Il covid e la Tecnica
di ARIANNA EDITRICE (Gennaro Scala)
Secondo Max Weber il«razionalismo confuciano significava adattamento razionale al mondo; il razionalismo puritano significava invece dominio razionale del mondo». . Egli aggiungeva, profeticamente, che il«Cinese è altrettanto capace di appropriarsi del capitalismo pervenuto tecnicamente ed economicamente al suo pieno sviluppo nell’ambito della civiltà moderna».
Era tra le conclusioni di un monumentale studio sulla Sociologia delle religioni e può essere considerato un contributo al dibattito sviluppatosi nell’ambito della cultura tedesca sul “dominio della Tecnica”. Cosa significa tale termine? Non è il puro e semplice dominio della tecnologia, ma il mondo umano, la società, la mentalità che nasce dall’attitudine dell’uomo occidentale verso la Natura, pensata come potenzialmente manipolabile a adattabile a piacimento, sviluppatasi, secondo Heidegger, agli albori della civiltà occidentale cioè nella Grecia occidentale. Un difetto originario della civiltà occidentale conclusosi in due catastrofiche guerre mondiali (di tali questioni ho discusso estesamente nel mio libro “Per un nuovo socialismo” consultabile su gennaroscala.it).
Sebbene siano trascorsi oltre 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, questa attitudine verso il mondo non è stata superata, anzi essa è cresciuta compreso il nichilismo che l’accompagna. Ciò lo si può vedere anche nelle reazione alla diffusione del covid. È una “leggenda urbana” l’attribuzione al Chirurgo Generale degli Stati Uniti William H. Stewart l’affermazione secondo cui, “era tempo di chiudere il libro delle malattie infettive”, ma la “diceria” riflette abbastanza bene la convinzione diffusa che fosse stato stabilito un dominio stabile su alcune malattie, evento che rammemora la fragilità dell’essere umano, potenzialmente estensibile a tutte le malattie. Convinzione diffusa soprattutto durante i “trenta anni d’oro” segnati dalla ripresa dell’economia occidentale dopo la conclusione della seconda guerra mondiale. Ora in mezzo alla crisi generale dei sistemi occidentali arriva un coronavirus a ricordarci che forse si era cantato troppo presto vittoria. Certo la tecnica applicata alla medicina talvolta fa cose incredibili, ma su tante cose è impotente, pensiamo al banale raffreddore, causato da un virus parente del virus responsabile del covid. Certo la tecnica ci protegge talvolta efficacemente dalle malattie, ed è essenziale per l’essere umano svilupparla, ma non ci può proteggere dall’angoscia della morte (e su questo il defunto Emanuele Severino avrebbe avuto, credo, qualcosa da dire). L’esser umano resta un ente naturale il cui ciclo vitale giunge a conclusione (per poi riprendere in altri esseri umani). Sarà sempre così, ed un bene che sia così. Quando pensiamo di proteggerci dall’angoscia della morte con la tecnica, si sviluppa quella superstizione scientifica che porta tanti ad indossare come un amuleto la mascherina, anche quando in assenza di altri esseri umani a distanza ravvicinata è perfettamente inutile, anzi dannosa per la respirazione. Le misure indicate per contrastare il covid, tutte centrate sull’autoisolamento, vanno in direzione opposta a ciò che solo può attenuare l’angoscia della morte: la solidarietà sociale.
Ma oltre ai comportamenti individuali è il comportamento collettivo delle nazioni occidentali nei confronti della diffusione del covid che è diventato una sorta di lotta contro la natura. Con significative eccezioni come la Svezia, cioè in una nazione che ha incarnato quella forma di socialismo europeo qual’era lo “stato sociale”. È possibile stabilire un controllo su miliardi di microscopiche particelle che si diffondono da individuo a individuo? Forse sì, ma bisognerebbe immaginare tali misure i cui danni sarebbero peggiori della peggiore epidemia. Praticamente ognuno si dovrebbe isolare, facendo crollare quelle strutture sociali che garantiscono il rifornimento alimentare e energetico delle enormi città in cui viviamo.
È significativo che ad incarnare in Occidente il sogno occidentale del controllo totale della Natura sia la società cinese. Ed è altrettanto significativo che gli stessi media che di solito fanno propaganda anti-cinese diano per buone le incredibili cifre fornite dal governo cinese in merito alla diffusione interna del virus. Ad es. i morti per covid in Italia raffrontati a quelli cinesi in rapporto alla popolazione starebbero 170 a 1, pur avendo, a differenza dell’Italia effettuato il lockdown in una sola regione che conta un ventesimo della popolazione. In Cina il sogno occidentale di dominio della natura si è realizzato, il virus è stato posto sotto controllo in questi luoghi lontani, in tutti sensi, la cui vita conosciamo ben poco, a dispetto di tutti i mezzi di informazione che possediamo. E se invece il governo cinese, dopo un iniziale panico nei confronti di un virus dagli effetti anomali, abbia realizzato che fosse meno pericoloso di quanto si temeva e piuttosto che ingaggiare la “lotta contro la natura” abbia optato segretamente per una più saggia opzione confuciana di adattamento ad essa? Ovvero venga ivi trattato il covid principalmente come problema sanitario, senza porsi l’obiettivo di eradicarlo, mentre all’esterno fanno credere di averlo “sconfitto”. Certo è una pura supposizione, al limite se vogliamo del complottismo, ma resta per me più convincente, non avendo trovato finora una spiegazione razionale convincente della sproporzione tra gli effetti del virus in Cina e gli effetti nelle nazioni occidentali.
Invece, le nazioni occidentali nella “guerra al virus” si stanno autodevastando, e già adesso i danni di questa “guerra” superano quelli del virus, senza ottenere effetti apprezzabili, senza che vi siano differenze significative tra nazioni che hanno effettuato lockdown più stretti e altre più blandi. È anche questa una guerra, che la Cina sta vincendo, ma la guerra, come al solito, è principalmente tra gli esseri umani.
Fonte: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-covid-e-la-tecnica
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