Intelligence e processo decisionale
di DIFESA ONLINE (Renato Scarfi)
Attorno al mondo dell’intelligence ruotano leggende alimentate dal mistero che avvolge questo tipo di attività. Gli scrittori e i produttori cinematografici ben conoscono la presa che l’argomento ha sul pubblico. Quando emerge qualche fatto reale, come le espulsioni delle ultime settimane di numerosi diplomatici da varie Ambasciate europee, russe e americane, l’arresto di personaggi che vendono informazioni classificate all’avversario o l’acquisizione di mezzi per la sorveglianza (v. articolo) le fantasie di ciascuno si accendono e vagano eccitate nell’infinito mare dell’immaginazione.
Tuttavia, il lavoro di intelligence è spesso tutt’altro che eccitante. A parte coloro (le spie) che fisicamente sono deputati a raccogliere o verificare le informazioni sottraendole al (potenziale) avversario, il lavoro di intelligence si basa sulla valutazione di una considerevole mole di informazioni, correlando quelle più segrete (e difficili da ottenere) con quelle ricavabili dalle cosiddette “fonti aperte”, ovvero a disposizione di tutti come web, giornali, riviste specializzate, libri, foto, ecc… Praticamente più un lavoro da topo di biblioteca come il “Condor” (dal bel libro di James Grady) che da personaggio atletico e affascinante come James Bond. Ciò nonostante, il lavoro di analisi e valutazione delle informazioni, sostanzialmente una sfida tra cervelli (o intelligenze), può riservare notevoli soddisfazioni.
Cos’è l’intelligence
Il termine intelligence ha origine dal latino intelligentia e significa “conoscenza, cognizione di qualcuno, di qualcosa”. Si tratta, quindi, di un’attività che ha come scopo l’acquisizione della conoscenza in un certo settore, che può attenere alla sfera militare (come la consistenza e la preparazione delle Forze Armate di un altro Paese), dell’anticrimine o dell’antiterrorismo (come la struttura e le attività delle organizzazioni criminali/terroristiche), dell’industria (come il livello tecnologico complessivamente raggiunto e l’attività nel settore dei sistemi d’arma). L’intelligence, pertanto, è un’attività attinente alla sfera del sapere, il cui risultato è un’informazione utile che viene cercata, raccolta, filtrata, valutata, integrata, comparata, interpretata e valorizzata in modo da essere, per quanto possibile, completa, accurata e tempestiva, al fine di permettere al decisore (politico, militare, investigativo o imprenditore) di conoscere, formarsi un’idea e stabilire le azioni conseguenti.
Di fatto, ognuno di noi svolge inconsapevolmente ogni giorno un lavoro di intelligence nel corso delle proprie attività quotidiane. Quando decidete di acquistare un prodotto invece che un altro, infatti, avete svolto un semplice lavoro di intelligence attraverso la raccolta e la valutazione di tutte le informazioni dalle fonti disponibili (internet, locandine, messaggi pubblicitari, ecc…) per essere in grado di scegliere il prodotto che risponde maggiormente alle vostre necessità.
È ovvio che il personale civile e militare che si occupa di intelligence svolge le proprie funzioni a un maggiore livello di approfondimento e tratta informazioni decisamente più sensibili di quelle che vengono trattate dovendo decidere se acquistare un’auto piuttosto che un’altra. Più sale il livello decisionale e maggiore è la delicatezza del lavoro che viene svolto.
Prendendo in esame gli aspetti strategici del lavoro di intelligence possiamo, quindi, affermare che la conoscenza che ne deriva permette la formazione di una politica estera e la modulazione dei rapporti con gli altri Paesi, sia in un’ottica di sicurezza e difesa che industriale ed economica. Se la politica estera è lo “scudo” del Paese, come lo ha definito Walter Lippman, l’intelligence è quindi lo strumento che permette allo scudo di essere nel posto giusto al momento giusto. Ed è anche lo strumento per mezzo del quale è eventualmente possibile guidare la “spada”. Si tratta, pertanto, di un lavoro indispensabile per assicurare il benessere e la sicurezza dei cittadini, per il miglioramento del loro sistema di vita e per fornire gli strumenti conoscitivi per la protezione del Paese, dei suoi ideali e dei suoi interessi.
