Risposta a Rinascita, indirizzata anche a Patria e Costituzione, a Senso Comune e a tutti i “sovranisti costituzionali”
del COMITATO DIRETTIVO DEL FSI
L’associazione Rinascita ha scritto una “lettera pubblica ai sovranisti costituzionali” dal titolo eloquente “Diamoci una mossa”.
Sapendo che la lettera è indirizzata anche a noi, rispondiamo prendendo posizione e indirizzando la nostra lettera pubblica – che contiene sia un motivato rifiuto della proposta avanzata da Rinascita sia una controproposta – non soltanto a Rinascita ma anche a Patria e Costituzione e a Senso Comune, nonché, proprio per il carattere pubblico, a tutta l’area dei cosiddetti “sovranisti costituzionali”.
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- Due opposte strategie.
L’associazione Rinascita propone una chiara strategia: tutti i “sovranisti costituzionali” si impegnino fin da ora nella costruzione, sia pure “alla fine di un percorso non breve”, di “un partito unitario, che ovviamente contempli l’esistenza di diverse aree politico-culturali”.
Dunque, si dovrebbe iniziare subito un lungo percorso per la costituzione di un partito unitario nel quale vi sia posto per “diverse aree politico-culturali”.
Si tratta di una strategia che non esitiamo a definire opposta a quella che abbiamo in mente, che abbiamo sempre suggerito, che è (in parte) fissata nello Statuto del FSI e che può così essere sintetizzata:
- ogni associazione proceda da sola per un lungo periodo – salvo forme di collaborazione – , dimostrando di saper crescere per numero di militanti, livello di azione politica, capacità organizzativa ed entusiasmo;
- poi diciotto-dodici mesi prima della data delle elezioni del 2023, si fonderanno o alleeranno (non si può sapere oggi cosa sarà possibile o opportuno domani), in un tempo brevissimo (due tre mesi), soltanto le forze che abbiano dimostrato di valere – si dovrà evitare di imbarcare forze che non abbiano dimostrato di valere o che abbiano addirittura dimostrato di non valere (cosa significhi valere sarà chiarito in seguito);
- dalla fusione o alleanza dovrà altresì venir fuori una linea unica – politica e strategica, contenutistica e di azione, di linguaggio e organizzativa – molto rigorosa, che vincoli tutti coloro che la condividano all’80% a difenderla e diffonderla al 100%; quindi, fino almeno al primo grande successo elettorale, si avrà un partito o alleanza senza aree politico-culturali ma anzi con disciplina militare (Gramsci avrebbe scritto di un “esercito politico organicamente predisposto.”).
- Lo Statuto del FSI
Il nostro Statuto prevede, nei commi 3° e 4° dell’art 6, rubricato “Scopo di fase” e relativo all’attività da svolgere nel quadriennio 2016-2020:
“3) Lo scopo in tale fase sarà dunque quello di trasformare l’embrione del nuovo partito in una solida e consistente frazione di un’alleanza di forze politiche sovraniste. Il FSI promuoverà tale alleanza soltanto con quelle formazioni che abbiano dimostrato di essere vitali, radicate ed attive sul territorio, di saper crescere continuativamente per numero di associati e di essere solide, ossia di non subire significative scissioni.
4) L’Assemblea nazionale del 2020 modificherà l’Atto Costitutivo e lo Statuto per la disciplina della fase successiva. Per questa modifica sarà sufficiente la maggioranza dei soci presenti in Assemblea”.
Differenze enormi dunque separano la strategia che ci siamo imposti e alla quale non possiamo derogare nemmeno con il consenso del 99% dei soci, perché fino all’assemblea nazionale del 2020 lo Statuto è immodificabile, da quella che suggerisce Rinascita.
3. Una considerazione di buon senso.
Ci teniamo a chiarire perché abbiamo scelto una diversa strategia – che crediamo sia la sola in grado di fornire qualche possibilità di riuscire nel compito gigantesco che ci siamo prefissi – rispetto alla proposta di Rinascita, che invece ci appare, se non suicida, comunque opposta alla nostra strategia.
Fin da quando, per primi o quasi, comunque insieme a pochissimi altri, decidemmo di costituire un’associazione sovranista (introducendo questo allora sconosciuto neologismo per designare una posizione politica nazionale), fummo sommersi da richieste, formali o informali, di collaborazione, provenienti da associazioni, da attivisti di associazioni, da gruppi facebook, da (pretese) liste civiche nazionali, da Comitati di Liberazione Nazionale, da Comitati del Popolo Sovrano e altro ancora.
