C’è tempo
di LORENZO D’ONOFRIO (FSI-Riconquistare l’Italia Pescara)
Il cittadino comune, perlopiù consumatore, lo comprendo. Lo tollero sempre meno, ma lo comprendo. Comprendo sia le speranze di quelli che invocano il “salvatore”, dal quale si attendono, invano, la salvaguardia della propria condizione di consumatore.
Comprendo anche quelli che di speranza non ne hanno più e sono rassegnati, perché la condizione di consumatore, alla quale erano morbosamente attaccati, l’hanno ormai persa.
NON comprendo invece quelli che come noi hanno studiato, hanno analizzato e hanno più o meno compreso la fase storica che stiamo vivendo, ma che ciononostante affermano che non c’è nulla da fare, o al contrario che bisogna fare qualcosa subito (cosa poi non sanno dire).
L’abbiamo sempre detto, c’è tempo, tanto tempo, una vita a testa, per organizzare la RIVOLUZIONE, che altri probabilmente faranno o che noi riusciremo appena, forse, a vedere.
Andrà tutto male, ancora per molto, ma sarà tutto necessario, le rivoluzioni nascono così, e non sono un pranzo di gala, disse qualcuno che ne sapeva. Per cui davvero non capisco quelli della nostra area che si disperano per come stanno andando le cose, perché hanno fretta di recuperare o perché non credono che costruire la riscossa sia possibile: la Storia non finisce, mai, finiscono gli uomini, ma alcuni gettano semi e altri raccolgono le eredità.
Le cose stanno andando esattamente come devono andare: “il rivoluzionario non deve avere fretta”.
Mi considero un sovranista e mi rispecchio spesso nei vostri articoli e indubbiamente nel vostro programma, ma credo che questo tipo di discorso sia in parte consolatorio in parte molto laburista. La Rivoluzione è sempre “domani” o nella prossima vita (di qualcun’altro).
Per inciso i Laburisti furono quelli che nel Regno Unito vennero “inventati” per smorzare appunto lo spirito rivoluzionario del nascente Partito Comunista, cioè per dare un alternativa riformista alla classe operaia dell’epoca, che vedeva appunto nel PC inglese l’accoglienza delle loro rivendicazioni.
Abbandoniamo il discorso sulla Rivoluzione, che è troppo facile guardare dall’alto e lontano e dire ci vorranno tanti anni, tante vite.
Quando si fanno piani così lunghi da superare una vita umana, si tende a perdere il senso pratico, soprattutto se non si ha una posizione di potere tale da consentire una simile pianificazione.
Ammettiamo comunque che serva più di una vita, che la Rivoluzione sarà fatta dai nostri figli o nipoti.
Benissimo, in base a quale programma, piano d’azione o progetto, si afferma che la Rivoluzione sarà tra 50 o 70 anni?
Cosa si è programmato di fare tra 3 mesi, tra 1 anno, tra 5 anni, tra 10, 20, etc. per poter affermare con consapevolezza che la Rivoluzione sarà tra X decenni?
Perchè per me se non si ha una risposta puntuale e concreta a questa domanda, allora significa che non l’affermazione in question è priva di fondamento; o meglio che trae fondamento non da un Progetto di azione, ma da un Progetto ideologico, che è perlopiù ricco di intenzioni, ma povero di azioni e realizzazioni.
Con questo non intendo muovere una critica a FSI… ci mancherebbe altro! Ringrazio voi e l’Onnipotente per il fatto che esistano forze simili.
No il mio vuole essere un duplice sprone:
1. Uno sprone a porsi sia obiettivi di lungo respiro (anche 100 anni), ma solo se supportati da un piano strategico che stia nella vita di un uomo, perchè solo questo è nel potere di un uomo: il tempo di una vita. E’ in quel tempo che deve saper seminare e raccogliere qualcosa, o almeno vedere germogliare i semi, altrimenti si entra nella sfera d’azione del divino.
2. Uno sprone a rendersi conto che la pratica, la realtà, la magnitudine dei cambiamenti e delle forze in campo esigono che un moto rivoluzionario generi un quanto di forza in un periodo di tempo di una vita, altrimenti non crea quel volano, quel salto quantico che serve da propellente appunto anche solo all’inizio di un moto rivoluzionario.
