Paura, panico, lotta
di MICHELE DURANTE (FSI-Riconquistare l’Italia Genova)
Siamo un popolo monello e come tale meritiamo di essere puniti, messi in castigo e impauriti dalle conseguenze delle nostre azioni. La politica paternalistica di questi mesi si giustifica così. Ma è proprio vero che gli italiani non sanno rispettare le regole? Non mi soffermerò sui dati oggettivi reperibili da chiunque sul sito del Ministero dell’Interno che già di per sé smentiscono questa affermazione ma proverò a dimostrare a priori la fallacia intrinseca di questa proposizione. Non ho usato a caso l’aggettivo “monello” perché più di questo non si può imputare al popolo italiano. Gli italiani hanno semplicemente espresso la loro vivacità all’interno, e sottolineo all’interno, di un perimetro normativo assurdo, contraddittorio e poco chiaro.
Siamo gli eredi del diritto romano e conosciamo il valore delle regole e della legge. Siamo un paese civile e sappiamo che, contravvenendo alle regole, si va incontro a sanzioni. Siamo un popolo che conosce il sacrificio e l’importanza della salute, del lavoro e della famiglia ed è per questi valori che ci siamo sempre sacrificati. Tuttavia siamo una moltitudine, una società che come tale necessita di una regolazione da parte del diritto, ovvero, di norme che se non sono chiare e univoche non regolano o regolano parzialmente generando confusione.
Chiarito a grandi linee chi siamo, davvero possiamo pensare che un popolo vada educato e si possa educare attraverso la paura accompagnata, per giunta, da regole irrazionali e contraddittorie? Forse una piccola parte. La maggior parte reagirà alla paura nei modi più disparati. L’aggravio subito col passare del tempo si trasformerà in rabbia. Una rabbia altrettanto irrazionale e contraddittoria perché origina dalla paura. Quando l’uomo ha paura talvolta rimane bloccato ma è più probabile che fugga o che lotti, sono reazioni psicologiche istintive che innescano meccanismi fisiologici: il cuore pompa più sangue verso gli arti superiori e inferiori (appunto per la fuga o la lotta), aumenta la pressione sanguigna, il pensiero logico deduttivo lascia spazio al puro istinto di sopravvivenza, ecc.
Sessanta milioni di persone non potranno mai essere governate attraverso la paura, proprio perché la paura genera reazioni opposte a seconda degli individui, pertanto la paura non consente di guidare un popolo verso un’unica direzione. A maggior ragione se non viene fornito ed individuato il traguardo, ovvero il fine, verso cui quella direzione porta. Inizialmente il popolo impaurito dai media si è bloccato, la speranza in una conclusione medio-breve dell’emergenza ha contribuito a tenere tutti bloccati nonostante a molti fosse stata tolta ogni via di fuga rappresentata da un sostentamento economico. Le speranze e le vie di fuga sono svanite nella recrudescenza dell’epidemia e il secondo lockdown porta con sé la paura di perdere definitivamente il proprio reddito, la propria ed unica fonte di sostentamento. Ad un popolo martoriato, disorientato, confuso e soprattutto impaurito non rimane che lottare.
Non rimane che intraprendere una lotta che ha gli stessi presupposti che l’hanno generata: una lotta irrazionale, contraddittoria, senza un fine e senza una direzione. Una lotta tra poveri, contro il Governo, contro l’opposizione, contro la polizia, contro i manifestanti, contro il garantito, contro l’untore, contro l’ipocondriaco e contro chi non ha paura, contro il lockdown o a favore del lockdown, la lotta di chi si chiude in casa e la lotta di chi scende in piazza. La lotta dello spaventato e del colpevolizzato. Qualcuno potrà obiettare: “è facile parlare col senno di poi! Questa è un’emergenza improvvisa!”.
Si è vero, è facile parlare col senno di poi ma era altrettanto facile immaginarsi a cosa avrebbero portato panico e paura costanti. Non contenti, hanno pensato bene di scaricare la responsabilità sul popolo e di emanare una cascata di norme poco chiare. Il diritto, le regole, ovvero l’ordinamento giuridico ma soprattutto le istituzioni che hanno influenza su di esso hanno il compito di ordinare e guidare un popolo, soprattutto in una situazione emergenziale. Che ciò fosse impossibile attraverso la paura e la continua emanazione di regole percepite assurde e fumose non è parlare col senno di poi ma constatare a priori la fallacia di una metodologia.
Tutto ciò di cui sopra è il festival delle banalità, è quasi tautologico: la paura porta caos. Ma in un periodo nel quale ogni certezza, ogni ragionamento logico, anche banale, sembra venire meno per lasciare spazio alla paura credo sia utile fermarci un secondo e riflettere su noi stessi come popolo per poter alzare gli scudi della razionalità e del buon senso.
Il Fronte Sovranista Italiano sin da aprile ha intrapreso la via della razionalità, dell’analisi di dati oggettivi e ha emanato un documento che riteniamo possa essere ancora utile. Non siamo più bravi, abbiamo semplicemente improntato una metodologia analitica che rigetta l’improvvisazione, la paura o qualsiasi altra emozione irrazionale perché deve dar seguito a delle proposte. Proposte che mirano al raggiungimento di obiettivi e che hanno un nesso logico con le analisi svolte. Tutto qua. Paura e panico non servono a nulla e sono dannosi perché intralciano la ricerca e l’elaborazione di soluzioni che siano il più possibili equilibrate, ragionate ma soprattutto efficaci.
Commenti recenti