Gli scheletri di Pfizer
da L’INTELLETUALE DISSIDENTE (Claudio Chianese)
Tutte le multinazionali sono più o meno mostruose, quelle del farmaco lo sono in maniera quasi esemplare. I contenziosi di Pfizer e Big Pharma
Spiace davvero che il ministro Cingolani sia rimasto traumatizzato dal ripasso delle guerre puniche, ma dopotutto studiare la storia non è così inutile, se non altro perché tende a ripetersi, almeno nei suoi esiti peggiori. Dai tempi di Giustiniano I, sesto secolo, nel pensiero giuridico della Cristianità l’eresia tende ad essere equiparata al tradimento. Da una parte la dissidenza religiosa, dall’altra la sedizione politica: eppure non c’è differenza, perché uno stato si regge sempre su un’ideologia, e chi la rifiuta sta rifiutando anche la legittimità del potere. I post-strutturalisti l’hanno detto da un pezzo – pure Foucault dopo Annibale, povero Cingolani – che il sapere è uno strumento di potere, che il potere vuole sapere, osserva il mondo col suo immane occhio scientifico per sorvegliare e punire.
Agamben e Cacciari ripetono da noi, di fronte a sguardi fra l’indignato e il fesso, l’ovvio fatto che il potere ha investito su una certa narrativa della pandemia, dunque reagisce alle altre narrative, per il solo fatto che siano altre, con la repressione. Se il premier esclude chi si non si vaccina dalla società, il piano dell’ideologia e quello della politica si sono già sovrapposti. Più in generale, il potere in Occidente si giustifica invocando certe ortodossie prodotte dall’accademia – il consenso degli economisti liberisti, adesso quello della medicina istituzionale: professioni di fede molto più brutte del Credo di Giustiniano, ma che ugualmente santificano l’esercizio della forza. I cosiddetti no-vax vengono trattati dal governo, dai media e dai borghesi ciechi d’onestà molto peggio di quanto il loro crimine – che in effetti non c’è, finché rimane legale non vaccinarsi – meriterebbe. Perché la loro colpa è un’altra, una colpa del pensiero: peccano contro i due dogmi su cui è stata costruita la modernità, cioè la tecnica e il mercato, plasticamente rappresentati dalle case farmaceutiche.
Decidere, però, che hanno ragione a prescindere perché si oppongono al potere sarebbe proprio lo stesso tipo di discorso manicheo che fa il potere: il nostro dibattito scientifico è infestato da gente convinta di saperne più di quanto la scienza, per struttura e metodo, permetta di sapere, e a toccarlo ci si sporca. Meglio restarne fuori e guardare, dicevamo, alla storia. Un cliente ha il diritto di sapere da chi acquista, e c’è un evento nel passato di Pfizer, il nostro venditore di vaccini, del quale si è parlato curiosamente poco. Ecco i fatti. Nel 1996 a Kano, in Nigeria, scoppia un’epidemia di meningite, una delle peggiori del ventesimo secolo. Pzifer, come sempre dalla parte dell’umanità, coglie l’occasione per impiantare un centro in un ospedale locale e cominciare a testare sui bambini malati il Trovan, un nuovo antibiotico non ancora approvato che potrebbe rappresentare un mercato da un miliardo di dollari. Cinque bambini muoiono, decine riportano danni permanenti, paralisi, cecità. Medici Senza Frontiere, che era presente sul luogo, racconta la vicenda così:
“Con farmaci clinicamente approvati e disponibili, la Pfizer ha invece deciso di condurre test per un medicinale non approvato su bambini la cui vita era appesa a un filo”.
Il Trovan non è mai stato approvato per l’uso pediatrico, ed è attualmente illegale in Europa per via di gravi effetti collaterali. Pfizer l’ha impiegato comunque, probabilmente senza consenso informato. Il contenzioso legale inizia nel 2002 e solo nel 2009 l’azienda paga un risarcimento alle famiglie coinvolte. Nel 2010, da Wikileaks emerge che Pfizer avrebbe tentato di ricattare il governo nigeriano; nel 2011 un ex dipendente, il dottor Juan Walterspiel, accusa Pfizer di aver corrotto funzionari nigeriani per poter proseguire nello studio: ovvero, di aver comprato cavie umane. “Cavie umane” è il titolo del documentario di Stefano Liberti andato in onda su Rai3 nel 2008: si trova in rete e ve lo consiglio, se non altro per guardare in faccia i genitori di quei bambini. C’è anche “Il giardiniere tenace”, il romanzo ispirato agli eventi:
“Pensi che le nazioni controllino il mondo! Torna al catechismo… di questi tempi si canta Dio salvi le multinazionali”.
John le Carré
La storia del colonialismo sanitario in Africa è lunga e, del resto, qualche medico francese ha già proposto di sperimentare i vaccini anti-Covid sugli africani. Altrettanto lunga, e altrettanto orrenda, è la storia giudiziaria di Big Pharma: giusto l’anno scorso Johnson & Johnson è stata condannata per aver venduto talco cancerogeno. Non è questo il luogo per un elenco e, del resto, l’antifona si è capita. Ora serve qualche riflessione.
Tutte le multinazionali sono più o meno mostruose, quelle del farmaco lo sono in una maniera quasi cartoonesca. Anche alla pandemia è stata applicata, come a tutto il resto, la macchina del tardo capitalismo che trasforma le spese pubbliche – 100 miliardi di dollari di finanziamenti – in profitti privati. E, a ben guardare, la logica del profitto ha rallentato di molto le vaccinazioni nei paesi poveri, e dunque la fine dell’emergenza: ma questo è il presente, e invece basterà il passato. Cosa dice la storia? Che il vaccino per i bambini italiani viene prodotto dalla stessa azienda che, venticinque anni fa, sperimentava un farmaco potenzialmente letale sui bambini nigeriani. Nessun complotto, solo lo scheletro dei fatti. Conseguenze? Ecco, qui ci si ferma. Circola, dall’inizio della pandemia – e Monti l’ha esplicitata, bontà sua – un’idea pastorale di giornalismo, s’è deciso che il cronista è un Orfeo che deve ammansire col flauto la belva dell’opinione pubblica. C’è chi lo vive come un dovere civico – di questa formula già infelice non si è mai abusato così tanto – e comunque se ti sottrai sei un eretico, di nuovo.
Solo che il giornalista non fa questo mestiere. Il giornalista dev’essere inquietante, le cose che dice devono rovinare il sonno. Tutto il contrario della ninnananna vaccinale dell’ultimo anno. Ed è particolarmente miserabile deridere i dubbi dall’alto: perché dall’alto ci stanno chiedendo di fidarci dei governi e delle multinazionali, due entità che per definizione non meritano fiducia. Abbiamo alternative? Forse no, ma questo non spetta al giornalista dirlo. Un articolo serve quando incrina la narrativa corrente, altrimenti è soltanto un biglietto d’auguri. Vaccinarsi, non vaccinarsi, è una questione secondaria: molto più importante è che i cittadini sappiano tutto il possibile. Ancora di più, che sappiamo oltre la superficie del racconto ufficiale. Sapere aude, abbi il coraggio di sapere, il motto di Kant, per reclamare un potere contrapposto al potere: che decidano poi, qualunque cosa decidano, sarà una vittoria per la democrazia.
FONTE: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/societa/pfizer-big-pharma-vaccini/
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