L’élite tedesca chiede la fine delle politiche espansive della BCE e il MES per l’Italia
di VOCI DALL’ESTERO (Malachia Paperoga)
Mentre qualche residuo europeista nostalgico si ostina a pensare che l’UE possa essere la soluzione alla crisi del Coronavirus, e non un problema nell’affrontarla, le élite tedesche chiariscono a tutti che il loro obiettivo è riportare le politiche BCE in linea con i loro interessi – ossia tassi di interesse più alti e fine delle politiche monetarie espansive. Ovviamente sanno che questo manderebbe a gambe all’aria i paesi periferici, ma la soluzione è a portata di mano: intervento del MES e imposizione di pesanti pacchetti di austerità per tutti gli stati in difficoltà finanziaria. Anche nell’emergenza, si conferma che non esiste l’interesse europeo, esistono bensì interessi particolari che vengono regolati in base alla legge della giungla.
Dal Frankfurter Allgemeine Sonntagzeitung, 15 marzo 2020
Traduzione di Musso (@Musso___)
Il nostro obiettivo
La crisi del Coronavirus è attualmente sotto controllo.
Si tratta qui principalmente di una crisi dell’offerta, che difficilmente può essere affrontata con una politica della domanda.
La Banca centrale europea (BCE) non è pertanto chiamata in causa.
Le sue risoluzioni del 12 marzo hanno mostrato che, a differenza di altre banche centrali, come la Fed degli Stati Uniti, non aveva più spazio per ulteriori riduzioni dei tassi di interesse.
Come giustamente affermato dalla presidente Lagarde, non spetta all’Eurosistema ridurre i differenziali dei tassi di interesse.
Un ulteriore calo del tasso di interesse negativo per i depositi, aumenterebbe ulteriormente la liquidità degli enti creditizi e indebolirebbe la resilienza del sistema bancario in caso di insolvenze dei prestiti indotte dalla crisi.
La strategia di politica monetaria della BCE dovrebbe essere a lungo termine e creare una “prospettiva di fiducia”, tanto per il superamento della crisi, quanto per il tempo successivo.
In questo contesto, riteniamo che sia necessario, dopo un affievolimento della crisi, avviare l’inversione di tendenza dei tassi.
Con ciò, non si tratta di un movimento radicale dei tassi di interesse, bensì di segnali per una graduale normalizzazione della politica monetaria.
Bisogna dare il via alla fine della sistematica ed esuberante inondazione monetaria del sistema monetario europeo.
Un primo passo – dopo un cambiamento nella ‘forward guidance’ – può essere quello di innalzare il tasso di deposito negativo per le banche verso lo zero percento.
Lo Scenario
Nel contesto della crisi finanziaria del 2008/2009, la BCE ha contribuito a stabilizzare la situazione con una politica, sino ad allora senza precedenti, di bassi tassi di interesse.
Dopo due importanti rialzi dei tassi nel 2011, la zona euro è tornata in recessione.
Allo stesso tempo, la crisi del debito sovrano della Grecia ha minacciato di diffondersi in altri paesi della zona euro.
La BCE ha reagito con ripetuti tagli ai tassi d’interesse, sino allo zero percento.
La fiducia nella sopravvivenza della zona euro è stata sostenuta dal discorso “whatever it takes”, del presidente della BCE Mario Draghi, nel luglio 2012.
In tal modo, agli occhi di molti osservatori, venne implicitamente dichiarata una responsabilità comune ed illimitata, per le emissioni di titoli di stato emessi da parte degli Stati membri.
La BCE ha così stabilizzato i mercati finanziari, con successo.
La disoccupazione è diminuita in modo significativo.
A fronte di ciò, stanno i pericoli, legati al coinvolgimento in regimi di responsabilità, che sono stati approvati aggirando i parlamenti.
Nonostante la riuscita stabilizzazione dei mercati, la BCE ha mantenuto i suoi tassi di interesse estremamente bassi e, con il lancio di programmi di acquisto di titoli di inaudita grandezza, ha persino intrapreso una politica continua di denaro straordinariamente economico, come quella negli Stati Uniti all’inizio della crisi finanziaria e bancaria del 2008/2009.
