di GILBERTO TROMBETTA (FSI-Riconquistare l’Italia Roma; candidato sindaco 2021)
Come qualcuno aveva avuto modo di dire nei mesi passati, la pioggia di miliardi con cui – secondo gli ascari unionisti nostrani – la UE avrebbe dovuto inondare l’Italia non esiste. E non esisterà mai. Anzi, a ben vedere – come sempre – sarà l’Italia a regalare soldi a fondo perduto all’Unione Europea. Anche escludendo il contributo al bilancio UE dei prossimi 7 anni e prendendo in considerazione solo il Recovery Fund (che oggi ancora non esiste, ricordiamolo sempre).
Sì, perché stando ai documenti ufficiali disponibili, all’Italia del Recovery Fund spetterebbero – nella migliore delle ipotesi – 127,6 miliardi di euro in prestiti e 63,8 miliardi in sussidi. Sussidi che sommando anche gli altri programmi UE (REACT-EU, Horizon Europe, RescEU, ecc.) arriverebbero massimo a 81 miliardi. Il contributo dell’Italia al Recovery Fund, stando al documento dei servizi della Commissione Europea SWD (2020)
98 FINAL sarebbe di 96,3 miliardi. Vuol dire, escludendo i prestiti che per definizione vanno restituiti, un saldo negativo per quanto riguarda i sussidi di 15,3 miliardi. A cui vanno aggiunti i 20,3 miliardi di contributo al bilancio UE che l’Italia dovrà versare nel settennio 2021-2027. Cioè un saldo negativo complessivo per l’Italia di 35,6 miliardi per i prossimi 7 anni. Altro che pioggia di miliardi a fondo perduto.
L’Italia tra il 2000 e il 2020 ha dato circa 163 miliardi di euro a fondo perduto alla UE (circa 103 miliardi di contributi netti alla UE più 58,2 miliardi tra contributo al MES, al fondo EFSF e prestiti bilaterali). Si tratta di circa 200 miliardi di euro nel periodo che va dal 2000 al 2027. Quella è l’unica pioggia di miliardi, gli unici sussidi a fondo perduto. Quelli che l’Italia ha versato e verserà all’Unione Europea.
L’unico Recovery Fund per l’Italia sarebbe quello di lasciare la UE e smettere di pagare il pizzo unionista in cambio del quale ci vengono chiesti solo tagli e riforme lacrime e sangue (vedere la
lettera della BCE dell’agosto 2011 e le
raccomandazioni della Commissione Europea ai Paesi membri degli ultimi anni). Avremmo 200 miliardi di ottimi motivi per lasciare la gabbia unionista. Anzi, 200 miliardi più 1. Il più importante. Perché al di là dei conti economici (pur importanti) ce n’è uno di motivo molto più importante di quei 200 miliardi di euro sottratti alle famiglie italiane: la libertà. E quella, per definizione, non ha prezzo. Non dovrebbe averlo.
Il diritto all’autodeterminazione di un popolo non potrebbe mai essere scambiato per pochi miliardi di euro. Figuriamoci pagare per perdere la propria sovranità. Quella che la nostra Costituzione attribuisce a noi. Al popolo.
«Nella Costituzione abbiamo scritto, nel primo articolo: “L’Italia è una Repubblica democratica” – spiegava Lelio Basso in un suo celebre discorso a braccio – poi abbiamo aggiunto quelle parole forse sovrabbondanti “fondata sul lavoro”; e poi abbiamo ancora affermato il concetto che la “sovranità appartiene al popolo”. Sembra una frase di stile e non lo è. Le costituzioni in genere hanno sempre detto “la sovranità emana dal popolo” “risiede nel popolo”; ma un’affermazione così rigorosa, come “la sovranità appartiene al popolo che la esercita” era una novità arditissima. Contro la concezione tedesca della “sovranità statale”, di quella francese della “sovranità nazionale”, noi abbiamo affermato la “sovranità popolare” quindi democratica. A questo tipo di sovranità io tengo».
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