di GUIDO CARLOMAGNO (FSI-Riconquistare l’Italia Roma)
Non c’è mai stato fuoriclasse dello sport più nazional popolare di te: il tuo rapporto simbiotico e viscerale con la gente di Napoli e con il popolo argentino, qualcosa di tutt’oggi non eguagliato; il tuo essere fuori dagli schemi – con gli eccessi ben noti – in tutto; la tua celestiale e inarrivabile arte calcistica; il tuo vero, profondo – non fintamente ostentato – sentimento patriottico; quel mondiale vinto quasi da solo; le due azioni più iconiche della storia dello sport nella stessa partita; il coraggio di rivendicare l’infrazione delle regole (la mano de Dios) in nome di una causa più nobile, in difesa della tua Patria dall’oppressore inglese; il tatuaggio del Che Guevara e la tua stretta amicizia con Fidel; l’audacia di sfidare dialetticamente potenti come gli Agnelli e Blatter e dirgli in faccia cosa pensassi di loro, che ti ha reso inviso a un establishment calcistico che ha sempre preferito e promosso figure più ortodosse della tua; l’aver dedicato i tuoi anni migliori – tu, il più grande di tutti – a una città e a un popolo spesso vessati e dimenticati, al di fuori della élite calcistica e di quella sociale, rifiutando le svariate lusinghe provenienti da squadre più blasonate; il tuo aver genuinamente amato e vissuto la Napoli verace, popolare, scegliendo di non arroccarti in castelli dorati come fanno i moderni divi dello sport ma di mischiarti col suo volgo, fino al punto da esserne divorato; l’aver chiaramente e inequivocabilmente giocato sempre e solo per la tua squadra e per la tua gente e non per record e traguardi personali, a differenza dei narcisisti e viziati campioni odierni; la stima incondizionata dei tuoi colleghi, che hanno sempre apprezzato il tuo riuscire a essere divino in campo ma umile e disponibile nello spogliatoio, protagonista assoluto ma mai primadonna.
Molti non ti hanno compreso e apprezzato, qualcuno ti ha addirittura odiato e lo fa tuttora. Chi per bieco moralismo, chi perché non ha minimamente colto quanto sopra, non perdonandoti quegli eccessi fuori dal campo, alcune forme di egocentrismo cui è difficile sottrarsi se sei Diego Armando Maradona. Quello stesso egocentrismo che si è peraltro dispostissimi a perdonare alla rockstar di turno.
Rappresenti uno dei rarissimi casi, sicuramente il più celebre, in cui la tipica dinamica post-moderna “idolo-seguaci” che caratterizza la nostra contemporaneità – culminata con il recente approdo alla distopica figura dell’influencer social – abbia prodotto effetti realmente emancipatori dal lato dei seguaci più che da quello dell’idolo: sei stato speranza di riscatto ed evasione per il popolo napoletano e per quello argentino, hai riempito le vite di tre diverse generazioni di sogni ed emozioni vissute collettivamente, sei stato il compimento perfetto della simbiosi nazional popolare fra calcio e comunità locale, favorendo la sublimazione dello stesso come fenomeno sociale aggregativo di massa, unico vero risvolto nobile dell’esistenza di un livello professionistico degli sport.
Ancora oggi impazza il dibattito, molto poco appassionante, sul più forte di tutti i tempi: ma chi se ne frega del più forte, quando tutti sanno chi è stato e sarà sempre il più grande.
Cioè Tu.
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