Il motivo di fondo era, inizialmente il timore di una spirale deflazionistica e, in seguito, l’obiettivo di raggiungere un tasso di inflazione “inferiore ma vicino al 2%”, che la BCE ha deciso nel 2003 in un diverso contesto di politica monetaria.
Il Trattato di Maastricht impone stabilità dei prezzi.
Ciò non significa che è possibile trasformare un limite superiore per gli aumenti di prezzo in un obiettivo di prezzo.
Sebbene l’economia dell’area dell’euro sia sempre rimasta lontana dal limite di deflazione, l’effetto sul tasso di inflazione è stato davvero modesto.
Pure ciò, per la presidentessa della BCE Christine Lagarde, dovrebbe costituire un motivo, per l’annunciata “review” della strategia di politica monetaria della banca centrale.
BCE stessa ha, nel suo ultimo Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, indicato i sempre più chiaramente negativi effetti collaterali della pluriennale politica del denaro a basso costo.
Certamente, lo stato tedesco, come tutti i debitori, fa parte di coloro che guadagnano dalla politica dei bassi tassi di interesse, però i perdenti sono i risparmiatori e i futuri pensionati.
La Germania è, nel suo insieme, creditore netto rispetto al resto del mondo, addirittura il secondo più grande, dopo il Giappone.
Quindi, i risparmiatori perdono più di quanto lo stato guadagna.
La signora Lagarde ha annunciato che avrebbe fatto, nel corso dell’anno, una “review” ed avrebbe, in questo processo, “ascoltato molto”, il che significa che, nella nuova messa a fuoco, sarebbero state incorporate pure opinioni diverse sulla politica monetaria della BCE.
Noi vogliamo partecipare a questa formazione dell’opinione e fornire informazioni sulla necessaria correzione del corso della politica monetaria.
I nostri argomenti
Nonostante anni di politiche a basso tasso di interesse, massicci acquisti di obbligazioni con conseguente liquidità eccessiva e un boom economico sino alla fine del 2017, l’obiettivo del due per cento non è stato finora durevolmente raggiunto.
Manifestamente, gli strumenti della BCE non hanno funzionato; tuttavia, essi continueranno a venire utilizzati.
Accanto al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione, un intento della banca centrale era il sostegno dei bilanci pubblici nell’area dell’euro.
Soprattutto, i paesi sovra-indebitati, Italia e Grecia, dovrebbero essere protetti dalle difficoltà, attraverso tassi di interesse bassissimi, sebbene gli strumenti del MES-Meccanismo Europeo di Stabilità siano a tal fine disponibili dal 2012; a differenza dell’acquisto di titoli di stato da parte della BCE, gli aiuti finanziari del MES sono legati ad impegni di riforma.
La politica monetaria della BCE, quindi, ha ridotto l’incentivo ad una sana politica di bilancio ed a riforme strutturali favorevoli alla crescita.
Inoltre, i differenziali dei tassi di interesse tra paesi con più e meno elevato merito di credito, in linea generale sono non un segnale di una inadeguata trasmissione della politica monetaria, bensì un incentivo a osservare il Patto di Stabilità ed il Fiscal Compact, in tal modo rafforzando l’unione monetaria.
La BCE ha, con la sua politica di salvataggio, gestito la politica fiscale.
Ha raggiunto il limite del suo mandato, se non superato.
Per la politica fiscale, ci sono i parlamenti.
L’irrigidimento della politica della BCE vicino la linea dello zero per cento, più tardi l’abbassamento del tasso di deposito in territorio negativo, annulla il più importante strumento di intervento della banca centrale.
Con la gestione del tasso di riferimento, c’era, in tempi di una maggiormente fruttuosa politica della BCE, la possibilità di stimolare una maggiore crescita economica.
Se la banca centrale, però, per anni senza necessità mantiene la politica del tasso di interesse zero, questo strumento di controllo non è più utilizzabile.
