Quelli che “Draghi è furbo e ci salverà”
di LUCA RUSSI (RI Arezzo)
Dove ci porterà Draghi? Dove vogliono portarci da 30 anni quelli come lui, né più né meno. Draghi era direttore generale del Tesoro e quindi membro del comitato di presidenza dell’Iri al tempo delle privatizzazioni.
La Germania e la Francia, in cambio del sì al nostro ingresso nell’unione monetaria, avevano chiesto la “messa in sicurezza” dei conti nazionali attraverso la riduzione della spesa pubblica, la chiusura delle componenti in perdita dell’Iri (in perdita perché gravati dai cosiddetti “oneri impropri”, ovvero perché l’Iri non si proponeva di fare utili come una qualsiasi azienda privata e non certo perché fosse quel carrozzone che oggi dànno ad intendere che fosse), e la cessione sul mercato dei pezzi buoni del patrimonio industriale di proprietà dello Stato.
Erano considerate condizioni essenziali per ridurre l’entità del debito pubblico e per diminuire lo spread fra i Btp italiani nominati in lire e i Bund tedeschi nominati in marchi; queste cose le ha dichiarate ancora pochi mesi fa un certo Prodi (quello che «con l’€uro lavorerete di meno e guadagnerete di più», qualcuno se lo ricorda?). Il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi e il direttore generale del Tesoro Draghi credevano profondamente nella unificazione monetaria a completamento del progetto comunitario e, dal punto di vista tecnico, rispondevano con scelte puntuali a un vincolo esterno da loro assolutamente condiviso.
Quelli che oggi dipingono Draghi come un keynesiano che vuole “cambiare l’Europa dal di dentro” sono dei patetici idioti: se oggi i titoli di stato italiani beneficiano di bassissimi tassi d’interesse, in un quadro in cui un Paese privato della propria sovranità monetaria ed investito da una crisi economica senza precedenti (crollo del Pil del 9% secondo le stime ufficiali, fin troppo ottimistiche) ha visto ulteriormente levitare il proprio debito pubblico, è solo perché i vertici della Bce, contravvenendo ai propri obblighi statutari che gli vieterebbero di acquistare i titoli degli stati membri dell’Euro-zona (per di più senza osservare il principio cardine del “capital key”, ovverosia in proporzione alle quote capitale della stessa Banca Centrale) lo stanno facendo lo stesso (e infatti la Corte Costituzionale tedesca sarà chiamata a pronunciarsi per la terza volta in merito).
Solo che in cambio di questa cosa, e per tacito accordo (tanto per cambiare non passato neppure dal Parlamento, prassi di politica monetaria inveterata oramai dai tempi del famoso Divorzio tra Tesoro e Bd’I, dunque “since 1981”), a fronte di richieste dei nostri tds per centinaia di miliardi ne vengono piazzate solo le briciole; e questo semplicemente perché si aspetta ad indebitarci, con condizionalità politiche pesantissime e vincoli di utilizzo dei fondi (che non avremmo vendendo all’asta i nostri titoli), tramite il famigerato Recovery Fund di cui Draghi è il supremo garante.
Quindi sì: lui indubbiamente è furbo, voi con tutta evidenza molto meno.
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