La raccolta delle informazioni consiste principalmente in due settori operativi: la sorveglianza e la ricerca. La sorveglianza, così come intesa nell’intelligence, è l’osservazione passiva di cosa succede nell’altrui campo. Il processo di osservazione può essere palese, occulto o una combinazione dei due. La ricerca è, invece, un processo attivo che permette di sviscerare la capacità dell’avversario e i suoi punti di debolezza. Per il raggiungimento dei propri obiettivi, la ricerca è spesso condotta in modo occulto.
In tale ambito va sottolineato che il “ciclo dell’intelligence” non presenta soluzione di continuità, in quanto il lavoro riparte immediatamente dopo aver fornito al decisore gli elementi informativi richiesti perché, a loro volta, questi generano nuove esigenze informative e nuove richieste di approfondimento. Il ciclo si può sintetizzare partendo dalla fase della richiesta, in cui i decisori determinano una domanda in base alle loro necessità strategiche. Segue una fase di pianificazione, durante la quale vengono identificati i modi per l’acquisizione delle informazioni, e di raccolta, più o meno segreta e più o meno rischiosa a seconda che si stia parlando di informazioni politiche, militari, anti-crimine o industriali.
Una volta che si è giunti in possesso delle informazioni, si prosegue con la fase di analisi e di produzione dell’intelligence vera e propria, la quale verrà a questo punto distribuita sia ai richiedenti originari che a tutte le strutture che si suppone possano trarne vantaggio.
Le fonti di intelligence
Nel mondo dell’intelligence, il termine “fonte” sta a indicare qualunque sorgente di informazione. Nel recente passato tutto lo spionaggio, prima fra gli alleati e il blocco nazista e dopo fra i due blocchi della guerra fredda, si è basato sulla figura dell’informatore, del defezionista o dell’infiltrato e il termine “fonte” era riferita a questi personaggi, in quanto questa era sostanzialmente l’unica modalità per ottenere informazioni sull’avversario. Al giorno d’oggi, con l’enorme progresso tecnologico dell’elettronica, oltre alla storica figura dell’informatore, è possibile fare ricorso a diverse altre fonti come, per esempio, il database aziendale, la fotografia satellitare, l’intercettazione ambientale, la registrazione clandestina delle emissioni elettromagnetiche e delle comunicazioni. Oltre alla classica HUMINT (Human INTelligence), ora abbiamo quindi una grande varietà di fonti, che possono essere riunite sotto il nome generico di TECHINT (TECHnical INTelligence), l’intelligence raccolta attraverso mezzi tecnologici, o di OSINT (Open Source INTelligence).
Lo sviluppo tecnologico, la nascita del villaggio globale, le nuove contingenze geopolitiche e la crescente dematerializzazione dell’economia oggi pongono una sfida senza precedenti a tutti gli operatori del settore, ma offrono anche nuove opportunità di raccolta delle informazioni. Il cambiamento del confronto politico, militare e della concorrenza economica/industriale a livello internazionale ha, infatti, costretto a percorrere nuove strade per la raccolta delle informazioni. Nella nuova contrapposizione tra il blocco occidentale e il mondo del fanatismo religioso islamico o del terrorismo internazionale, per esempio, non è più possibile pensare di infiltrare facilmente un gruppo islamico o terroristico, basato spesso su strettissimi legami familiari o tribali1, né di convincere alla defezione persone motivate da convinzioni religiose profondamente radicate. Diverso è il caso dello spionaggio industriale, dove la HUMINT rimane uno dei capisaldi della raccolta di informazioni, sia tramite il contatto diretto con il dipendente dall’azienda “nemica” sia attraverso l’opera di personaggi che, pur essendo estranei all’azienda, hanno facilità di accesso ai dati, come per esempio il personale delle pulizie o i consulenti informatici.
La TECHINT è prevalentemente impiegata per raccogliere informazioni riguardanti le Forze Armate straniere (armamento, equipaggiamenti, consistenza, dislocazione, ecc…). La conoscenza, per esempio, delle caratteristiche e delle capacità delle armi dell’avversario permette di sviluppare adeguate contromisure in grado di ridurne (o auspicabilmente annullarne) l’efficacia. Ha avuto inizio durante la prima guerra mondiale, con le prime fotografie aeree del campo nemico, e il progredire della tecnologia ha poi aperto altre strade per la raccolta di informazioni, permettendo il trasferimento della comunicazione su mezzi elettronici o digitali, e diventando oggi senz’altro la prima fonte di approvvigionamento di informazioni militari. Al giorno d’oggi, infatti, qualunque emissione elettromagnetica o comunicazione umana è virtualmente intercettabile e acquisibile da parte di chiunque, rimane semmai il problema di come trattare l’enorme quantità di dati raccolti e di come individuare le informazioni importanti.