La strategia comune a tutti i nostri interlocutori era: creare un gruppetto o un’associazione o addirittura semplicemente un sito, un gruppo facebook o una rivista e poi proporre ad altri gruppi, siti, associazioni, talvolta politici, spesso soltanto divulgativi, l’unione o la federazione o il coordinamento.
Ci apparve subito una strategia totalmente insensata.
Infatti, il tentativo di unione o federazione o coordinamento dei vari gruppi appena costituiti, senza che i gruppi abbiano prima dimostrato indubitabili capacità, conduce inevitabilmente a creare “tavoli di lavoro” nei quali siedono persone che ancora non hanno dimostrato assolutamente nulla sotto il profilo politico (eventualmente ma non sempre, possono aver scritto buoni o discreti documenti ma ciò, come è evidente, non significa assolutamente nulla circa le capacità organizzativa e di azione politica di queste persone). E ciò è già sufficiente ad affermare che il fallimento sarà certo, tenuto conto anche della difficoltà estrema dell’obiettivo: creare un nuovo partito, il partito della rivoluzione italiana contro il neoliberalismo.
- Altro è gestire, altro costruire.
Può darsi che in passato le persone che ancora non hanno dimostrato di saper costruire abbiano gestito sezioni, collettivi o federazioni. Tuttavia, a parte che non basta aver svolto attività, perché bisogna verificare i risultati, che in ipotesi ben possono essere stati fallimentari, il punto decisivo è che altro è gestire un organo collettivo e persino un settore tematico o organizzativo di un partito (perfino di un grande partito) strutturato, con una lunga storia, un patrimonio, un simbolo e un nome noti, altro è creare un partito.
Diremmo anzi che quando si intraprende questo arduo compito – creare ex novo un partito -, ci si deve liberare dagli insegnamenti appresi dalle prassi sviluppate nella gestione, quand’anche si sia dimostrato di essere grandi gestori. Questa almeno è la nostra esperienza, nella quale i pochissimi che avevano un passato di militanza: i) non sono stati tra i migliori; ii) spesso – non diversamente da altri che non avevano militato – non sono riusciti a formare il gruppetto nella loro città o contrada; e iii) in un numero alto di casi hanno ceduto presto alle prime difficoltà, mostrando di essere privi della benché minima tenacia, quando, per lo scopo che ci siamo prefissi, serve tenacia a un livello stratosferico.
Scopo, strategia, tempi e modalità di azione sono diversi, nella gestione e nella costruzione: se non ci si libera da ciò che si crede di sapere per aver acquisito conoscenze nella gestione, si fallirà sicuramente nella costruzione.
- Sei anni di esperienza.
I gruppi che ci proponevano “alleanze” o coordinamenti, che noi puntualmente rifiutavamo,
o sono finiti nel dimenticatoio: le prime liste civiche nazionali o i primi pretesi CLN nati sulla rete, di cui nessuno rammenta nemmeno i nomi (parliamo del 2012);
o sono rimasti minuscoli ed esistono soltanto sulla carta e su qualche pagina facebook: per esempio il Movimento Distributista;
o hanno mutato strategia e sostengono il governo gialloverde dopo aver incasellato innumerevoli fallimenti: per esempio, i curatori del blog Sollevazione, dopo aver creato il Movimento Popolare di Liberazione, il Coordinamento della sinistra contro l’euro, P101, e la Confederazione per la liberazione nazionale, oggi sono impegnati nel singolare, e per noi insensato, tentativo di difendere il Governo gialloverde, chiaramente liberale, e quindi europeista e anti-sovranista;
o hanno subito scissioni immediatamente dopo la creazione dell’associazione e quasi con la stessa rapidità di sono dissolti: è il caso di Alternativa per l’Italia (ALI), dove Nino Galloni, Marco Mori, Maurizio Gustinicchi, Antonio Maria Rinaldi e Luigi Pecchioli non hanno dato buona prova come promotori e costruttori di un soggetto politico;
o hanno dimostrato di non saper crescere ed hanno finito per sostenere nelle elezioni politiche una forza non sovranista come PaP: è il caso di Risorgimento Socialista;
o erano imperniati su una persona che a un certo punto ha abbandonato l’associazione che aveva promosso, lasciando l’associazione senza alcuna spinta propulsiva (è il caso di Riscossa Italia).
