Il lockdown come scelta (esclusivamente) politica
di LORENZO D’ONOFRIO (FSI-Riconquistare l’Italia Pescara)
Se i numeri sono allarmanti (e lo sono), ogni ritardo nella chiusura va considerato irresponsabile. Questo se si accetta la logica secondo cui il virus va affrontato a colpi di chiusure perché il fine primario è quello di salvare, nell’immediato, più vite possibili: questa è una scelta, politica, che implica comunque un bilanciamento e un sacrificio: si sceglie di salvare le persone che altrimenti morirebbero per il Covid o per il sovraccarico del sistema ospedaliero, sacrificando quelle che moriranno per gli effetti collaterali delle chiusure.
Altrettanto irresponsabili, se si accetta la medesima logica, sarebbero le riaperture prima che la circolazione del virus fosse scesa a livelli di guardia: questo significa che quella logica imporrebbe anche di mantenere misure drastiche a tempo indefinito, quindi anche per tanti mesi, con tutte le conseguenze collaterali che tale scelta necessariamente comporterebbe. Se si adottano certe misure e si crede in quelle misure, del resto, bisogna attendere le tempistiche fisiologiche necessarie per poterne verificarne i risultati e non ha senso continuare ad allarmarsi e ad allarmare per una crescita dei contagi comunque attesa.
Qui invece assistiamo a uno stillicidio di allarmi quotidiani e di informazioni (in parte veritiere e in parte distorte) esclusivamente finalizzato a rendere accettabili nuove restrizioni che, in realtà, sono state già decise, ma che non si ha il coraggio e la fermezza di adottare per paura delle reazioni: insomma, non deve essere il governo a prendersi la responsabilità delle misure più drastiche, ma devono essere i cittadini a chiederle. Funzionale a tutto ciò è la continua criminalizzazione dei cittadini irresponsabili, quelli che starebbero continuando ad affollare piazze e strade (voi li avete visti?) fottendosene delle “bare di Bergamo”.
Trovo questo atteggiamento ipocrita e criminale, degno di questa pessima e pilatesca classe dirigente, che tuttavia ha fatto scuola.
Il fatto è che il lockdown (termine peraltro abusato e che indica anche situazioni molto differenti, ma fa sempre la sua porca figura) è una scelta esclusivamente politica, anche se apparentemente motivata da ragioni sanitarie: significa scegliere chi deve morire. Come scelta politica è senza dubbio, oltre che vincente nell’immediato, anche la più semplice. Rifiutarla comporterebbe coraggio, responsabilità, competenza e soprattutto onestà, ovvero un diverso rapporto con i cittadini, fondato sulla serietà e sulla sincerità, quindi sulla credibilità, che si conquista anche dando il buon esempio. Ma tutto questo non appartiene alla nostra classe digerente.
E allora buon lockdown a tutti: se sarà la scelta più giusta lo sapremo col tempo.
Per ora la mia unica certezza è che nei prossimi mesi continuerò a veder diminuire i miei contatti (spero non gli amici), perché non smetterò, neanche di fronte a nuove probabili sfilate di bare, di studiare, ragionare, valutare e dire sempre quello che penso.
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