capacità energetiche degli impianti industriali e del Paese;
– nuovi materiali;
– biotecnologie e dispositivi medici ad alte prestazioni;
– macchine e attrezzature agricole.
Come? Ma con una valanga di investimenti pubblici ovviamente! Più di 200 miliardi di euro di investimenti in 10 anni per permettere all’industria cinese di sostituire quella straniera.
E in Italia? In Italia sono più di 30 anni che fanno di tutto per impoverirci e tornare indietro: deindustrializzazione selvaggia, soprattutto da parte dello Stato con la svendita dell’IRI, quasi 3 decenni di avanzi primari, distruzione sistematica della domanda interna, agganci valutari deleteri per il nostro export e, quindi, per la nostra economia, ricerca ossessiva, quasi patologica del vincolo esterno.
Ecco, alle penne del Corriere qualche consiglio su come sconfiggere la povertà ci sentiamo di poterlo dare.
Potremmo per esempio, noi che nell’ultimo decennio i poveri li abbiamo fatti triplicare, prendere il buon esempio da chi nello stesso lasso di tempo ha invece tirato fuori dalla povertà un numero inimmaginabile di persone.
Scopriremmo così che non hanno fatto niente di particolarmente diverso da quello che per tanti anni facemmo anche noi. Scopriremmo così che per sconfiggere la povertà basterebbe fare l’esatto opposto di quello che abbiamo fatto negli ultimi decenni.
Scopriremmo così che, in fondo, ma neanche troppo, quelli che ce la stanno facendo sono quelli che a noi si sono ispirati.
All’Italia migliore, ovviamente, non a quella di oggi.
FSI Editoriale quotidiano del giorno 03/01/2020
Gilberto Trombetta
FSI- Riconquistare l’Italia
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