Ma a questo panorama disarmante vanno aggiunte:
iniziative politiche che sono durate lo spazio di un giorno, per esempio, Diego Fusaro, si è accontentato di promuovere un’associazione culturale (“Interesse nazionale”) soltanto dopo aver promosso un “movimento politico” presentato il 28 aprile 2016 ad Agrigento (c’è traccia sulla rete) e del quale poi nessuno ha più sentito parlare;
iniziative divulgative promosse da personaggi autorevoli, che sono abortite in meno di un anno: è il caso di Riscossa Italiana, associazione promossa da Luciano Barra Caracciolo;
infine, non bisogna dimenticare le associazioni nate in seguito all’evento organizzato a Rimini da paolo Barnard nel 2012, evento al quale furono presenti quasi duemila persone: traendo occasione da quell’evento, almeno settecento attivisti si organizzarono per divulgare la MMT; accadde però che le organizzazioni di divulgazione si moltiplicarono per litigi e scissioni e con il passar del tempo gli attivisti che agiscono fuori dalla rete sono rimasti pochissimi, anche se di buon livello teorico, sotto il profilo della teoria politico-economica.
Questa è la realtà del movimento sovranista – alla quale andrebbe aggiunta, oltre al FSI e ai destinatari di questa lettera, l’associazione “a/simmetrie”, se non fosse vero il fatto che i soci e i simpatizzanti di questa “associazione” non si sono mai attivati per svolgere azioni nelle città italiane, nemmeno per organizzare proiezioni del documentario “La Grecia, il più grande successo dell’euro” da essi finanziato e realizzato, salvo invitare talvolta a parlare Alberto Bagnai; sicché essa è stata più una (importante) “fondazione” di ricerca e divulgazione, fondata e diretta da una persona, che una vera associazione.
Una realtà forse sconosciuta a chi è approdato in ritardo alla critica radicale dell’Unione Europea. Una realtà fatta di capacità di diffondere idee, soprattutto sulla rete, ma nello stesso tempo di incapacità organizzativa e di azione e di totale assenza, nei più, di capacità di analisi politica e di lungimiranza.
- Evitare le addizioni apparenti, che in realtà sono sottrazioni.
Orbene se noi ci fossimo coordinati, federati o fusi con le associazioni menzionate ed altre, saremmo già morti.
Invece, intuimmo fin da principio che il sovranismo, la nostra idea radicale, avrebbe creato uno spazio politico vuoto e che tale spazio sarebbe stato riempito: da persone in buona fede ma eventualmente incapaci; da personaggi in cerca di notorietà; da mattacchioni della rete; da intellettuali che avrebbero ostacolato l’organizzazione; da intellettuali che l’avrebbero promossa, senza tuttavia (avere la capacità di) capire che dovevano dismettere e sacrificare i panni dell’intellettuale; da individualisti e narcisi.
Capimmo anche che molti partiti esistenti avrebbero finto di essere sovranisti o semi-sovranisti, al fine di continuare ad ingannare il popolo (la declamazione sovranista sarebbe divenuta marketing politico utilizzato anche da liberali europeisti e quindi antisovranisti).
Perciò, decidemmo di non avere nessun rapporto con le forze politiche esistenti in Parlamento e, pur avendo invitato nelle nostre assemblee i rappresentanti di pressoché tutte le associazioni di area sovranista, dicemmo sempre ciò che diciamo oggi a Rinascita, Patria e Costituzione e Senso Comune e a tutti i “sovranisti costituzionali”: l’alleanza non deve avvenire tra chi non ha dimostrato ancora nulla o addirittura ha dimostrato di non avere capacità o magari non ha ancora dimostrato una decisa volontà; se si alleano o coordinano un’associazione che ha dimostrato di saper lavorare e crescere e una che ancora non ha dimostrato nulla o addirittura ha dimostrato di non saper agire e crescere, l’operazione non sarà una somma – che comunque non potrebbe superare un addendo, visto che l’altro è zero – ma sarà una sottrazione, perché diminuirà la lungimiranza, la capacità e l’efficacia organizzativa e di azione nonché il livello umano medio della classe dirigente. In questo caso la somma si avrà soltanto se l’associazione che ha dimostrato di non saper progredire, si scioglie e i suoi uomini entrano nell’altra, accettandone integralmente linguaggio, organizzazione, contenuti e forme di azione.
Devono unirsi – fondersi o allearsi– soltanto associazioni che abbiano dato dimostrazione di saper individuare un modello organizzativo e di azione funzionante, di saper superare i mille personalismi e altri ostacoli che conducono a scissioni, di saper vincere con tenacia e pazienza le innumerevoli difficoltà che il compito gigantesco che ci siamo prefissi naturalmente pone, di raccogliere uomini che per carattere e personalità siano capaci di attrarre altri associati, di utilizzare un linguaggio che funzioni (il linguaggio è parte dell’azione: è giusto quello che è efficace).
