di SIMONE GARILLI (FSI-Riconquistare l’Italia Mantova)
Comunque la si guardi, dal punto di vista del debito pubblico, della crescita, dell’occupazione o dei salari, la cesura storica tra la Prima e la Seconda Repubblica si manifesta ben prima degli anni Novanta, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta. In questo caso il grafico mette in mostra la relazione strettissima, e inversa, tra aumento del tasso di disoccupazione e crescita dei salari reali (quindi i salari depurati dall’aumento dei prezzi, l’effettivo potere di acquisto dei lavoratori).
1) dal 1979 inizia la stagnazione dei salari reali. Non è un anno come gli altri: l’Italia entra nel Sistema Monetario Europeo in seguito all’omicidio Moro, l’apice della strategia della tensione. Lo SME, come noto, è un sistema monetario a cambi semifissi, per molti versi simile all’euro. L’Italia, per rimanervi agganciata, deve alzare i tassi di interesse sui suoi titoli pubblici così da attirare capitali esteri e contenere la svalutazione della lira rispetto al marco; svalutazione che fino a quel momento, insieme alla rivalutazione del marco stesso, consentiva alla classe politica di allargare i cordoni della spesa pubblica per sostenere economia e occupazione (e quindi salari). Una tensione sul lato valutario, dopo lo SME, si trasforma in una tensione sul lato distributivo tra Capitale e Lavoro (non che prima non ci fossero tensioni, naturalmente). Parallelamente al calo della crescita dei salari reali inizia a salire verticalmente il rapporto debito/Pil. Lo SME presenta il conto in termini di spesa per interessi e di rendita finanziaria
2) nei terribili anni Settanta dell’inflazione a due cifre i salari reali (ripeto ancora: al netto dell’inflazione) crescevano in una forbice compresa tra il 4 e l’8%. Le famiglie risparmiavano mentre l’inflazione correva. Capito? Oggi scontiamo sulla nostra pelle cosa significhi il fenomeno opposto: la deflazione, o comunque un’inflazione prossima allo zero
3) dagli anni Ottanta in avanti è una tragedia per i lavoratori. La produttività e il Pil tutto sommato crescono ancora a livelli dignitosi fino alla fine del decennio, ma i salari ristagnano o addirittura calano. Inizia una dinamica di diseguaglianze crescenti e costanti, con la quota profitti che, fino a quando regge la crescita, si mangia la quota salari a ritmi spaventosi, per poi rallentare e concentrarsi in sempre meno mani
4) gran parte degli anni Novanta sono dolorosi per i lavoratori tanto quanto, se non più, degli anni Dieci del Duemila, quando inizia ufficialmente l’austerità europea. La verità è che la nostra adesione all’Unione Europea, attraverso Maastricht, ha consentito ai governi e al grande capitale privato di massacrare i salari ben prima dell’euro, che è solo un’articolazione di un dispositivo più esteso
5) considerando il breve periodo, si può dire senza dubbio che il governo Monti sia stato il più reazionario dell’intera storia repubblicana (vedere il tracollo dei salari nel 2012). Sarà per questo che la Fornero e lo stesso Monti ce li troviamo un giorno sì e l’altro pure nei talk show più accreditati?
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