Nobel all’Economia: la farsa infinita. Mettiamolo all’asta
di TELEBORSA (Fabrizio Pezzani)
Ancora una volta l’Accademia delle Scienze ha attribuito il Nobel alla finanza razionale, che non esiste nella realtà ma è solo mitologia e funzionale agli interessi dominanti.
Il premio, impropriamente definito Nobel, ma finanziato dalla banca di Svezia perché Alfred Nobel non l’ha mai indicato, è stato assegnato a due studiosi che si occupano delle scelte razionali nelle aste tema di grande interesse nel caos globale. I due vincitori Paul Milgrom e Bob Wilson hanno determinato che “gli offerenti razionali tendono a fare offerte inferiori per la preoccupazione della maledizione del vincitore che paga più del dovuto”, come si combini la razionalità con la superstizione è già un’impresa a cui potrebbe rispondere Antonio de Curtis, in arte Totò.
Essere riusciti a trovare un filone di studi così fantasioso, più vicino al casinò che al mondo reale, dimostra l’inutilità di un premio a rispondere al caos globale della povertà, della disoccupazione, della bolla infinita della finanza ma solo a giustificarla.
Questo premio è ancora una volta e da troppi anni, la prova della sua distanza rispetto alle finalità definite da Alfred Nobel per i premi da lui definiti. Alfred Nobel lasciò il suo patrimonio in donazione per una società ideale dell’uomo con la fondazione dell’omonima Accademia. Nel suo testamento olografo, infatti, precisava che con il ricavato del patrimonio, ogni anno si dovesse riconoscere un premio agli studiosi che nei loro campi avessero contribuito maggiormente a creare le condizioni “del benessere” della società.
Le volontà di Alfred Nobel sono chiarissime, scolpite sulla pietra senza possibilità di false interpretazioni, funzionali a dare un equilibrio al senso della vita sospesa tra il mondo dello spirito e quello dell’esperienza: certamente il problema delle scelte razionali nelle aste diventa una solenne presa in giro.
Questa asimmetria tra le finalità di Nobel e l’economia si sono accentuate da quando nel 1969 venne istituito il premio per l’Economia finanziato dalla Banca di Svezia. Von Hayek denunciò nel 1974 la non scientificità di un premio che trasformava una scienza sociale come l’economia in una scienza esatta e razionale inesistente nei fatti, ma solo negli interessi rimanendo inascoltato; paradossalmente il premio a Lucas nel 1994 afferma che i mercati finanziari sono razionali e non commettono errori ed è completamente opposto a quello di von Hayek per cui o è vero l’uno o l’altro.
Oggi vediamo l’inganno di un modello culturale imposto contro ogni logica, ma funzionale ad innalzare la finanza razionale come arma di distruzione di massa e di destabilizzazione politica. L’introduzione della razionalità negli studi di economia ne ha cambiato il DNA trasformandola in un gioco matematico, lontano dalla realtà, in cui gli attori decidono in modo razionale.
Pensare che Aristotele (385 a.C. – 322 a.C.) era già molto avanti a Lucas quando affermava: “Tutte le azioni umane hanno una o più di queste cause: caso, natura, costrizione, abitudine, ragione, passione e desiderio”, non aveva considerato la stupidità.
Un altro elemento distintivo del premio si lega al fatto che gli studiosi statunitensi nei 51 anni di assegnazione del Nobel in economia hanno conseguito per 48 volte il premio. La tendenza si è accentuata dopo la caduta del muro di Berlino e la cultura esclusiva della finanza come arricchimento personale ha cancellato il pensiero e la dimensione spirituale dell’uomo; in contrapposizione, i premi assegnati alla letteratura evidenziano il pensiero unico, infatti dalla fine degli anni sessanta gli Usa non hanno vinto nella sostanza un solo e vero premio nella letteratura.
I premi negli anni si sono divisi tra paesi diversi e comunque in aree in cui quel tipo di benessere espresso dalla finanza era assente o comunque non rilevante. I due modelli culturali si oppongono senza possibilità di dialogo e di condivisione perché gli interessi della finanza mettono al primo posto la massimizzazione dell’interesse personale e non il “bene comune”, esattamente quello che Alfred Nobel voleva scongiurare.
La legittimazione del pensiero unico ha soffocato l’immaginazione e spento i valori universali – libertà, uguaglianza e solidarietà – ma l’uomo razionale è arrivato alla fine della corsa e gli Usa che si sono basati su quel modello culturale sono alla frutta.
La finanza promossa dal capitalismo e liberismo assunti come fine e non come mezzo ha contribuito a generare una società finalizzata alla realizzazione del bene personale a scapito di quello comune ed alla normalizzazione di comportamenti illeciti; questo ha forzato sempre più gli interessi dominanti a legittimare con il Nobel quegli studi che innalzavano a verità suprema la loro realizzazione, ma non la vera scienza finendo per disgregare il sistema delle relazioni sociali.
Forse hanno ragione i tanti che chiedono una moratoria di un premio che si allontana sempre di più dalle finalità che dovrebbe perseguire.
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