Soprattutto, è necessario aver dimostrato che si è stati in grado di crescere a lungo, per numero di militanti e per livello di azione politica, senza subire scissioni, generando continuamente un aumento dell’entusiasmo. Quando la crescita degli associati o meglio dei militanti (gli attivi) si ferma, l’associazione è morta, perché sarà impossibile reggere allo sconforto e ci si tufferà nelle auto-critiche le quali, se hanno un senso quando si tratta di gestire partiti esistenti – ma non lo hanno (non si sbaglia mai; la verità è che non si avevano le capacità di capire o di fare) –, sono certamente pure rimozioni, quando si tratta di realizzare un compito tanto difficile, come il nostro: costruire il partito della rivoluzione italiana.
- Costruire il nuovo partito: un compito gigantesco, che richiede umiltà
Se la nostra strategia è fondata sul buon senso e sull’esperienza, e perciò è sempre valida, essa vale in misura superiore e diremmo in modo assoluto e incondizionato, quando lo scopo dei gruppi che si vanno formando è concorrere alla costruzione di un vero nuovo grande partito. Alludiamo a un nuovo vero grande partito e non a partiti come il PDS o i DS o il PD o AN o Fd’I o RC o SEL o UDC o CCD, ecc. ecc., che sono nati da trasformazioni di partiti esistenti o da scissioni furti e fusioni di classi dirigenti di partiti che andavano trasformandosi o morendo. Nuovi partiti sono stati nel dopoguerra, a parte l’“Uomo qualunque”, il Partito Radicale (trascorsero 18 anni dalla scissione dal PLI dei liberali di sinistra, capeggiati da Pannella, all’entrata in Parlamento), la Lega Nord (trascorsero dodici anni dall’inizio del lavoro di Bossi allo sfondamento nelle amministrative del 1991, che anticipò il successo delle politiche del 1992), Forza Italia (che ha note peculiarità e per metà è riciclo di vecchia classe dirigente di secondo livello) e M5S (trascorsero otto anni dalla fondazione dei primi meet up all’entrata trionfale in Parlamento).
I casi in cui nella storia d’Italia si è riusciti in un compito così immane sono talmente pochi che nessuno può pensare e sostenere: io so cosa si deve fare, cosa è opportuno e cosa è meglio – persino la mozione di Imola diede luogo alla scissione di un partito organizzato ed esistente da ventinove anni, e infatti consentì di eleggere di li a poco alcuni parlamentari nazionali; quindi si proponeva un obiettivo molto più agevole da realizzare, rispetto a quello che si stanno ponendo i “sovranisti costituzionali”. Né si può affidare a una deliberazione di una maggioranza di autoconvocati, che nulla hanno dimostrato, la passione di militanti pronti a dedicare al progetto l’intera vita.
Questo è un campo nel quale contano soltanto i fatti.
Sa fare chi dimostra di aver saputo fare.
Sa aggregare chi dimostra di aver saputo aggregare.
E’ lungimirante chi ha dimostrato di esser stato in più occasioni lungimirante.
E’ paziente e tenace chi ha dimostrato pazienza e tenacia.
Sa far lievitare l’entusiasmo chi ha diretto un gruppo che vive e cresce da tempo e ha visto aumentare continuamente l’entusiasmo degli associati.
Sa evitare scissioni il gruppo che ha dimostrato di non subirne per anni.
Sa mantenere la barra dritta il gruppo che ha seguito un preciso itinerario per anni, senza mai cambiare strada.
Tutto il resto è indiscutibilmente chiacchiera presuntuosa, anche se provenga dal più raffinato degli intellettuali: va sempre tenuto presente l’insegnamento di teoria della prassi di Lenin, secondo il quale è meglio che in un partito non stiano dieci ottimi militanti ma non vi sia nemmeno un chiacchierone, anziché ci siano i dieci ottimi militanti ma vi sia anche il chiacchierone.
- Due lezioni di Antonio Gramsci.
Tutto ciò che è scritto in questa lettera pubblica e che abbiamo messo in pratica per sei anni, trova riscontro in due magistrali lezioni di Antonio Gramsci sulle modalità “molecolari e atomistiche” con le quali nasce un nuovo partito, e sul “compito di elaborare dirigenti capaci” che hanno i partiti.
Gramsci ha posto in risalto il carattere molecolare e minutissimo delle azioni che costituiscono “il lavorio da cui nasce una volontà collettiva di un certo grado di omogeneità”:
“Si potrebbe studiare in concreto la formazione di un movimento storico collettivo, analizzandolo in tutte le sue fasi molecolari, ciò che di solito non si fa perché appesantirebbe ogni trattazione: si assumono invece le correnti d’opinione già costituite intorno a un gruppo o a una personalità dominante.