L’ultimo taglio dei tassi di deposito durante il mandato di Mario Draghi e la ripresa degli acquisti di titoli non ha avuto alcun impatto visibile sui prestiti delle banche, sugli investimenti e sulla crescita economica.
La strozzatura più importante manifestamente è, non nella mancanza di capitale disponibile, bensì nella perdita della competitività di prezzo e tecnica della maggior parte d’Europa.
La BCE ha, dopo la necessaria gestione delle crisi nel 2012, deciso, con il massiccio acquisto di titoli di Stato e obbligazioni societarie, di adottare una politica che, agli occhi di molti osservatori, va ben oltre il suo mandato di garanzia della stabilità dei prezzi e, da tempo, ha condotto al finanziamento degli Stati.
Il Quatitative Easing (QE), da novembre [2019, ndt], è stato proseguito [ripreso, ndt] con acquisti di obbligazioni per un totale di 20 miliardi di euro al mese.
Sino alla fine dell’anno [2020. ndt], BCE, secondo la sua più recente decisione, metterà sino a 120 miliardi di Euro in acquisti di titoli.
Tuttavia, la precedente inondazione dei mercati dei capitali ha esacerbato gli effetti negativi delle politiche dei tassi di interesse nulli e negativi.
In caso di significativa debolezza economica nella zona euro e per stabilizzare possibili turbolenze sui mercati dei capitali, come oggi per conseguenza del corona virus, rimane ancora alla BCE solo un piccolo spazio di manovra, cosicché taluni osservatori già parlano di forme ancora più estreme di politica monetaria, come l’acquisto di azioni o addirittura di “helicopter money”.
Particolarmente gravi sono le seguenti distorsioni:
(1) Attraverso la politica di tassi di interesse zero e negativo, il “piccolo risparmiatore” subisce perdite patrimoniali reali, come con l’inflazione, che le banche centrali dovrebbero prevenire.
L’atteggiamento positivo dei cittadini verso il risparmio, per decenni incoraggiato in Germania, sarà danneggiato.
Molti privati in Germania sfruttano la situazione dei bassi tassi di interesse per incrementare i consumi presenti.
Il rischio di povertà in età avanzata cresce.
(2) Le pensioni saranno permanentemente danneggiate.
La coalizione [di governo] è rimproverata di mettere, attraverso generosi “regali pensionistici”, in discussione la stabilità di lungo termine del sistema pensionistico.
Tuttavia, la lungamente prolungata politica dei tassi zero a lungo termine, sta danneggiando ancora di più le pensioni.
Non da ultimo, sono colpite pure le pensioni professionali: imprese devono compiere accantonamenti significativamente più elevati.
Ciò riduce le loro opportunità di investimento e le prospettive di profitto.
Mette pure in pericolo posti di lavoro.
I fondi pensione, gli enti previdenziali e altri investitori istituzionali, saranno in sempre maggiore quantità spinti verso investimenti più rischiosi, al fine di ottenere un rendimento adeguato del capitale gestito.
Ciò comporta il rischio di sensibili perdite di prezzo.
L’assicurazione vita con la garanzia di un tasso fisso, era in Germania lo strumento più efficace e stabile per la pensione privata.
La politica della BCE la ha duramente colpita.
La generazione di profitti [del business] degli interessi garantiti, pone enormi sfide per le compagnie assicurative.
(3) Allo stesso tempo, i prezzi dei valori reali, come azioni o immobili, continuano ad essere stimolati [al rialzo].
Ciò reca, oltre al rischio di correzioni dolorose, già ad indesiderabili effetti distributivi: i cittadini ricchi che possiedono azioni e proprietà immobiliari in misura superiore alla media, aumentano considerevolmente la propria ricchezza.
Gran parte delle fasce di reddito inferiori e medie, che per lo più non hanno risparmi od effettuano investimenti fruttiferi sui conti correnti, non beneficiano di questo effetto.
A loro, l’accesso a beni reali è reso considerevolmente più difficile.
In particolare, la proprietà della casa è, in molte grandi città, a malapena accessibile.
Il risultato è una distribuzione della ricchezza, che minaccia la pace sociale e la stabilità politica.
