Vaccy boys
Di: IL SIMPLICISSIMUS (Anna Lombroso)
Un’amica, vaccinata e scrupolosa esecutrice dei comandi e delle raccomandazioni delle autorità, ha avuto un brusco risveglio poco dopo aver partecipato della pubblica deplorazione dei renitenti del green pass e dei disertori del vaccino.
È successo che abbia risposta a una telefonata da un numero privato, una voce squillante per conto di una non meglio identificata società di rilevazione dell’opinione pubblica ha chiesto il suo parere sul salvacondotto, poi su un ipotetico e desiderabile obbligo vaccinale e infine le ha domandato “in quanto madre” se avrebbe vaccinato i figli adolescenti.
L’ insinuante investigatrice, alla risposta sfuggente dell’interlocutrice irritata dalla esplicita violazione della sua privacy, si è fatta incalzante, richiamando alla responsabilità genitoriale, a quella personale e visto che c’era anche a quella collettiva, finché al rifiuto netto della madre scriteriata si è fatta ancora più pressante, fino a chiedere il numero di cellulare dei ragazzi, in modo da poter ascoltare la loro voce e il loro parere senza intermediari allo scopo di “trattare” i dati raccolti.
Adesso mi aspetto la solita reazione dei disincantati che, beffardi, mi faranno presente che siamo assediati da stalker commerciali, da molestatori a norma di legge che possiedono i nostri dati sensibili.
Me li immagino i realisti e smaliziati, Shoshana Zuboff compresa, che preso atto del dominio del capitalismo della sorveglianza, una volta correttamente denunciatolo, ci ricordano subito dopo che la tecnopolitica ha vinto, che tocca arrendersi a essere identificati, controllati, vigilati, rintracciati e seguiti in ogni movimento, pulsione, desiderio, emozione oltre che consumo, e che non ci si può sottrarre agli effetti collaterali del progresso che ci ha portato tanti benefici. Vale per l’informatica che ci permette di colloquiare vis à vis con il corrispondente agli antipodi, vale per la ricerca scientifica concessa in regime di esclusiva all’industria che però ci mette a disposizione il vaccino, vale per la globalizzazione che ha abbattuto confini, facendo circolare merci, uomini e virus.
Insomma dobbiamo al covid l’esserci sbarazzati delle ultime riserve e resistenze che conservavamo in merito al controllo sociale, alla riduzione degli spazi privati e del libero arbitrio al servizio dello sviluppo insostenibile, che non conosce e non vuole limiti per riprodursi avido e incontrollato, bulimico e invadente: tanto non c’è alternativa, pare, se non qualche delicato accorgimento per ammansirlo e addomesticarlo, a beneficio, raccontano, delle generazioni a venire.
E invece sono proprio quelle, che occupano la retorica planetaria, a essere davvero a rischio, ammesso che intanto noi riusciamo a conservare qualche spazio vitale e non solo di sopravvivenza, ammesso che i preparati prodigiosi che stiamo assumendo non riservino più complicazioni immediate di un fastidioso prurito al braccio, ammesso che non veniamo estromessi del lavoro per fare spazio a individui più formati e proattivi, ammesso che abbiamo beni sufficienti per pagarci le cure mediche per patologie extra-Covid.
Perché sulla loro pelle si sta giocando una partita criminale, dagli inquietanti risvolti morali, ma non sorprendente: da sempre il mercato ha guardato loro come a un target da sfruttare per la commercializzazione e il consumo di prodotti con particolare attenzione per quelli superflui, trasformati in essenziali per via delle dinamiche ricattatorie esercitate su genitori intrisi del veleno dei complessi di colpa.
Già me li immagino gli speziali globali che sognano di trasferire le file di adolescenti davanti agli store di scarpe o iphone, incolonnate per sottoporsi alla somministrazione, in modo da conquistarsi la licenza perfino per andare a scuola in presenza, in palestra, addirittura al museo d’arte naturale, in discoteca, al campeggio, in treno diretti alla gita scolastica non più virtuale, anche se c’è da scommetterci che per evocare e favorire il climax è probabile che si richieda il lasciapassare anche per eventi a alta socialità immaginaria.
C’è davvero da preoccuparsi a leggere il nucleo centrale di un parere fornito dal Comitato nazionale di bioetica che sottolinea come nell’eventualità che «la volontà del grande minore di vaccinarsi fosse in contrasto con quella dei genitori», si ritiene «che l’adolescente debba essere ascoltato da personale medico con competenze pediatriche e che la sua volontà debba prevalere, in quanto coincide con il migliore interesse della sua salute psico-fisica e della salute pubblica». E che precisa che per gli adolescenti con patologie e rientranti nelle categorie identificate dal ministero della Salute per le quali la vaccinazione è raccomandata «emerge in forma ancora più pressante l’obbligo dei genitori (rappresentanti legali) di garantire ai propri figli il miglior interesse», in tal caso è importante ricorrere al comitato di etica clinica o ad uno spazio etico e, come extrema ratio, al giudice tutelare.
Se avete sperato che il filone americano dei legal movie con i casi di brufolosi adolescenti che si presentano al prestigioso studio di Manhattan dove un sacerdote del diritto prende a cuore la richiesta del giovinetto di emanciparsi da genitori o troppo severi o troppo permissivi, appartenesse al fantasy, allo storytelling di un popolo infantile eternamente steso sul lettino dell’analista in pieno complesso edipico, adesso invece le più cupe previsioni fantascientifiche si realizzano.
Da anni era già in corso una cospirazione volta a spezzare vincoli affettivi e patti generazionali per via dell’autorizzazione data alla pretesa di risarcimento dei giovani che accusano non il sistema, ma nonni e genitori di averli espropriati di beni e “futuro” per aver voluto e goduto troppo, da quasi due si favorisce distanziamento sociale e ora discriminazione ed emarginazione,
Adesso il cerchio si compie, favorendo la demolizione di una autorità affettiva e genitoriale con gli obblighi che ne derivano, per promuovere una autorità estranea, superiore, che non si assume nessuna responsabilità lasciata interamente in carico ai ragazzi abbastanza consapevoli e maturi da firmare una liberatoria.
Viene da chiedere ai pensatori che da giorni paragonano il green pass alla patente di guida perché non abbassare l’età per ottenere il documento per condurre un mezzo ai fatidici 12 anni, e, di conseguenza, anche il godimento del diritto-dovere di votare magari con le modalità in uso per i talent.
È difficile sperare che i ragazzi per spirito di ribellione, baldanza e istinto alla rivolta, si salvino da soli: l’indulgenza comprensiva per leader guardati come scapestrati ragazzini a 40 anni, la tolleranza per figli bulli e violentatori, la violenza esercitata su docenti colpevoli di proibire il telefonino o di comminare una punizione, la docilità di padri e madri pronti a sacrifici risarcitori del loro senso di colpa, insieme all’adesione a una cultura del futuro che ha costruito il mito della competizione selvaggia combinata con la fidelizzazione, della necessità di comprare una dotazione cosmopolita per abilitare i figli a entrare nel mercato del lavoro da vincenti, nulla ha aiutato i ragazzini a restare tali, a annoiarsi, a disobbedire, a accettare dei No, a essere curiosi e cercare risposte, a avere fiducia, a cercare protezione e trovarla da chi li ama, educandoli e non solo appagando caprici, e non da un tribunale o un comitato etico.
FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2021/08/04/vaccy-boys/
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