Per una guerra contro la Cina, gli USA non sono pronti
di L’INDRO (Gabriella Peretto)
Gli Stati Uniti si trovano con armi inutili in termini di deterrenza contro la Cina. Le capacità militari potrebbero non essere in grado di sostenere gli impegni di politica estera. E i progressi cinesi nell’IA militare sono guidati dalla tecnologia e dal capitale americani
L’incontro virtuale tra il Presidente USA Joe Biden e il Presidente della Cina Xi Jinping di lunedì sera (ora di Washington), alla fine, per quanto nulla di concreto sia stato deciso e definito -esattamente come era previsto- è andato bene. Ovvero, Biden e Xi hanno riportato la relazione più o meno in carreggiata, hanno concordato sulla necessità di un canale di comunicazione stabile volto a evitare la guerra -data per possibile, se non probabile, nei mesi scorsi da molta parte della comunità dei osservatori. Il disaccordo su molte questioni, lo scontro politico-diplomatico, la concorrenza, a partire dal fronte economico e tecnologico, sarà inevitabile, ma non dovrà, hanno riconosciuto, trasformarsi in scontro frontale. E’ nell’interesse di tutte due le parti che emerga una relazione ‘praticabile‘, e che si eviti in ogni modo il conflitto.
Un conflitto che preoccupa in particolare Washington, perchè, mentre cresce in rapidità e qualità lo sviluppo militare della Cina -dall’arsenale nucleare ai missili ipersonici abilitati allo spazio- la supremazia militare degli Stati Uniti traballa, gli USA, secondo non pochi osservatori, non sono pronti per una guerra con la Cina. Perchè mentre il ‘pivot verso l’Asia‘, ovvero il rischio guerra con la Cina, si è stagliato all’orizzonte, gli Stati Uniti dopo due decenni di priorità data alle armi per la guerra contro le insurrezioni, si trovano con armi inutili in termini di deterrenza contro la Cina, ovvero per un conflitto globale, «il Pacifico non è un posto per sistemi di controinsurrezione a corto raggio», come afferma, dalle colonne di ‘Foreign Policy‘, Richard Aboulafia, vicepresidente dell’analisi presso la società di analisi e consulenza della Difesa Teal Group. Le due estremità dello spettro del conflitto sono controinsurrezione e competizione tra grandi potenze, l’approvvigionamento di armi avviene in funzione dell’una o dell’altra o in funzione delle due. Gli USA per due decenni hanno impostato l’approvvigionamento per la controinsurrezione. Le armi usate in Afghanistan erano adatte per la controinsurrezione, i sottomarini AUKUS, sono invece utili per deterrenza contro e, se necessario, per il conflitto con avversari come la Cina.
Spiega bene Richard Aboulafia: «Dopo un decennio di budget per la difesa ridotto dopo la Guerra Fredda, la spesa per la difesa è aumentata vertiginosamente dopo l’11 settembre. Al netto dell’inflazione, il budget federale per l’anno fiscale 2000 è stato di 464 miliardi di dollari. Questo è aumentato a 820 miliardi di dollati entro l’anno fiscale 2011. Da allora è rimasto relativamente alto, oltre 700 miliardi di dollari negli ultimi anni, incluso il primo budget dell’Amministrazione Biden. La maggior parte di questa crescita è stata usata per le guerre in Iraq e Afghanistan. Consideriamo l’Aeronautica e la Marina, i due servizi militari meno coinvolti in quelle guerre. Secondo il Mitchell Institute for Aerospace Studies, tra gli anni fiscali 1990 e 2003, il budget dell’Air Force è stato in media del 24% della spesa totale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (meno lo spazio e altre spese su cui l’Air Force ha poco controllo, gran parte della quale è ora stato trasferito alla Space Force). Nello stesso periodo, la quota della Marina era del 31 percento del budget. L’esercito ha ottenuto il 25 per cento. Ma dopo l’impennata del budget della difesa, queste quote di budget sono cambiate radicalmente. Tra gli anni fiscali 2004 e 2013, la quota dell’esercito è cresciuta fino a un impressionante 34 percento L’Air Force, deducendo la maggior parte della spesa spaziale, è scesa ad appena il 20% e i leader dell’Air Force che hanno tentato di preservare i finanziamenti per i sistemi di grande potenza hanno perso il lavoro. La quota del budget della Marina è scesa al 26% e molto poco è andato ad armi pesanti come navi e aerei».