(4) Un gran numero di istituzioni sociali e culturali, in Germania, è supportato da fondazioni.
Possono fare il loro lavoro unicamente se riescono a collocare il loro capitale con successo sul mercato dei capitali.
Dal momento che, per motivi di cautela, è vietato investire la maggior parte del capitale della fondazione in azioni, oggigiorno molte fondazioni non dispongono del denaro per la gestione corrente.
La politica dei tassi di interesse della BCE danneggia pure il volontariato e la vita culturale in Germania.
(5) L’attività di deposito e credito è una parte essenziale del modello di business delle banche tedesche.
Soprattutto, la generazione di margini sui prestiti è fortemente limitata dalla politica dei tassi di interesse zero e dai tassi di interesse negativi sui depositi presso la banca centrale.
La conseguentemente limitata redditività, pesa sulle opportunità di [concedere nuovo] credito.
Attraverso la politica della Bce, la capacità d’azione delle banche tedesche ed il loro successo nella concorrenza internazionale verranno chiaramente compromesse.
Certamente, molte banche ancora ricavano da prestiti a lungo termine esistenti.
I risultanti utili di bilancio, sono effetti una tantum.
In tempi di nuovo ordine geopolitico e delle da esso risultanti crescenti incertezze, un sistema bancario europeo funzionale e competitivo costituisce un presupposto importante, per sostenere le imprese e le economie della zona euro nel gioco di forza dei “Grandi”.
(6) La politica del tasso di interesse zero della BCE, fa sì che il denaro sia investito, non solo in progetti sempre più rischiosi, ma anche in progetti ed imprese non redditizi (“Zombie-Companies”).
Troppo denaro conduce ad una allocazione del capitale macroeconomicamente drasticamente inadeguata e, quindi, a perdite di produttività, così come ad un indebolimento della Germania come sede attraente per le imprese.
Se i tassi di interesse dovessero una buona volta aumentare, esiste un aumentato rischio di fallimenti aziendali e, attraverso ciò, di conseguenti perdite su obbligazioni e prestiti, nonché perdite di posti di lavoro.
Per la stabilità economica della Germania nel futuro, sono urgentemente necessarie riforme strutturali ed innovazioni.
Tuttavia, l’inondazione di liquidità della BCE alimenta una apparenza di redditività e fa apparire redditizi investimenti che non possono sostenersi in un ambiente concorrenziale.
La nostra conclusione
I molteplici effetti collaterali, non giustificano più il proseguimento della politica monetaria ultra-espansiva della BCE.
Più a lungo la strategia esistente verrà mantenuta, più difficili saranno le complicazioni, quando in futuro verrà adottata una politica più restrittiva.
Noi insistiamo quindi un sollecito segnale di inversione di tendenza nei tassi di interesse, quanto meno la rinuncia ad ulteriori misure espansive di politica monetaria (tassi di interesse ancor più bassi, oppure ulteriori acquisti di titoli) giustificati dalla crisi del coronavirus.
In ogni caso, la BCE non potrebbe fare quasi nulla per questa crisi.
Dopo il superamento di questa crisi, dovrebbe essere avviata l’inversione di tendenza dei tassi di interesse.
Questo può essere fatto solo se ben preparato ed accompagnato da una comunicazione intelligente, ma non dovrebbe farsi aspettare un altro anno intero.
Edmund Stoiber [CSU] è stato primo ministro bavarese fino al 2007, Peer Steinbrück [SPD] è stato ministro delle finanze fino al 2009 e Wolfgang Clement [SPD] è stato ministro dell’economia della Repubblica federale fino al 2005.
Gunther Oettinger [CDU] è stato commissario europeo per la Camera fino al 2019.
Hans-Werner Sinn è stato presidente dell’Istituto Ifo fino al 2016.
Franz-Christoph Zeitler [CSU] è stato vicepresidente della Bundesbank fino al 2011.
Kurt Faltlhauser [CSU] è stato ministro delle finanze bavarese fino al 2007.
Marcus Vitt è portavoce del consiglio di amministrazione della banca Donner & Reuschel.
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