Eurozona, gli ambasciatori firmano il trattato del nuovo MES. Ora la parola ai Parlamenti
Di: Eurozona (Redazione)
Bruxelles – Il nuovo Mes può partire. Gli ambasciatori degli Stati membri dell’UE con la moneta unica hanno firmato il trattato che modifica e accresce il mandato del Meccanismo europeo di stabilità, il fondo salva-Stati anti-crisi creato il 25 marzo 2011 per prestare soldi ai governi in difficoltà. E’ già intervenuto per disinnescare le crisi di Grecia, Cipro, Irlanda, Spagna e Portogallo. le nuove modifiche l’organismo inter-governativo diventa elemento centrale dell’unione bancaria, e strumento di stabilità vera. Dall’1 gennaio 2022 fornirà denaro al Fondo di risoluzione unico, istituito per ristrutturare o liquidare le banche in difficoltà. Sempre che i parlamenti nazionali ratifichino per tempo.
La firma di oggi è il prima passo di un processo che si concluderà non appena i 19 Parlamenti dell’eurozona avranno dato il loro benestare. Fino a quel momento le nuove regole non saranno vigenti. I rappresentanti degli Stati membri non hanno voluto cerimonie di alcun genere, visto che in Italia il Parlamento balla e che l’Estonia, causa cambio di governo, non ha potuto sottoscrivere il nuovo trattato, e lo farà “non appena possibile”. Manca una firma, e oltretutto nel corso del 2021 ci sono equilibri parlamentari suscettibili di cambiamenti in almeno tre Stati: Paesi Bassi (al voto il 17 marzo), Cipro (rinnovo del Parlamento il 23 maggio) e in Germania (elezioni il 26 settembre). Più le incertezze sui cambi di maggioranza in Italia.
Più tardi di si fa, più aumenta il rischio che qualcosa possa andare storto. Ciò nonostante il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, usa toni trionfalistici. “Oggi segniamo un’importante pietra miliare nell’ulteriore sviluppo dell’Unione economica e monetaria, che rafforzerà le capacità di prevenzione e risoluzione delle crisi dell’area dell’euro, nonché l’Unione bancaria”. Questo grazie al nuovo backstop comune, che “contribuirà a garantire che un fallimento bancario non danneggi l’economia più ampia o provochi instabilità finanziaria”.
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