Il “politicamente corretto” censura anche i cartoni animati Disney
La deriva orwelliana colpisce anche la creatività dei film di animazione: il commento di Gianfranco de Turris
di Gianfranco De Turris – 7 dicembre 2020
Gli Stati Uniti sono il centro diffusore del Politicamente Corretto soprattutto attraverso Hollywood, quasi per definizione da sempre progressista. A parte le eccezioni che confermano la regola (e ce ne sono di importanti) i suoi attori, i suoi film e tutti coloro che sono alle spalle della ex “macchina dei sogni”, oggi vera e propria macchina degli incubi, tendono coscientemente a condizionare la società mondiale. In parte lo si sapeva già. Ma ormai stiamo toccando vertici inimmaginabili, che in genere si ignorano, anzi non si voglio vedere.
Qualche mese fa la Academy of Motion Picture di Hollywood ha deciso nuove regole per l’assegnazione degli Oscar dal 2024: non vincerà chi è più bravo o chi ha più talento, ma soltanto chi è più “inclusivo” (nuova parola totem), chi sarà più politicamente corretto tenendo presenti tutte le minoranze possibili e immaginabili, vale a dire applicando sino in fondo lo scopo per cui è nata questa tendenza. Dunque, fra quattro anni i film dovranno rispettare i nuovi parametri per essere candidabili al massimo premio cinematografico. La scelta dell’ Academy riguarderà sia la rappresentanza della diversità nel cast sia nelle troupe coinvolte nella realizzazione delle pellicole, dalla produzione al marketing e alla distribuzione. Tra i nuovi standard richiesti c’è quello che prevede l’appartenenza di almeno uno degli attori protagonisti a minoranze etniche; in alternativa, il 30% del cast dovrà essere composto da due tra le diverse categorie: donne, afroamericani, ispanici, Lgbt, disabili. Come ha scritto Renato Franco sul Corriere della Sera (9 settembre 2020) “il nuovo format all inclusive che imbocca la strada miope di trasformare tutto lo scibile in minoranza da difendere, ha già ricevuto consensi ma anche critiche, come quella dell’attrice Kirstie Alley che l’ha definita ‘una decisione orwelliana: è una disgrazia per gli artisti di tutto il mondo’” . Ovviamente c’è chi non si adeguerà – fra i primi Clint Eastwood – ma non potrà aspirare agli Oscar. Evidentemente se ne sono fati una ragione: meglio essere liberi nella ispirazione e nelle scelte, che condizionati da una ossessione mentale.
Riscrivere il passato?
Ma la follia non finisce qui, non riguarda solo il futuro ma riscrive il passato, proprio come in 1984 cui è stato fatto cenno, e non mi riferisco alla ormai nota censura che da un pezzo ha colpito Via col vento(1939), evidentemente il più pericoloso film della storia del cinema. Infatti, la Disney Pictures ha deciso di ripensare alla luce dei nuovi diktat ideologici i classici cartoni animati che ne decretarono la fama e il successo negli anni d’oro del Novecento ed ha annunciato che per preservare le anime innocenti dei ragazzini che si dilettano ancora dei suoi famosissimi cartoons, apporrà degli avvertimenti all’inizio di ogni film trasmesso in streaming sul canale Disney Plus, vale a dire: “Questa trasmissione include rappresentazioni negative e/o trattamenti negativi di persone o culture. Stereotipi sbagliati quando sono stati messi in scena così come lo sono ora. Piuttosto che rimuovere il contenuto, vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, impararne una lezione e avviare un dialogo, per creare insieme un futuro più inclusivo”.
Premesso che “rimuovere il contenuto”, cioè tagliare lunghe scene sarebbe stato assolutamente impossibile per non rendere il film monco e incomprensibile, e che tutto ciò vale soprattutto per gli spettatori americani dato che spesso ci si riferisce al tono e alle parole dei dialoghi che potrebbero fare colpo solo su di loro, vediamo di che si tratta per capire cosa nuove questa nuova censura democratica: in Dumbo (1942), se vogliano la storia di un “diverso” e quindi apprezzabilissimo secondo certi criteri odierni, i corvi che peraltro insegnano all’elefantino a volare, parlano il dialetto dei negri impiegati nella raccolta del cotone; in Peter Pan (1953), apologia dell’eterna fanciullezza, gli indiani d’America sono chiamati – mio Dio! – “pellerossa” (questi ultimi chiamavano gli europei “visi pallidi”, no?) e sarebbero rappresentati in modo caricaturale; in Lilli e il vagabondo (1955), storia di un amore a lieto fine fra classi diverse, e ne Gli aristogatti (1970) questa volta sarebbero caricaturali e basate su cliché le raffigurazioni dei due gatti siamesi e del gatto pianista con gli occhi a mandorla; nel Libro della giungla (1962), uno dei capolavori della letteratura per ragazzi, ma “che già di per sé era un libro colonialista”, come si affretta a precisare una ligia giornalista del Corriere della Sera, una scimmia balla e canta con quelle che sono state identificate come le movenze e la voce dei cosiddetti blackface, cioè gli attori bianchi che nei vecchi film in B/N rappresentavano i negri.