Nel caso delle informazioni provenienti da fonti aperte (OSINT), le problematiche sono legate alla sovrabbondanza di dati, talvolta al limite della saturazione, che spesso rende difficile, se non impossibile, recuperare l’informazione desiderata. Tra i miliardi di informazioni disponibili, infatti, solo alcune sono realmente utili e la loro identificazione non è affatto semplice. Internet è esempio illuminante di risorsa di questo genere, pur non essendo la sola né necessariamente la migliore. La mancanza di informazioni da queste fonti è ormai un fenomeno rarissimo, eppure si potrebbero citare esempi di sorprese che hanno provocato insuccessi e il cui studio “a posteriori” ha rivelato che tutte le informazioni necessarie e attinenti erano state o avrebbero potuto essere raccolte. Per aiutare nella selezione delle informazioni dalle fonti aperte sono stati, quindi, sviluppati diversi strumenti per aiutare l’operatore dell’intelligence nel suo compito, dagli strumenti di DataWareHouse al Data Mining e al Text Mining. È chiaro che le fonti aperte non consentono l’acquisizione di informazioni segrete, che sono il vero scopo del lavoro di intelligence, ma spesso consentono di determinare scenari o avere conferma indiretta di informazioni raccolte con altri sistemi.
Le informazioni complessivamente raccolte vengono poi messe a sistema, valutate, interpretate e valorizzate. Uno dei metodi con il quale viene svolto tale lavoro è la cosiddetta “SWOT analysis”, che prende in considerazione i punti di forza (Strengths) e le debolezze (Weaknesses) di una certa organizzazione, confrontandole con le opportunità (Opportunities) che offre e le minacce (Threats) a essa correlate. L’analisi dei rapporti di forza con l’avversario, la valutazione degli equilibri politici e delle potenzialità economiche del Paese, lo studio delle alleanze in corso possono portare a risultati eccezionalmente importanti nel prevedere l’atteggiamento del potenziale avversario.
Tuttavia, è bene tener presente che nessuna metodologia di acquisizione e valutazione delle informazioni e nessuna fonte, neanche la più affidabile può, comunque, completamente eliminare il seme dell’incertezza o predire comportamenti inaspettati.
L’intelligence al giorno d’oggi
Come scrive Michael Herman2, l’intelligence ha come oggetto l’avversario, sia interno che esterno. Ciò si traduce in una serie di attività svolte nei confronti di Stati, strutture organizzative e/o singoli individui, considerati ostili, rivali, competitivi o comunque d’interesse per il conseguimento di specifici obiettivi, che possono essere politici, militari, investigativi o anche economici.
Il “gioco” delle spie, tendente a carpire il maggior numero di informazioni di valore all’avversario non è quindi mai realmente venuto meno, nonostante la caduta della “cortina di ferro”. Sta di fatto che, come afferma l’ammiraglio di squadra Sergio Biraghi in un’intervista concessa a un quotidiano, “…le regole sono sempre le stesse, loro ci provano, noi dobbiamo impedirlo. Ma vale anche all’inverso, pure noi ci proviamo…”. Non solo, come dimostra il caso delle intercettazioni dei leader europei disposte da Barack Obama, un certo livello di “curiosità” viene rivolto anche verso coloro che fanno parte dello stesso schieramento. Ampliando quanto scritto da S. Sontag e C. Drew3, i servizi di intelligence di tutti i Paesi si comportano esattamente come dei giocatori che giocano a poker in una stanza piena di fumo. Tutti barano, ma nessuno può accusare gli altri, altrimenti il gioco finisce.
Ciò significa che, in un mondo nel quale le relazioni internazionali sono sempre più frequentemente governate da reciproca diffidenza e competizione e solo molto raramente caratterizzate da lavoro parallelo, il lavoro di intelligence e la ricerca di conoscere le vere intenzioni dell’avversario geopolitico o del competitor economico occupano un posto di primo piano tra i contributi informativi dati al decisore.
Il lavoro di intelligence, inoltre, sta diventando sempre più complesso e specializzato. Ciò ha sollecitato il costante affinamento della ricerca informativa, l’acquisizione di nuove competenze e l’aggiornamento di chiavi di lettura e paradigmi interpretativi. Le competenze richieste per accedere a questo mondo sono oggi sempre meno “muscolari” e avventurose, con buona pace del simpatico James Bond, ma spaziano dalle discipline più note e comuni (psicologia, storia, ingegneria nelle sue varie specializzazioni, chimica, geopolitica, ecc…) a quelle meno prevedibili (economia, finanza, relazioni internazionali, storia delle religioni, sociologia, antropologia, scienza delle comunicazioni, lingue rare, ecc…), senza assolutamente trascurare un buon background tecnologico.
