I contractors del Gruppo Wagner contro i jihadisti in Mali: l’Europa risponde con le sanzioni
da ANALISI DIFESA (Pietro Orizio)
Da settembre si rincorrono voci di un accordo tra Mosca e Bamako per il dispiegamento del Gruppo Wagner in Mali, in supporto alle Forze Armate locali nella lotta ai jihadisti nel nord del Paese.
Nel frattempo, i ministri degli esteri dell’Unione Europea hanno adottato sanzioni contro i contractors russi, responsabili di violazioni dei diritti umani in diversi teatri operativi e la Giunta militare del Mali, per la mancata transizione democratica.
Un ritorno alla democrazia che vedrebbe tra i principali ostacoli, proprio, la tanto ventilata presenza della compagnia militare privata (PMC) russa nel Paese. Pur senza inequivocabili conferme sul suo dispiegamento, dalla vicenda emerge un ampio utilizzo del Gruppo Wagner come leva competitiva per l’estensione dell’influenza russa nell’Africa occidentale, stravolgendo storiche dinamiche di potere nella regione.
UE contro il Gruppo Wagner…
Il 13 dicembre 2021 i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno adottato misure restrittive contro il Gruppo Wagner, tre entità ed otto individui ad esso collegati.
Entrato in vigore nella giornata stessa, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il pacchetto di sanzioni era già stato concordato dai rappresentanti permanenti dei 27 Paesi membri l’8 dicembre, nell’ambito di quattro diversi regimi sanzionatori: quello globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani e quelli relativi alla situazione in Libia, Siria e ad azioni che compromettono l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Il Gruppo Wagner è, infatti, ritenuto responsabile del reclutamento, addestramento e dispiegamento di operatori in zone di crisi nel mondo per alimentare la violenza, depredare risorse naturali ed intimidire i civili in violazione del diritto internazionale, incluso il diritto internazionale dei diritti umani.
Le tre entità collegate sono società private russe che, nel dicembre 2019, hanno ottenuto dal Parlamento siriano diritti di esplorazione petrolifera e gasifera in Siria: Velada LLC, Mercury LLC e Evro Polis LLC. Quest’ultima, che funge da copertura al Gruppo Wagner, ottiene il 25 % dei proventi derivanti dalle estrazioni dei giacimenti riconquistati all’ISIS dai suoi contractors.
Gli individui inseriti nell’elenco dell’EU sono, invece, coinvolti in torture ed esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie ed attività destabilizzanti in alcuni dei Paesi in cui operano come Libia, Siria, Ucraina (Donbas) e Repubblica Centrafricana:
- Dimitriy Valerievich Utkin, fondatore e comandante del Gruppo Wagner. Ex tenente colonnello dell’Esercito russo, ex membro del GRU e amministratore delegato della Concord Management and Consulting, Utkin è ritenuto responsabile del coordinamento e pianificazione di operazioni che hanno compromesso e minacciato l’integrità territoriale, sovranità e indipendenza dell’Ucraina. Oltre al dispiegamento di operatori privati sul campo, avrebbe anche partecipato direttamente alle ostilità. È ritenuto altresì responsabile di gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal gruppo, come torture ed esecuzioni sommarie. In particolare, quella di un disertore siriano ad Homs, nel giungo 2017. La sua raccapricciante tortura e decapitazione è stata eseguita e filmata da 4 carnefici del Gruppo Wagner, proprio per ordine di Utkin.
- Denis Yurievich Kharitonov, vicecapo della sezione di Astrakhan dell’Unione dei volontari del Donbas, membro della Duma dell’oblast di Astrakhan e mercenario del Gruppo Wagner. Kharitonov avrebbe combattuto nel Donbas come comandante di un plotone antiaereo del battaglione separatista Steppe. Ha ammesso di aver abbattuto un elicottero e due cacciabombardieri Su-25 ucraini. È stato insignito dell’Ordine al merito della patria della Federazione Russa e di diversi riconoscimenti interni al Gruppo Wagner, nonché dal capo dell’Unione dei volontari di Donbas e dall’ex primo ministro della Repubblica popolare di Donetsk, Alexander Borodai.
- Sergey Vladimirovich Shcherbakov, agente freelance del GRU e mercenario del Gruppo Wagner. Ha combattuto nel Donbas come membro del plotone antiaereo del battaglione Steppe comandato da Kharitonov.
- Alexander Sergeevich Kuznetsov, comandante della 1° Compagnia di assalto e ricognizione del Gruppo Wagner nel 2014. Nel 2019 è stato ferito in Libia, tra le fila dell’Esercito di Liberazione Nazionale, dove comandava i wagneriani in esso integrati.
- Andrey Nikolaevich Troshev, colonnello in pensione, membro fondatore e direttore esecutivo del Gruppo Wagner. Ha partecipato direttamente alle operazioni in Siria, in particolare alla battaglia di Deir el-Zor.
- Andrey Mikhailovich Bogatov, comandante della 4° Compagnia di attacco e ricognizione del Gruppo Wagner in Siria. È stato coinvolto nella battaglia di Palmira.
- Stanislav Evgenievitch Dychko, ex agente della polizia di Stavropol e mercenario del Gruppo Wagner. Insieme ad altri tre uomini ha partecipato alla tortura ed uccisione del disertore siriano ad Homs, nel giugno 2017.
- Valery Nikolaevich Zakharov, ex membro del FSB ed attuale consigliere per la sicurezza del presidente della Repubblica Centrafricana. La sua influente posizione nel Paese e all’interno del Gruppo Wagner lo rendono responsabile delle gravi violazioni dei diritti umani e reati commessi dai suoi uomini. Tra questi l’omicidio dei tre giornalisti russi che stavano indagando sulle attività della PMC ibrida russa in Repubblica Centrafricana, nel 2018.
