A Taranto tra le fiamme
Di INTELLETTUALE DISSIDENTE (Olivia del Bravo)
ArcelorMittal, gruppo Riva, Ilva, Italsider. Tanti nomi, tante promesse, eppure lo stabilimento siderurgico continua a cadere a pezzi e ad inquinare. Chi ci rimette? Come sempre, la popolazione.
Ex Ilva di Taranto. Mortalità e malformazioni “sopra la media”. Per chi vive nei pressi dello stabilimento siderurgico è “sconsigliato” uscire quando c’è vento. Nei giorni scorsi è divampato l’ennesimo incendio, un rogo nel reparto colata continua. In tutto il suo splendore possiamo così ammirare la sicurezza che l’ArcelorMittal garantisce ai suoi lavoratori e alla cittadinanza.
Ma l’ex Italsider di Taranto è nata negli anni ‘60 come pubblica. Privatizzata un po’ alla volta, fino all’apice raggiunto con il Governo Prodi, è stata svenduta a metà prezzo al gruppo Riva negli anni ’90 (pagata 2.500 miliardi di lire, rispetto alla valutazione di circa 4.000 miliardi, secondo l’Iri). Sono dovuti emergere seri problemi di inquinamento, e il numero dei decessi per tumore registrati nella zona ha dovuto cominciare a “destare sospetti” perché, nel 2012, la Magistratura decidesse per il sequestro dell’acciaieria causa “gravi violazioni”. I vertici aziendali sono stati indagati per disastro ambientale, sono state disposte misure cautelari e un sequestro da 8 miliardi di euro sui beni e sui conti dei vertici del gruppo, ma il tutto è stato annullato dalla Corte di Cassazione. il Governo ha deciso per il commissariamento dell’Ilva quando i Riva hanno lasciato il consiglio di amministrazione dell’azienda. Nel 2016 è stato pubblicato il bando, e i Commissari straordinari hanno scelto la cordata ArcelorMittal – Marcegalia, riunita nella joint-venture AmInvetCo. Due anni dopo, il Ministro Di Maio ha chiesto all’anti-corruzione di indagare sulla procedura di gara. Nonostante la scoperta di “criticità” nell’iter per la cessione dell’Ilva, è seguito uno stop, decisione che solo il Ministero dello Sviluppo avrebbe potuto prendere, e solo in caso di “interesse pubblico” (questione di soldi?) specifico rispetto all’annullamento.
A inizio novembre 2019 ArcelorMittal ha formalizzato la volontà di lasciare lo stabilimento. Tra le ragioni il ritiro dello scudo penale, che “renderebbe impossibile attuare il piano industriale”. Va segnalato che i Commissari straordinari dell’ex Ilva hanno redatto 86 pagine di memorandum, nel quale vengono citate “delle inquietanti e sinistre analogie con l’operazione di acquisizione dell’azienda siderurgica di Hunedoara compiuta da ArcelorMittal in Romania una quindicina di anni fa, e che si era in realtà risolta in una devastante deindustrializzazione dell’area”. Il Sindacato USB ha diffuso un video dell’incendio, inviandolo anche al Ministro Patuanelli e ai Parlamentari jonici, nonché al sottosegretario della Presidenza del Consiglio, il Senatore Mario Turco, allo scopo di denunciare i pericoli che vivono quotidianamente gli operai dello stabilimento. Da troppo tempo ormai la situazione continua a peggiorare a Taranto, e le uniche due possibilità che i lavoratori hanno davanti sono: perdere il posto di lavoro in massa, o continuare a morire e a veder morire per le malattie causate dall’inquinamento industriale. Abbiamo un Governo che straparla di ambiente per provare a giustificare tasse sulla plastica e sulla carne e, nelle grandi città, i divieti di circolazione nelle zone del centro si fanno sempre più asfissianti. Eppure, nulla di concreto è stato fatto per curare questo cancro che, indisturbato, continua a far ammalare la nostra Italia.
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