In tutto questo, le Ambasciate, i palazzi della politica, i centri dell’intelligence, gli Stati Maggiori e le aziende che trattano di armamenti o di alta tecnologia continueranno a essere teatro inevitabile di vivaci intrighi spionistici. Se da un lato alcuni operatori di intelligence si appoggiano alle proprie Ambasciate, sotto varie coperture diplomatiche, per svolgere il loro lavoro di raccolta di informazioni dentro i palazzi dove vengono prese le decisioni strategiche e dove vengono quotidianamente custodite e trattate informazioni segrete e carteggio classificato, dall’altro la stessa sede diplomatica è da sempre oggetto del desiderio dell’intelligence del Paese ospite. Il caso dell’Ufficiale in servizio presso lo Stato Maggiore della Difesa italiano, sorpreso mentre passava documenti classificati a un Ufficiale russo in servizio presso la propria Ambasciata a Roma, in cambio di denaro, ne è un esempio tipico, come il caso di Kim Philby, l’agente dell’intelligence britannica che rivelò al KGB l’identità di molti suoi colleghi, tra cui quello stesso John le Carré che avrebbe poi raggiunto il successo con i suoi romanzi di spionaggio.
In tale ambito, il processo di reclutamento per lo HUMINT, prevede una prima individuazione del target, che deve essere correlato all’obiettivo informativo individuato, poi segue una fase di avvicinamento e di valutazione delle sue motivazioni e sulla sua futura lealtà e disponibilità, seguito poi dalla valutazione del materiale ricevuto. Per essere identificato come target, non è indispensabile ricoprire un incarico apicale, né trattare normalmente materiale classificato, ma spesso è sufficiente che il proprio incarico permetta di entrare nelle stanze dove tale materiale è usato da altri. Per quanto riguarda la seconda fase, che inizia con l’avvicinamento, esso può avvenire nei più svariati modi, tutti apparentemente “innocenti” o “casuali” come ricevimenti, concerti, manifestazioni sportive, ecc… A tale fase segue quella di valutazione delle motivazioni, su cui sono stati svolti moltissimi studi, sia a carattere sociale sia psicologico, per individuare e classificare le caratteristiche salienti che rendono l’indole umana più o meno incline al “tradimento”.
È senz’altro indispensabile disegnare un quadro molto particolareggiato del potenziale informatore, al fine di poterne individuare potenzialità e lacune. In quest’ottica vengono analizzate le caratteristiche fisiche ed estetiche, lo stato di salute, la storia personale e familiare, il carattere e il temperamento, i presupposti ideologici, il comportamento sociale e le abitudini, il lavoro e l’ambiente sociale acquisito. Per ognuna di queste caratteristiche è poi presentata una lista dettagliata delle informazioni da acquisire fino ad avere un quadro completo della figura. Il reclutatore, una volta identificato il bersaglio, getta l’amo e attende che il pesce desiderato abbocchi, inizialmente accettando ospitalità, ”amicizia” e favori da parte del “pescatore”. Tali offerte di favori spesso incoraggiano alcuni vizi o tenore di vita, che portano a essere compromessi e, quindi, ricattabili.
Per quanto attiene al TECHINT, i progressi dell’elettronica hanno ormai permesso la predisposizione di apparati sempre più adeguati alla raccolta e selezione delle informazioni richieste. Microspie sempre più compatte, sommergibili, aerei, navi e satelliti che ospitano sistemi optoelettronici con capacità sempre più spinte e possibilità sempre maggiori di cattura e registrazione delle emissioni elettromagnetiche consentono di tenere teoricamente sotto controllo qualunque possibile avversario ovunque si trovi.
Conclusioni
George Washington (1732-1799) soleva affermare che “…la necessità di procurarsi buone informazioni è evidente e non merita ulteriori discussioni…” e al Duca di Marlborough (1650-1722) piaceva sottolineare come “…nessuna guerra può essere combattuta con successo senza informazioni tempestive e sicure…”. Affermazioni che nessun politico, militare o capo di un’azienda si sognerebbe mai di contestare.