È il problema che modernamente si esprime in termini di partito o di coalizione di partiti affini: come si inizia la costituzione di un partito, come si sviluppa la sua forza organizzata e di influenza sociale ecc.
Si tratta di un processo molecolare, minutissimo, di analisi estrema, capillare, la cui documentazione è costituita da una quantità sterminata di libri, di opuscoli, di articoli di rivista e di giornale, di conversazioni e dibattiti a voce che si ripetono infinite volte e che nel loro insieme gigantesco rappresentano questo lavorio da cui nasce una volontà collettiva di un certo grado di omogeneità, di quel certo grado che è necessario e sufficiente per determinare un’azione coordinata e simultanea nel tempo e nello spazio geografico in cui il fatto storico si verifica” (Quaderno 8 §195).
Il carattere molecolare e atomistico della nascita e dello sviluppo di un movimento dunque, lungi dall’essere un difetto è una necessità; non è un ostacolo da superare ma ricchezza da valorizzare, anzi condizione necessaria dello sviluppo.
Ma perché il movimento di idee, di tutela di interessi, e di visioni storiche diventi partito è necessario che siano emersi “dirigenti capaci”. Unione (o alleanza) e selezione, consolidamento e lievitazione sono la stessa cosa:
“Si potrebbe servirsi metaforicamente di questa legge per comprendere come un «movimento» o tendenza di opinioni, diventa partito, cioè forza politica efficiente dal punto di vista dell’esercizio del potere governativo; nella misura appunto in cui possiede (ha elaborato nel suo interno) dirigenti di vario grado e nella misura in cui essi dirigenti hanno acquisito determinate capacità. L’«automatismo» storico di certe premesse (l’esistenza di certe condizioni obbiettive) viene potenziato politicamente dai partiti e dagli uomini capaci: la loro assenza o deficienza (quantitativa e qualitativa) rende sterile l’«automatismo» stesso (che pertanto non è automatismo): ci sono astrattamente le premesse, ma le conseguenze non si realizzano perché il fattore umano manca. Perciò si può dire che i partiti hanno il compito di elaborare dirigenti capaci, sono la funzione di massa che seleziona, sviluppa, moltiplica i dirigenti necessari perché un gruppo sociale definito (che è una quantità «fissa», in quanto si può stabilire quanti sono i componenti di ogni gruppo sociale) si articoli e da caos tumultuoso diventi esercito politico organicamente predisposto.” (Quaderno 13, XXX §31)
Formare dirigenti capaci è dunque la funzione essenziale dei partiti esistenti, funzione che assume forme diverse e non cessa mai ma anzi diviene sempre più importante quando un partito è al Governo.
Tuttavia, tale funzione, a nostro avviso, è fondamentale anche nel lungo processo di nascita del partito – nella fase molecolare e atomistica del “movimento” o delle prime organizzazioni – dove l’unione degli atomi, la trasformazione di cellule in embrioni, lo sviluppo di questi ultimi, quindi la selezione dei gruppi, alcuni dei quali crescono mentre altri muoiono (e con essi ipotetici dirigenti), e l’emergere di gruppi più efficaci, meglio organizzati, più attraenti, più disciplinati, sono avanzamenti che si verificano esclusivamente grazie a capacità generali e specifiche (connesse alla fase), che è bene ed è interesse di tutti che si esplichino, si esercitino, si mostrino, risaltino, assumano un valore oggettivo e siano, infine, acclamate da tutti alla dirigenza del futuro partito.
- Un rifiuto motivato e ragionevole.
Il nostro non è dunque un rifiuto immotivato, perché al contrario è ampiamente motivato. Né è un rifiuto irragionevole, perché, alla luce delle osservazioni che precedono, si dovrà convenire che dietro di esso e dietro la nostra diversa e anzi opposta strategia c’è buon senso, prassi (esperienza) e teoria della prassi e proprio per questa ragione ci siamo dati un vincolo ineludibile, fissando la strategia di fase in un atto costitutivo immodificabile fino al 2020.
Il motivato e ragionevole rifiuto, d’altra parte, non chiude a future alleanze o fusioni, né a immediate collaborazioni.
Tutt’altro.
10 Cosa siamo oggi, dopo sei anni e mezzo dalla fondazione dell’ARS (l’associazione che ha preceduto il FSI).
Noi oggi siamo un’associazione con più di 700 associati (e almeno altrettanti stretti simpatizzanti), pressoché tutti, in qualche modo, attivi (veri militanti), la metà molto attivi. E la cosa più importante è che quasi nessuno, se non ormai nessuno, aveva esperienza di militanza se non lontane di un paio di decenni. L’età dei militanti nel 95% dei casi è compresa tra i 20 e i 55 anni.