Come nel passato grandi potenze si sono viste prese alla sprovvista «dall’emergere di un avversario alla pari, come Gran Bretagna e Francia con la Germania nei decenni precedenti la prima guerra mondiale, il consenso sulla Cina come una minaccia, è stato relativamente improvviso». Così l’Esercito americano si è scoperto non «preparato per un confronto con un possibile avversario forte e in crescita. Negli ultimi 20 anni, la spesa pesante è andata a veicoli leggermente corazzati, giubbotti antiproiettile, sistemi di ricognizione tattica e a corto raggio ed elicotteri da trasporto a corto raggio. Poco è stato speso per il tipo di strumenti strategici che rendono grande una potenza militare». L”amnesia strategica’, come la definisce Aboulafia, per esempio fa si che mentre «negli anni ’90, gli Stati Uniti hanno creato il miglior aereo da combattimento per il dominio aereo del mondo, l’F-22, la cui produzione è stata bloccata dopo soli 187 velivoli, invece degli iniziali 750 previsti, causa la priorità data alle guerre di controinsurrezione, oggi il risultato di questi e altri tagli, è che «l’età media degli aerei dell’Air Force è di quasi 30 anni».
«Ora, il bilancio della difesa si sta nuovamente concentrando sui sistemi che rendono gli Stati Uniti una grande potenza. L’ultimo budget dell’Amministrazione Trump e il primo budget dell’Amministrazione Biden includono la spesa record di tutti i tempi per test e valutazione dello sviluppo della ricerca, la parte del budget che crea nuove armi ad alta tecnologia e la base tecnologica per la creazione di nuovi sistemi».
Il Center for Strategic and International Studies (CSIS), attraverso uno dei suoi più autorevoli analisti, Mark Cancian, colonnello United States Marine Corps Reserve in pensione, e consigliere senior del Programma di sicurezza internazionale del CSIS, afferma brutalmente: «Per ragioni strategiche e di bilancio, la struttura delle forze sta ‘staring into the abyss‘». Le considerazioni di Cancian sono spietate. «Molti strateghi scambierebbero la struttura delle forze armate, in particolare la struttura dell’aeronautica e dell’esercito, per investimenti in tecnologie avanzate per contrastare la Cina», prosegue Cancian, «La crescita del budget della difesa si è conclusa nell’esercizio 2021 e il budget per l’esercizio 2022 proposto dall’Amministrazione Biden continua questo modello di non crescita. Se continua così, la struttura della forza si ridurrà rapidamente».
L’analista denuncia un divario tra risorse e strategia, «i budget sono piatti o ridotti e la strategia rimane invariata, il che aumenta il rischio, poiché le capacità militari potrebbero non essere in grado di sostenere gli impegni di politica estera».
«La soluzione migliore sarebbe implementare un mix high-low (forze ad alta capacità per conflitti di grande potenza, forze a bassa capacità per conflitti regionali e altre operazioni), aumentare la dipendenza dalle forze di riserva e promuovere una transizione graduale verso nuove tecnologie».
A quanto rilevato da Cancian si aggiunge Ryan Fedasiuk, analista di ricerca presso il Center for Security and Emerging Technology della Georgetown University, studioso delle applicazioni militari dell’intelligenza artificiale e sugli sforzi della Cina per acquisire tecnologia straniera. A inizio ottobre, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pubblicato il suo rapporto annuale sul potere militare cinese. Il rapporto fa eco alle preoccupazioni di vecchia data secondo cui l’Esercito di Liberazione cinese sta investendo pesantemente nella ‘guerra intelligente‘ -una strategia basata sul rendere i sistemi di armi e le operazioni militari più interconnesse e autonome – e che l’intelligenza artificiale potrebbe «cambiare il futuro della guerra più velocemente del previsto» .