Detto in soldoni: perchè le forze sovraniste – che più che mai e più di altre dovrebbero comprendere la necessità pratica di tracciare un segno percepile nella storia umana (pena l’oblio) – sono spesso rinchiuse in torri d’avorio intellettuale, con atteggiamento quasi utopicamente intransigente?
Perchè le piccole e sparute forze sovraniste non si uniscono in una sorta di CLN come con intelligenza fecero i nostri nonni di fronte alla minaccia mortale del fascismo?
Nel CLN c’erano comunisti, democristiani (futuri), socialisti, monarchici, repubblicani, liberali, uniti dalla causa comune di liberare un popolo per farlo tornare Libero (e quindi democraticamente sovrano).
Noi oggi con tutto quello che sappiamo, con tutta la saggezza della storia e sì anche quella che ci deriva proprio dall’essere sovranisti (perchè bisogna studiare di più per arrivarci!)… ebbene con tutto questo però non riusciamo a superare piccoli steccati, per unirci e riuscire a combinare qualcosa di più, qualcosa che tracci un segno che altri possano scorgere in questa vita.
Caro Luca, grazie del commento, inizio dalla fine.
Nel CLN si unirono dei partiti, non dei tentativi. Prima di unire i soggetti collettivi è necessario che essi abbiano dimostrato di esistere, e cioè di saper non perdere pezzi, o di perderne in misura irrisoria, di saper diffondersi con una certa omogeneità sul territorio nazionale, di riuscire ad esprimere dei candidati (possibilmente di valore) in diverse elezioni territoriali, locali e regionali, di saper crescere in quantità e qualità dei militanti nel tempo, anche se lentamente, di aver espresso un gruppo dirigente con le qualità caratteriali adatte all’arte della politica, che è la capacità di unire mediazione tattica e coerenza strategica.
Unire soggetti del genere è semplice, anche laddove, eventualmente, alcuni punti programmatici non coincidessero.
Unire dei tentativi, invece, è la ricetta per il disastro, soprattutto se ad unirsi sono da un lato tentativi solidi (che abbiamo dimostrato sul campo di avere le caratteristiche di cui sopra) e dall’altro raggruppamenti di personaggi, che non hanno dimostrato capacità in quel senso.
Per quanto riguarda la pazienza, si tratta di impegnarsi in un’analisi di fase e raggiungere una conclusione quanto più coerente con i vincoli oggettivi. Pensare che una forza anti-europeista, neo-socialista, patriottica, nel 2023 o nel 2028 o nel 2033 possa ambire a governare il Paese, è velleitario. L’analisi sbagliata porta sempre a risultati deludenti se non catastrofici. Occorre avere il realismo di inserirsi nel flusso storico con umiltà, distinguendo la propria esistenza biologica dai tempi della storia e dei soggetti collettivi, che sono altri.
Questo in nessun modo giustifica l’inazione. La storia non è scritta e senza costruire l’opposizione popolare, pluriclasse, anti-europeista e neo-socialista non c’è modo, neanche sul lungo periodo, di ambire ad un radicale cambio di rotta. D’altra parte non è retorico dire che anche una opposizione radicale, se dalle fondamenta d’acciaio, può influire ancor prima di governare eventualmente il Paese. Non possiamo e non vogliamo ignorare l’influenza decennale del Partito Comunista, del Partito Socialista e delle singole correnti social-democratiche della Democrazia Cristiana durante la Prima Repubblica, né sarebbe serio ridurre il tutto, come molti fanno, ad un quadro geopolitico più favorevole. La radicalità della Costituzione italiana del 1948 non era necessaria agli Stati Uniti, non lo era la Resistenza, e non lo è stato nemmeno l’impianto per molti versi socialista delle politiche pubbliche e della stessa politica estera. Inutile sperare nel Risorgimento senza prima aver costruito, per anni, anche fallendo, il vascello patriottico, inutile sperare nella Resistenza senza prima aver costruito, nell’ombra e nell’illegalità, la classe dirigente post-fascista.