Siamo nati sei anni fa e siamo continuamente cresciuti per numero di associati, livello dell’azione politica, capacità di analisi politica e approfondimento analitico dei temi studiati, visibilità ed entusiasmo.
Il livello dell’azione politica attuale è il seguente.
Nel 2018 abbiamo raccolto le firme sufficienti a candidarci nelle regionali del Lazio e nelle provinciali in Trentino e ci siamo candidati. E stiamo raccogliendo e raccoglieremo le firme necessarie per candidarci nelle regionali abruzzesi, che si svolgeranno il 10 febbraio. Abbiamo presentato una lista nelle elezioni comunali di Avezzano (AQ) nel 2017, una lista nelle elezioni comunali di Cepagatti (PE) nel 2018 e l’anno prossimo ci candideremo sicuramente nelle elezioni comunali di Pescara.
Abbiamo candidato alle cariche di Presidente un avvocato della Banca d’Italia nel Lazio, un assegnista di ricerca in ingegneria ambientale in Trentino e candideremo un docente universitario di diritto privato in Abruzzo. Siamo dunque profondamente popolari ma capaci di esprimere un primo nucleo di classe dirigente: abbiamo militanti-intellettuali e non intellettuali-militanti (anche quando nella vita fanno gli intellettuali).
Siamo già impegnati, inoltre, nel tentativo di candidarci nelle elezioni regionali del maggio 2019 in Piemonte e in Calabria e del novembre 2019 in Emilia Romagna, sebbene, almeno in due dei tre casi, potremmo avere più difficoltà a raccogliere le sottoscrizioni necessarie per presentare le liste.
Gli scopi immediati delle nostre candidature alle elezioni regionali (progettiamo di candidarci in altre 4-5 regioni nel 2020) sono due: farci conoscere sfruttando la par condicio, grazie alla presenza nelle trasmissioni televisive regionali e locali e rilasciando interviste sulla più importante stampa locale e regionale; e imparare al livello locale a raccogliere le sottoscrizioni, anche con poche forze, per essere pronti a raccogliere le sottoscrizioni per le elezioni nazionali del 2023.
In poco più di due anni abbiamo compiuto più di 500 azioni sui territori (banchetti, volantinaggi, conferenze, convegni, presentazione di documenti, riunioni con simpatizzanti), tutte rendicontate in rete.
Per quanto riguarda la lungimiranza, la profondità dell’analisi politica e l’approfondimento dei temi, rivendichiamo di aver introdotto i neologismi “sovranismo” e “sovranisti” il 13 dicembre 2011. I due termini erano utilizzati per designare una posizione politica in Sardegna, a metà, per così dire, tra autonomisti e indipendentisti. Noi abbiamo inteso il sovranismo come istanza di riconquista della sovranità volta a ricollocare, anche di fatto, la Costituzione economica, frutto del pensiero socialista italiano e del personalismo cattolico, al vertice dell’ordinamento italiano.
Rivendichiamo altresì di essere stati i primi a portare sulla rete e nel dibattito politico il tema del contrasto tra Costituzione e Trattati, noto fino ad allora soltanto a rare dottrine giuridiche (si veda qua e si legga qua) – la tesi ha avuto significativa diffusione ed è stata ripresa, tra altri, da Barra Caracciolo e Giacché – nonché a rammentare , nel dibattito svolto sulla rete, il carattere patriottico del partito comunista di Togliatti (si legga qua, già nel 2009, qua qua qua e la citazione di Renzo Laconi qua) e in generale la necessità dello Stato nazionale per il socialismo, sia in Marx che secondo logica (si legga qua e qua).
Rivendichiamo di aver contestato da sempre la tesi economicistica, diffusa nell’area sovranista ma rivelatasi fallace, secondo la quale la fine dell’euro era “imminente”, perché la Germania stava segando il ramo sul quale era seduta, sicché sarebbe bastato stare seduti lungo la riva del fiume ad attendere i cadaveri. Abbiamo scritto, invece, fin dal 2011, nel “Progetto” dell’ARS (2011), l’associazione che ha preceduto il FSI, che stavamo iniziando “una lunga lotta di liberazione”, che si trattava di promuovere; così come abbiamo spesso osservato che il sovranismo è “il destino di una generazione”.
L’organizzazione che ci siamo dati ha funzionato, se noi abbiamo resistito, siamo cresciuti, sotto tutti i profili, mentre tutti gli altri gruppi hanno desistito o sono falliti o sono restati gruppi facebook. Quanto a fede ed entusiasmo, dopo oltre sei anni ne abbiamo quanti non ne abbiamo mai avuti. Rivendichiamo, dunque, anche una certa capacità organizzativa, non in senso assoluto, ma in relazione ad altri gruppi che si sono impegnati (rifiutiamo per educazione i giudizi assoluti e consideriamo soltanto i giudizi relativi).