Fin dalle origini la raccolta di informazioni di vitale importanza è stata utile per prevenire o attenuare gli attacchi dei nemici o per battere un concorrente economico. Dai Sumeri, nel 4.000 a.C., agli egizi, ai greci, ai romani, tutti hanno costruito e impiegato un servizio informativo, con lo scopo di far loro conoscere in anticipo le intenzioni dei Paesi vicini o delle città-stato confinanti.
Perfino nella Bibbia si fa più volte riferimento al lavoro di intelligence laddove, per esempio, il Signore suggerisce a Mosé di inviare delle spie per raccogliere informazioni sulla terra di Canaan, promessa al popolo ebraico4. In epoca più recente Francis Walsingham, capo dello spionaggio della regina Elisabetta I, mise in piedi una rete spionistica internazionale per favorire la penetrazione commerciale inglese e la conquista di colonie. O anche il famoso turco Cicero che, durante la Seconda Guerra Mondiale, passava ai tedeschi i documenti segreti che l’Ambasciatore britannico in Turchia, Sir Hugh Knatchbull-Hughessen, lasciava imprudentemente sulla scrivania. Per finire a Richard Sorge, che diventò addetto stampa dell’Ambasciata nazista a Tokyo e consigliere dell’Ambasciatore Eugen Ott, posizione che gli permise di avvertire Stalin della decisione giapponese di non attaccare la Russia da est, permettendogli di spostare le sue truppe dal fronte orientale per fronteggiare a occidente i tedeschi che avanzavano.
Tuttavia, quel pionieristico lavoro poteva avvalersi di strumenti estremamente rudimentali, se confrontati con quelli disponibili oggi, e aveva spesso solo bisogno di uomini coraggiosi che lavoravano sotto copertura per carpire i segreti degli avversari.
Oggi l’operatore di intelligence ha, invece, una visione della propria attività molto più ampia che in passato, non più solo militare/operativa ma anche politico/valutativa, in grado di fornire al decisore informazioni utili a una migliore comprensione di realtà internazionali sempre più complesse e di difficile decifrazione. Con la fine del mondo bipolare e la nascita di fenomeni inediti e non statuali come il terrorismo di matrice confessionale, con la crescente difficoltà di difendersi in un mondo in continuo mutamento e radicalmente diverso da quello che abbiamo trovato quando siamo nati, nel quale i conflitti non sono necessariamente generati tra Stati, in cui il nemico è difficilmente individuabile con certezza, l’attività di intelligence tende a farsi globale e multidimensionale, allo scopo di scoprire tutti i segreti che il potenziale avversario nasconde.
In passato non è stato raro il caso di decisori che hanno voluto accedere direttamente al materiale raccolto dalle fonti per farsi un’idea diretta della situazione ma, con l’enorme quantità di dati e informazioni disponibili oggi, un approccio di questo genere non è più sostenibile, anche perché le informazioni, senza un’adeguata valutazione ed elaborazione, hanno un significato estremamente limitato. La crescente quantità di dati “grezzi” a disposizione rende, quindi, l’operatore di intelligence sempre più indispensabile al livello decisionale. La figura dell’operatore, che fornisce un prodotto finalizzato e impiegabile nel processo decisionale, diventa così insostituibile per il decisore.
Il ruolo dell’intelligence è, quindi, di massima importanza in un’era di pericolo continuo e di accesa rivalità economica, nel quale il “…cronicizzarsi di confitti e contenziosi, anche a causa delle proiezioni d’influenza da parte di Stati terzi, le difficoltà della mediazione multilaterale, l’antagonismo tra attori globali e la corsa alla primazia sul versante tecnologico, la regionalizzazione delle filiere produttive e il riposizionamento di attori e operatori nelle catene globali del valore, la crescente aggressività della competizione economica e il consolidamento di strategie d’ingerenza articolate e multiformi…”5 richiedono risposte pronte, consapevoli e coerenti.
Ecco perché questo lavoro è stato e sempre sarà indispensabile nel supportare il decisore nel suo difficile compito.
1 Cfr Renato Scarfi, Il terrorismo jihadista, Europa Edizioni, Roma, 2019
2 Cfr Michael Herman, Intelligence Power in Peace and War, Cambridge University Press, 1996
3 Sherry Sontag e Cristopher Drew, Immersione rapida, Il Saggiatore, 1998
4 Bibbia, Pentateuco, Numeri 13:1,20
5 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2020
Fonte: https://www.difesaonline.it/evidenza/approfondimenti/intelligence-e-processo-decisionale
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