BEFFA ASSEGNO UNICO/ “Penalizzate 1 milione di famiglie, meno soldi per tutti”
DA: IL SUSSIDIARIO (di Marco Biscella)
Tra i 41 e i 134 euro in meno al mese in busta paga. Sono gli importi che con l’introduzione dell’assegno unico universale perderebbero alcune categorie di famiglie in base alle simulazioni condotte dall’Ufficio studi della Uila-Uil, che ha preso in esame quattro casi studio. In estrema sintesi, nella prima simulazione (famiglia monoreddito, coniuge e due figli minori, senza casa di proprietà, il cui reddito deriva dal lavoro di un bracciante agricolo, 15mila euro e Isee di 2.439 euro) l’assegno unico universale, rispetto al precedente regime dell’assegno al nucleo familiare (Anf), provocherebbe una perdita di 134 euro al mese per il portafoglio familiare. Nel secondo caso (famiglia monoreddito non proprietaria di casa e con due figli minori, reddito complessivo di 25mila euro con un Isee di 6.504 euro) il taglio ammonterebbe a 54 euro.
Nel terzo caso (due redditi per un totale di 37mila euro annuali e Isee di 15mila euro) andrebbero in fumo 41 euro al mese. Nell’ultimo caso (famiglia con reddito di 50mila euro, casa di proprietà e Isee di 15.504 euro) la perdita con l’assegno unico familiare rispetto all’Anf arriverebbe a 106 euro al mese. “E secondo i nostri calcoli – afferma il segretario generale della Uila-Uil, Stefano Mantegazza – sarebbe un milione di famiglie che con l’assegno unico universale andrebbero a perderci rispetto al sistema Anf più detrazioni”.
Perché l’introduzione dell’assegno unico universale potrebbe produrre tagli più o meno rilevanti in busta-paga?
Perché il nuovo sistema definisce l’importo della prestazione sulla base del reddito Isee e non più sul reddito Irpef e questo cambia la tecnicalità del calcolo.
Con quali effetti?
Chi ha un reddito Irpef intorno ai 15mila euro e un Isee piuttosto basso, con il regime precedente usufruiva dell’assegno pieno e delle detrazioni piene, con l’assegno unico le detrazioni non ci sono più e quindi si verifica il danno economico.
Secondo alcune stime, a “perderci” sarebbero poco meno di 200mila nuclei familiari. Un numero che risulta anche a voi?
No, sono ben di più. Circa un milione di famiglie viene danneggiato economicamente dall’introduzione della nuova normativa.
Ma la ministra Bonetti ha più volte tranquillizzato le famiglie dicendo loro di “stare tranquille, non ci perderanno”, tanto che all’articolo 5 è stata inserita una sorta di “clausola di salvaguardia”. Non è sufficiente?
Il problema è che questa clausola ha un décalage: è valida al 100% per il 2022, poi al 66% per il 2023, al 33% per il 2024 e si azzera per l’anno successivo.
Come ovviare a questo problema?
Per risolverlo bisogna rendere strutturale la clausola di salvaguardia, eliminando il décalage per garantire a tutti il 100%.
E’ un aspetto cruciale.
Certo, perché la maggior parte dei danneggiati sono famiglie a basso reddito: lavoratori precari, stagionali, intermittenti. Essendo le persone più deboli del mercato del lavoro, a maggior ragione vanno tutelate.
Si può quindi dire che l’assegno unico penalizza soprattutto i redditi bassi?
Penalizza soprattutto chi ha redditi intorno a 15mila euro. Per assurdo, la curva si inverte di nuovo se il reddito è ancora più basso. Penalizza anche le famiglie che hanno figli fra i 18 e i 21 anni perché la norma prevede il dimezzamento dell’assegno. Ma non è questa l’unica stortura della legge.
Che cosa vi preoccupa?
Alla base di tutto c’è il reddito Isee e la scelta è stata del tutto trasparente all’interno della legge quadro: lo Stato ha infatti deciso di garantire una serie di prestazioni a seconda dei bisogni. E appunto la presentazione dell’Isee serve a essere sicuri che questi bisogni siano reali e che non vi sia un passaggio di risorse da chi paga le tasse – non dobbiamo dimenticare che questa riforma è finanziata anche dalla fiscalità generale – verso eventuali evasori.
Un principio sacrosanto, non crede?
Certo, però fatta la legge, trovato l’inganno.
E dove si nasconde l’inganno?