L’ideologia del pensiero unico
Al fondo del politicamente corretto c’è l’idea condotta al parossismo, dell’ “inclusione” di tutto e tutti, la paura di discriminare e quindi offendere qualsiasi genere di minoranze. Punto di vista talmente ossessionante da raggiungere questi vertici di assurdità. In tal modo sarà proibita ogni caricatura, ogni presa in giro, ogni sarcasmo, sia pur in buona fede, ma solo per il fatto di metterli in pratica. Ciò varrà, ben presto anche per le caricature, le barzellette, le vignette, per non parlare di romanzi e racconti. Vedrete, ci saranno denunce, indignazioni a scoi ritardato, proibizioni e messe all’indice. E infatti già adesso la Disney prende le debite distanze date che “i tempi sono cambiati”. Questo è quanto corre nella mente dei responsabili della casa americana malati di Politicamente Corretto nella patria che ha dato i natali a una simile malattia mentale che sta condizionando poco alla volta la società mondiale dietro il paravento di non discriminare le minoranze di ogni tipo (a breve immagino anche i pedofili e i cannibali), minoranze che una volta sdoganate ed avallate alzano la voce e pretendono di imporre i loro valori messi alla are con quelli delle maggioranze (vedi i Lgbt) perché ormai adesso “tutto è normale”…
A questo punto che dire, se non che dobbiamo essere consapevoli di un fatto evidente: tutto quanto stiamo denunciando è per noi una aberrazione mentale, ma viene promosso da chi ha il potere indiscutibile di farlo e di influenzare il mondo tramite i mass media modificano così il punto di vista delle persone comuni che, alla fine, lo considereranno la norma e la normalità dimenticandosi del passato. Questa presunta difesa e promozione delle “minoranze” di ogni tipo è iniziata, a ben pensarci, con le cosiddette “quote rosa” ritenute un passo avanti della civiltà, non considerando invece che voler decidere a priori la presenza di una percentuale di donne in qualsiasi ambito penalizza invece la qualità e la competenza, in quanto scelte solo per il fatto di essere di sesso femminile e non magari perché veramente capaci. Da lì, il resto che a valanga si sta verificando. Ricordo che quando parecchi anni fa scrissi un ironico commentino del genere sul quotidiano L’Indipendente affermando che di questo passo in futuro si sarebbero pretese anche le “quote” dei robot e degli androidi, si risentì moltissimo “la ministra” (ma allora non si usava ancora) Prestigiacomo di Forza Italia che all’epoca le aveva promosse. Ma come avevo osato! E’ bene quindi ricordarci anche le responsabilità del centrodestra berlusconiano…
Quindi, mettiamoci l’animo in pace: possiamo criticarlo e denunciarne la demenza, ma non fermarlo perché le decisioni calano dall’alto. Sicché, di certo si potranno produrre film che non rispecchiano i nuovi standard sopra esposti, ma a priori non saranno considerati degni degli Oscar. Chissenefrega, si dirà, se sono bei film poco importa, ma l’ottenimento di questo premio produce una pubblicità e un flusso di denaro che produttori, registi, attori non possono ignorare. La direzione è sbagliatissima, ma una inversione di tendenza, per le forze in campo e per il condizionamento che produce, verrebbe visto come qualcosa di intollerabile. Purtroppo è così. Quando i “progressisti” modificano qualcosa in qualsiasi settore è quasi impossibile tornare indietro, come ci dimostrano cronaca e storia. E’ sufficiente guardare il nostro Paese dove i governi di centrodestra seguiti a quelli di centrosinistra non mi pare che siano mai riusciti a modificare certe scelte che alla fine si danno per acquisite e inamovibili dato che è “il progresso della Storia”. Non un atteggiamento rinunciatario e fatalista questo. Bisogna essere realisti rimanendo fermi nelle nostre convinzioni, pur se il resto va in malora e non ci si rende conto di ciò. Anzi se ne mena vanto.
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