Abbiamo poi approvato, sempre all’unanimità, talvolta con qualche astensione, sedici documenti, dedicati a temi di grande importanza. Per chi volesse almeno sfogliarli, sono i documenti su Lavoro e previdenza sociale, sulla Repressione della rendita finanziaria e sul sistema finanziario nazionale, sulla Riforma tributaria, sulla Riforma del sistema bancario, sulla Disciplina del finanziamento dei Comuni, sulla Scuola, su Concorrenza e libere professioni, sui Problemi della ricerca scientifica, sulla Strategia energetica per l’Italia, sull’Immigrazione, sui Diritti civili bioetici, sulla Repressione della rendita urbana, sulla Disciplina delle scommesse, sulle Imprese pubbliche. I principi fondativi sono poi espressi nell’ Atto Costitutivo e nel Documento di Analisi e proposte, che ne è parte integrante. Giudichino i nostri amici e i curiosi la coerenza tra le prese di posizione, e quindi l’esistenza di un sistema di pensiero, nonché il crescente livello dell’approfondimento dei singoli temi.
Non abbiamo mai cercato la visibilità, anzi abbiamo sempre detto che il partito prima si costruisce e poi si porta in televisione. Ci riferiamo a un partito serio, che deve durare decenni, classico, anche se partito di militanti e non di tesserati e dunque con molti meno iscritti rispetto ai vecchi partiti di massa; non al partito liquido, perché se un partito serio può fallire nello scopo, il partito liquido è destinato al fallimento oppure al nichilismo, ossia a non avere scopi.
Tuttavia, abbiamo cominciato ad acquisire in piccola parte visibilità, sia partecipando alle tribune politiche regionali, sia ricevendo l’intervista di Byoblu, sia ricevendo un’intervista piuttosto lunga e completa dalla RAI nazionale, che andrà in onda a febbraio, sia ricevendo annunci di inviti in un’altra trasmissione televisiva nazionale, sia rilasciando interviste a radio regionali, anche molto seguite.
- Una promessa, la nostra proposta e le forme di collaborazione immediata.
Ci sentiamo di promettere ai destinatari di questa lettera pubblica che nelle elezioni del 2023 saremo in grado di apportare nella futura alleanza dei “sovranisti costituzionali” (o nel partito che nascerà) e quindi di schierare nella campagna elettorale 1500 militanti di valore, che saranno maturati e avranno imparato; avremo un apparato ed esperienze tali da consentirci di raccogliere le sottoscrizioni in quasi tutte le circoscrizioni; e disporremo di moltissimi candidati validi, ossia non soltanto in grado di parlare bene in pubblico e rilasciare interviste, ma anche di saper mobilitare, poco o tanto, persone – amici, conoscenti, estimatori, simpatizzanti e militanti – che li aiutino nella campagna. Dal 2020 ci proporremo di riuscire ad apparire in modo sistematico in TV ma ovviamente non possiamo promettere ciò che non dipende soltanto da noi.
Ai destinatari di questa lettera rivolgiamo quindi una proposta: superate i dubbi, che in alcuni ancora permangono sul recesso (abbiamo seguito i lavori dell’assemblea nazionale di Senso Comune, dove alcuni hanno suggerito di “andare cauti” sul semplice abbandono dell’euro e altri hanno affermato che la riconquista della sovranità sarebbe un tema che interesserebbe “allo 0,3% degli elettori”) e concorrete a costituire il “partito del recesso”.
Di partiti che criticano “questa Europa”, tutti partiti inutili e farlocchi, quinte colonne del grande capitale, ve ne sono e ve ne saranno per sempre, di tutti i tipi (il prossimo, che durerà lo spazio di una stagione, sarà quello di De Magistris).
Non è la critica o una particolare critica di “questa Europa” che manca. Manca il partito del recesso: recedere per riconquistare i poteri necessari per ripristinare interventismo, dirigismo, statalismo, redistribuzione, socialità e protezione nell’economia, nonché per liberarci dalle spinte “culturali” promosse dall’Unione europea, le quali ci condizionano in settori che alcuni considereranno sovrastrutturali, come la scuola pubblica, ma che sono vitali e fondamentali.
E, superati i dubbi, impegnatevi a costruire, non un partito che da solo possa candidarsi alle elezioni nazionali del 2023, bensì un partito che sia una forte e solida frazione dell’alleanza che stipuleremo nel 2022, oppure, se sarà possibile fondare il partito unitario, una solida formazione che apporti un significativo contributo al partito che nascerà dalla fusione delle frazioni.