«Nell’ultimo anno ho fatto parte di un team di ricercatori del Center for Security and Emerging Technology che ha vagliato 350 contratti di attrezzature militari cinesi relativi specificamente all’intelligenza artificiale (IA). Il campione che abbiamo analizzato fa parte di un set di dati più ampio e pubblicamente disponibile di 66.000 record di appalti pubblicati tra aprile e novembre 2020. Il nostro rapporto appena pubblicato, basato interamente su informazioni open source, mostra come la Cina stia già utilizzando l’intelligenza artificiale nella sua strategia militare, nonché come intenda acquisire future capacità di intelligenza artificiale. Abbiamo scoperto che l’esercito cinese sta ‘intelligentizzando’ la guerraacquistando sistemi di intelligenza artificiale per tutti i tipi di applicazioni, inclusi veicoli autonomi, analisi di intelligence, supporto decisionale, guerra elettronica e operazioni informatiche», afferma Ryan Fedasiuk
Ma la cosa più importante, è che l’indagine mostra «come i progressi cinesi nell’IA militare siano guidati, in parte, dall’accesso alla tecnologia e al capitale americani. Il nostro rapporto mette in evidenza il ruolo fondamentale che le aziende statunitensi svolgono nel fornire alla Cina dati, software e finanziamenti. Ciò indica gravi carenze nel sistema di controllo delle esportazioni degli Stati Uniti, che non è stato costruito per schermare l’elevato volume di trasferimento di tecnologia e flussi di capitali in Cina e che fatica a distinguere tra acquirenti militari e civili. Anche se gli Stati Uniti tentano di separare le catene di approvvigionamento dalla Cina quando si tratta di merci americane, devono anche prendere in considerazione nuove strategie per impedire che il know-how americano alimenti inavvertitamente i progressi tecnologici della Cina».
Le «aziende statunitensi stanno inavvertitamente alimentando i progressi militari cinesi nell’intelligenza artificiale. La stragrande maggioranza dei chip per computer avanzati nel cuore dei sistemi di intelligenza artificiale militari cinesi sono progettati da aziende statunitensi come Intel, NVIDIA e Xilinx e prodotti a Taiwan. Abbiamo scoperto che i fornitori hanno effettivamente raffigurato i processori a marchio NVIDIA nelle foto dei loro prodotti, fornendo una chiara prova del ruolo che la tecnologia statunitense svolge nel sostenere i progressi della Cina». Alcuni fornitori cinesi, afferma l’analista, impostano tutta la loro attività acquistando dati o componenti stranieri e rivendendoli a società di difesa cinesi sanzionate e unità dell’esercito. «Altri collaborano con aziende tecnologiche statunitensi nella ricerca sull’intelligenza artificiale o acquistano dati di tracciamento delle navi da società satellitari statunitensi. In particolare, alcune società che forniscono all’esercito cinese software di gestione delle battaglie e di sicurezza informatica basati sull’intelligenza artificiale sono finanziate da società di venture capital con sede negli Stati Uniti».
Il rapporto spiega «come le scappatoie e le carenze nel sistema di controllo delle esportazioni stiano consentendo il deflusso del know-how tecnico degli Stati Uniti al PLA. Tra i 273 fornitori di apparecchiature per l’intelligenza artificiale identificati nello studio, meno dell’8% si trova nell’elenco delle entità del dipartimento del commercio di individui e organizzazioni soggetti ai requisiti di licenza del governo degli Stati Uniti. La stragrande maggioranza dei fornitori di PLA non è nemmeno inserita nella lista nera né dal Dipartimento del Tesoro né dal Dipartimento della Difesa », conclude Fedasiuk.
C’è anche altro, qualcosa di più insidioso, molto grave per quello che dovrebbe essere la forza militare più forte del pianeta, il più grave ostacolo per la ricostruzione delle forze. E’ il malcontento che serpeggia tra i militari. Si denuncia «la leadership corrotta dal carrierismo e influenzata da interessi esterni che non coincidono sempre con gli interessi della difesa nazionale». Si sostiene «dopo 20 anni di dispiegamenti costanti, l’esercito ‘going to naturally decay’».
Fonte: https://lindro.it/per-una-guerra-contro-la-cina-gli-usa-non-sono-pronti/
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