Combattere (davvero) Amazon e la gig economy
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
Su Presa Diretta un nuovo servizio su Amazon e i lavoratori della gig economy che ci rende noto ciò che già sappiamo da tempo e ci fornisce “soluzioni” che non faranno neanche il solletico al sistema, eludendo il problema centrale.
Partiamo da ciò che già sappiamo. Amazon ha monopolizzato il mercato, i negozi sono costretti a vendere su questa piattaforma o a chiudere e anche vendendo su Amazon prima o poi chiuderanno. Le vendite online occupano meno lavoratori rispetto a quelle fisiche (19 dipendenti ogni 10 milioni di euro di fatturato contro i 47 del commercio fisico), le multinazionali non pagano le tasse che invece gravano sui negozi di prossimità, i loro lavoratori sono sfruttati, l’impatto ambientale di una spedizione è fino a 15 volte superiore rispetto alla vendita nel negozio. I lavoratori dell’ultimo miglio, ovvero i fattorini, sono pagati a cottimo, costretti a fare 150 consegne al giorno correndo e il loro lavoro è organizzato da un algoritmo che scandisce al secondo i tempi di consegna. I lavoratori del delivery food (Deliveroo e similari) sono l’ultimo anello della catena di sfruttamento 2.0 e alcune compagnie utilizzano anche lavoratori irregolari senza permesso di soggiorno attraverso il “subappalto” operato dai regolari.
L’ingenua (finta) soluzione promossa al termine del programma, costituita dalla realizzazione di piattaforme cooperative come sperimentato in alcuni paesi del nord Europa, consente di eludere l’unica vera seria considerazione che si può fare su questa prevedibile e inevitabile deriva del lavoro globalizzato e deregolamentato: in regime di libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi il dumping sociale e fiscale sono la norma.
Quindi i paesi che aderiscono all’UE non possono fare altro che trasformarsi in paradisi fiscali azzerando la spesa pubblica e quindi distruggendo lo stato sociale e innescando al contempo una competizione al ribasso sui diritti dei lavoratori. Inutile aggiungere che l’unica soluzione approcciabile per evitare ciò sarebbe recedere dall’Unione Europea, ipotesi che purtroppo non si sente ancora neanche suggerire flebilmente.
Il nostro lavoro come militanti del FSI – Riconquistare l’Italia sarà duro, ma alla fine dovranno darci retta. L’alternativa è l’incubo che stiamo vivendo, i cui esiti sono già visibili per le centinaia di migliaia di persone che stanno perdendo tutto a causa della gig economy e dell’abbandono alle dinamiche distruttive che genera questa resa alla globalizzazione senza freni.
Questo consentirebbe di esercitare la libertà di imposizione fiscale sul grande capitale, alleggerendo il piccolo commercio di prossimità che andrebbe defiscalizzato. Si potrebbero gestire i servizi che si perderebbero attraverso il lavoro cooperativo, ma controllato dal pubblico, e si dovrebbe rinunciare magari a ricevere un libro che acquisti online in meno di ventiquattro ore. Direi che il sacrificio dei nostri “capricci” vale il lavoro di milioni di persone e il futuro del paese.
Ci libereremo.
La recente chiusura di CHL dimostra quanto sia DRAMMATICA la situazione del retail… CHL HA INVENTATO il modello delle vendite via web…UN MARCHIO E’ STATO DISTRUTTO più che dall’ incompetenza dei suoi capi che altro da tasse che lo stato ESTORCE alle aziende Italiane e CHE NON RICHIEDE ALLE MULTINAZIONALI …FONDAMENTALE avere un presidio presso le PMI e le aziende medio grandi per aver il loro supporto SOPRATTUTTO PER CASSA DI RISONANZA DEI VOTI dei lavoratori che possono arrivarci FACILMENTE da queste azieb
Negozi di vicinato: esistono ancora? . Nella mia zona a parte i bar gestititi da extracomunitari per fare degli acquisti devo prendere la macchina e percorrere un po’ di kilometri e quindi vai AMAZON che mi porta il libro a casa. I miei genitori andarono in pensione da commercianti dopo aver subito per anni la GDO. Saluti