Nel fatto che si prevede di dare comunque 50 euro al mese per ogni figlio a carico a tutti coloro che decidono di non presentare l’Isee. Un regalo palese a chi accede a una prestazione pubblica, ma non vuole far sapere quanti soldi ha in banca o quante case ha di proprietà. Non mi sembra molto coerente con lo spirito della legge, né con l’impegno a non sprecare i soldi pubblici. Noi chiediamo che venga resa obbligatoria per chiunque la presentazione dell’Isee.
Ci sono altri punti delicati?
Uno in particolare che riguarda tutti i lavoratori dipendenti. Oggi ricevono assegni familiari e detrazioni direttamente in busta paga. Dall’introduzione dell’assegno unico dovranno presentare domanda all’Inps, ma – come ha detto la stessa ministra – questi soldi arriveranno presumibilmente a giugno.
Quindi, da marzo a giugno per quattro mesi questi lavoratori non vedranno un euro?
Esatto. Ma basta un esempio banale per capire l’importanza e la delicatezza della cosa. Prendiamo una famiglia con due figli under 18, una retribuzione mensile di 1.400 euro, di cui 350 di assegni familiari e detrazioni. Ammettiamo che con il nuovo sistema il beneficio resti di eguale entità, il problema è che finora quei 350 euro li vedeva anticipatamente in busta paga, invece dal 31 marzo 2022 si ritroverà con una busta paga di 1.050 euro e solo quattro mesi dopo, se l’Inps avrà accolto la domanda, potrà percepire gli arretrati. E’ facile intuire che la maggior parte di queste famiglie, che già prima arrivavano a fatica alla fine del mese, dovrà tirare ancor più la cinghia…
Come trovare una soluzione?
Molto semplice: il sistema di anticipazione in busta paga è definito da una convenzione tra Inps e aziende, assolutamente compatibile con questa normativa. Basterebbe solo confermarla.
Per le famiglie sarà un percorso complesso, dovendosi districare fra redditi e Isee, accedere ai benefici? Andranno aiutate?
Sì. E qui c’è un altro nodo da sciogliere. La legge prevede di erogare 20 milioni all’Inps per l’aggravio relativo all’obbligo di verificare tutti gli Isee. Però, dal 1° gennaio 2022, i Caf e i Patronati si ritroveranno davanti agli sportelli milioni di famiglie e quindi milioni di pratiche da istruire. Perché non prevedere anche per loro un finanziamento? In media abbiamo stimato che, in caso di Isee senza troppe complicazioni e senza errori, occorrerà una mezz’ora per ogni pratica, cioè per ogni famiglia.
Per le famiglie numerose l’assegno unico porterà benefici marginali, se non una potenziale diminuzione?
Per i lavoratori dipendenti il calcolo è molto complesso, legato soprattutto all’incrocio fra reddito Irpef e reddito Isee, il che potrebbe portare a nuove situazioni in cui il beneficio è a rischio.
Per esempio?
Una famiglia con reddito Irpef bassissimo, quindi beneficiaria al 100% di assegni e detrazioni, nel momento in cui compila l’Isee e si scopre che ha casa di proprietà, una seconda casa al mare, magari avuta in eredità, e pure qualche soldo sul conto corrente, probabilmente ci rimetterà.
Le associazioni delle famiglie chiedono che sul piatto vengano messi più dei 6 miliardi finora previsti. Che ne pensa?
Chi dice di no? Il problema è dove trovarli. Battuta a parte, oltre ai miliardi già in essere, che ne andavano quasi tutti ai lavoratori dipendenti, se ne aggiungono altri 6. Cioè si è già fatto uno sforzo molto importante.
Sarà sufficiente?
Non è mai sufficiente, perché se si possono aiutare di più le famiglie con figli a carico o con figli numerosi a carico o con figli disabili a carico, chi è contrario? Dobbiamo confidare che si continui su questa strada e si trovino altre risorse. Di certo sono tanti soldi che vanno soprattutto a lavoratori autonomi, partite Iva e percettori del Reddito di cittadinanza, tutte categorie di famiglie che da questa operazione traggono dei benefici, perché prima non percepivano nulla.
Ma se ai percettori del Rdc si aggiungono i soldi dell’assegno unico universale, non si corre il rischio che quel reddito complessivo li induca ancora più a non cercare un impiego, in un mercato del lavoro dove le imprese fanno fatica a trovare manodopera?
Con la nuova normativa i percettori del Rdc vedono aumentare in maniera importante il loro reddito, che si avvicina a quello di lavoratrici e lavoratori stagionali.
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