Onoriamo il Patriota Comunista Concetto Marchesi
di Stefano D'Andrea
Il I dicembre 1943, Concetto Marchesi, illustre figura di latinista e del comunismo italiano, allora Rettore dell’Università di Padova, entrava in clandestinità lanciando agli studenti della sua Università un giustamente celebre appello, affisso sui muri della città. Nell’anniversario di questo importante appello, onoriamo l’illustre latinista.
La lettura dell’appello consente di conoscere quali erano i rimproveri che il più autorevole tra gli intellettuali comunisti del tempo muoveva al regime fascista. Da un lato i rimproveri non sono proprio quelli che si attenderebbe il poco colto cittadino educato all’antifascismo negli ultimi decenni. Dall’altro essi non coincidono nemmeno con quelli che il diffuso e fastidioso anticomunismo viscerale ha sempre creduto fossero mossi dai comunisti.
L’8 settembre era valutato semplicemente come un tradimento: “un governo che – per la defezione di un vecchio complice – ardisce chiamarsi repubblicano”; niente altro che la defezione di un vecchio complice. I fascisti avevano “tramutato in vanteria la disfatta”; avevano tradito il Risorgimento: “una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria”. Questa è l’accusa principale: i fascisti avevano distrutto la patria. Far ricadere la colpa della perdita della patria sui traditori dell’8 settembre è troppo semplice. La patria fu distrutta dal fascismo. La perdita della indipendenza che seguì alla fine della seconda guerra mondiale, fino alla vergognosa sottomissione volontaria degli ultimi quindici anni, trova la sua causa prima nella scelta scellerata di entrare in guerra al fianco della Germania nazista.
Perciò agli studenti e alla “gioventù operaia e contadina” spettava di “rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano”. Per “costruire il popolo italiano”, è l’invito del latinista, studenti, “fate risorgere i vostri battaglioni”.
L’appello va letto in correlazione al discorso inaugurale dell’anno accademico, che il 9 novembre del 1943 Concetto Marchesi aveva tenuto in presenza anche di alcuni miliziani repubblichini. In quel discorso inaugurale, centrato sull’emergere del riconoscimento sociale del lavoro di fatica, Concetto Marchesi aveva così concluso: "Giovani, confidate nell'Italia. Confidate nella fortuna, se sarà sorretta dalla vostra disciplina e dal vostro coraggio: confidate nell'Italia, che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell'Italia che non può cadere in servitù, senza che si oscuri la civiltà delle genti".
Leggiamo il breve testo, commuoviamoci alle parole epiche, dal costrutto latino, di questo grande intellettuale comunista e disprezziamo quel politico del sedicente centrosinistra, tale Petruccioli, che qualche anno fa osò negare a Concetto Marchesi l’onore di un francobollo per il cinquantenario della morte. Rendiamo onore al Patriota Comunista Concetto Marchesi.
Appello di Concetto Marchesi
Rettore Magnifico dell’Università di Padova
agli studenti
Studenti dell’Università di Padova!
Sono rimasto a capo della Vostra Università finche speravo di mantenerla immune dall’offesa fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo di difendervi da servitù politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio ed al segreto. Tale proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre più mi invadeva nel restare a un posto che ai lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica convivenza mentre era un posto di ininterrotto combattimento.
Oggi il dovere mi chiama altrove. Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo che – per la defezione di un vecchio complice – ardisce chiamarsi repubblicano, vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. Nel giorno inaugurale dell’anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, violatori dell’Aula Magna, travolti sotto l’immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io, o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui avreste riconsacrato il vostro tempio per più di venti anni profanato; e benedico il destino di avermi dato la gioia di una così solenne comunione con l’anima vostra. Ma quelli che per un ventennio hanno vilipeso ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci mendaci hanno soffocato il vostro grido e si sono appropriata la mia parola.
Studenti: non posso lasciare l’ufficio di Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalle violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano.
Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.
Studenti, mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina; per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignoranza, aggiungete al labaro della Vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo.
Il Rettore: Prof. Concetto Marchesi
"non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignoranza",
Sembrano parole pronunciate ieri, per quanto sono attuali, ma il fatto che siano state pronunciate più di 60 anni fa, rende questo appello davvero "amaro", perchè da allora le cose sono peggiorate ancora di più. Sono nati nuovi schiavi…e chi nasce schiavo, spesso non sa nemmeno cos'è la libertà…
… quanti Rettori oggi dovrebbero ricordare l'isegnamento di libertà, sotteso all'appello del grande latinista, per cercare di opporsi, in modo serio e concreto, ai crescenti tagli dei trasferimenti a favore della pubblica istruzione e dell'università….
"Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre…. l’ordine di un governo" le sta asfissiando con tagli di fondi e personale sempre più pesanti, con l'ingresso pesante del privato (fondazioni). Dai tempi di Marchesi l'Università Italiana si è scrollata di dosso la dittatura nazista e fascista. Purtroppo sta per esserle messo sul groppone la dittatura del mercato. Ne abbiamo guadagnato?
E quando un nuovo Marchesi saprà gridare le colpe della classe dirigente italiana?