Usate il vostro metodo, seguite o elaborate il vostro progetto, utilizzate il linguaggio che reputate opportuno, contattate le persone che credete possano entrare nelle vostre schiere, svolgete le azioni più efficaci tra quelle che siete in grado di compiere, spingete tutti i militanti ad agire, e soprattutto siate umili. Sappiate che per quanto modesto sarà il vostro risultato, se crescerete ogni anno, se aggregherete, se sarete tenaci e capaci, se svilupperete capacità, se riuscirete a far lievitare l’entusiasmo, noi nel gennaio-giugno 2022 ci saremo per costruire, assieme a voi, l’alleanza o il partito della rivoluzione italiana.
E non è detto che saremo i soli. Può ben darsi che nel M5S si aprirà una crisi dalla quale potrebbe nascere una nuova frazione. E può anche accadere che la frazione potenziale che avrebbe potuto far capo ad Alberto Bagnai torni sui propri passi, constatando il fallimento della strategia entrista sperimentata in questa legislatura. Se saremo tutti uniti, il partito del recesso, ossia il partito della rivoluzione italiana, finalmente nel 2023 entrerà in Parlamento.
In quale modo si può collaborare nel frattempo in questi tre-quattro anni che ci separano dall’alleanza strutturata o dalla fusione?
Crediamo che si possa collaborare in tre forme, sempre con riguardo ad azioni specifiche.
In primo luogo chiediamo di ricorrere alla forma di collaborazione più generosa e sincera: chiedere e prestare aiuto. Se una formazione si sta candidando in una città o in una regione e chiede aiuto, bisogna aiutarla a raccogliere le firme, segnalare consiglieri comunali disponibili ad autenticare, fornire uno o più candidati, se possibile e necessario. Se un’associazione organizza un’iniziativa in una città o contrada, i militanti e simpatizzanti delle altre rispondano all’invito e siano presenti all’iniziativa. Se un associato isolato di una associazione è disposto a compiere un’azione in una città o contrada, ma è appunto isolato, i militanti delle altre associazioni lo aiutino e gli diano il supporto di cui abbisogna e che egli ha richiesto.
In secondo luogo si deve collaborare quando è necessario, ossia dove a causa della presenza di militanti isolati non in grado per carattere di agire, senza la collaborazione di due (o più) associazioni l’azione non sarebbe compiuta.
Infine si può collaborare organizzando assieme iniziative culturali, per esempio la presentazione di libri, cosa che stiamo già facendo.
Per il resto ogni gruppo deve lottare contro se stesso, per crescere e poter dire un giorno: abbiamo lavorato per tanto tempo e piuttosto bene e ora siamo in grado di dare il nostro contributo al partito della rivoluzione italiana.
Cari amici del FSI,
voglio semplicemente segnalarvi un’imprecisione.
Esprimendo un giudizio sull’associazione a/simmetrie scrivete che “i soci e i simpatizzanti di questa “associazione” non si sono mai attivati per svolgere azioni nelle città italiane, nemmeno per organizzare proiezioni del documentario “La Grecia, il più grande successo dell’euro” da essi finanziato e realizzato”
A tal proposito preciso che: il documentario è stato finanziato da una raccolta fondi in rete e libere donazioni e, per la parte mancante a coprire le spese vive, da un gruppo (che mi comprende) ancor più esiguo di 3\4 persone.E’ stato poi realizzato attraverso il lavoro gratuito di alcune persone. Tutto sempre a titolo personale.
L’unica associazione che è intervenuta è Lire, da me presieduta, che è servita a dare un supporto legale e pratico (ad es. l’apertura di un conto corrente per la raccolta fondi) all’intera operazione.
Può quindi essere che alcuni soci di a\simmetrie abbiano partecipato alla realizzazione e/o al finanziamento del documentario,ma come già detto, a titolo personale e comunque in misura parziale. Un ultima precisazione, il titolo del documentario è “Il più grande successo dell’euro” e non “La Grecia, il più grande successo dell’euro”.
Bisogna rileggere l’art.11 Cost., su cui si fonda la partecipazione dell’Italia a centinaia di Organizzazioni inter-nazionali. Perché si parla soltanto di UE e mai di Organizzazione Internazionale del Lavoro (eppure l’Italia si fonda sul lavoro!), di Organizzazione Mondiale del Commercio, di International Standards Organization? Ne “Il Bandolo dell’euromatassa” racconto gli espedienti che tengono artificialmente i riflettori puntati sul defunto mercato europeo invece che sulla realtà del mercato globale. Vedi: http://www.dariociccarelli.org