Concretamente, individui e società inseriti nella blacklist hanno subito il congelamento dei beni presenti sul territorio dell’Unione Europea. Agli individui è vietato anche l’accesso al territorio europeo. Infine, ad entrambi è negato l’ottenimento, diretto o indiretto, di finanziamenti da parte di soggetti residenti ed entità con sede nell’UE.
Per i sopraccitati motivi, infatti, il Gruppo Wagner ed “associati” rappresentano una minaccia per i cittadini di Paesi e regioni in cui operano ed anche per l’Unione Europea stessa. Da qui il tentativo di Bruxelles, attraverso le sanzioni, di frenare le attività del Gruppo Wagner e la forte determinazione a difendere i propri interessi e valori, anche fuori dal suo ambito territoriale di riferimento.
…e giunta militare del Mali
Nella stessa giornata delle sanzioni contro il Gruppo Wagner, l’Unione Europea ha adottato misure restrittive anche nei confronti della giunta militare del Mali. Al potere dall’agosto 2020 con un golpe, il governo di Assimi Goïta è accusato di aver impedito il processo di transizione democratica nel Paese.
Trattandosi essenzialmente di una definizione dei nuovi criteri per l’autonoma imposizione di misure restrittive da parte dell’UE ad individui ed entità che minaccino la pace, sicurezza e stabilità nel Paese, nessun nome è stato ancora inserito in una blacklist.
Tuttavia, uno dei maggiori ostacoli alla transazione democratica, da più parti, è stato identificato nella ventilata presenza del Gruppo Wagner. Dalla metà di settembre, infatti, hanno iniziato a circolare voci su di un imminente accordo tra la giunta militare di Bamako e i contractors russi.
Un accordo per il dispiegamento di – fino a – 1.000 uomini in supporto alle forze armate locali e a protezione di alti funzionari governativi, nell’ambito del contrasto agli insorti jihadisti. Il compenso del Gruppo Wagner ammonterebbe a circa 6 miliardi di franchi CFA (9,13 milioni di euro) al mese, oltre all’accesso a tre miniere: due di oro e una di magnesio.
Immediata la reazione diplomatica della Francia che ha chiamato a raccolta i propri alleati – USA, UE e ECOWAS – per persuadere la giunta maliana a non stipulare alcun contratto con Mosca o suoi “surrogati”.
Parigi è, infatti, preoccupata che l’arrivo del Gruppo Wagner possa minare la sua decennale operazione antiterrorismo Barkhane contro gli insorti collegati ad al-Qaeda ed ISIS nella regione del Sahel occidentale, proprio in un periodo in cui sta riducendo la sua presenza militare (da 5100 uomini schierati soprattutto in Ciad, Mali e Niger a 2.500-3.000) e coinvolgendo altri Paesi europei (Task Force Takuba, formata soprattutto da forze speciali con ,l’adesione di 16 Paesi europei, tra cui l’Italia).
Ai moniti di “serie conseguenze” in caso di dispiegamento del Gruppo Wagner in Mali, il ministro degli esteri russo ha risposto il 25 settembre. Durante una conferenza stampa a margine dei lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Sergei Lavrov ha precisato che le autorità russe non avevano nulla a che fare con la vicenda e che era stato, invece, il Governo maliano a rivolgersi ad una PMC russa per ottenere aiuto contro i terroristi.
Il giorno seguente Choguel Maiga, primo ministro del Mali, in un intervento al Palazzo di Vetro ha accusato Parigi di aver abbandonato il suo Paese, senza aver raggiunto gli obiettivi prefissati. I gruppi terroristici che nel 2012 avevano invaso quasi i due terzi del suo territorio ed erano stati solamente dispersi, infatti, ora ne controllano diverse parti.
Pertanto, non solo Maiga ha chiesto alle Nazioni Unite di far adottare una “postura più offensiva” ai propri 12.500 caschi blu schierati sul campo e di aiutarlo a creare “condizioni reali” per la stabilità e lo sviluppo, ma ha ammesso anche di essere alla ricerca di altre soluzioni per colmare il gap di sicurezza generato dal ritiro dei francesi.
Il Gruppo Wagner è in Mali?
Della presenza del Gruppo Wagner in Mali si era parlato già nel novembre 2019, quando l’allora ministro della Difesa, il generale Ibrahim Dahirou Dembele aveva annunciato l’arrivo di soldati russi per supportare le forze armate locali, in particolare nella manutenzione di due elicotteri Mi-35 ricevuti da Mosca nell’ottobre 2017 e nell’addestramento dei loro piloti. Un’aliquota ridotta di uomini, in realtà, operatori del Gruppo Wagner schierati in seguito ad una decisione approvata al vertice Russia-Africa di Sochi nell’ottobre 2019.
Più recentemente, un primo gruppo di contractors sarebbe operativo nel Paese da agosto. Mentre a Molkino, quartier generale del Gruppo Wagner, è stata lanciata una campagna di arruolamento di personale da inviare in Mali, con annunci sui social come VKontakte. Un reclutamento indirizzato ad un’ampia gamma di figure professionali: da traduttori dal francese, istruttori sanitari, chirurghi, terapisti, tecnici, cuochi e autisti a figure più prettamente militari come genieri, sminatori, operatori e manutentori per droni.
E proprio un geologo ed un avvocato – tali Sirgeï L. e Andreï M. – sarebbero arrivati a Bamako alla fine di ottobre, su incarico dello stesso Prigozhin. Il loro compito, con la speciale intercessione del comandante dell’Aeronautica del Mali, era prendere contatti con le più alte cariche del Paese ed ispezionare miniere d’oro, in particolare nella regione meridionale di Menankoto: area dalle grandi potenzialità, ma dallo scarso controllo governativo.
Il ministro degli Esteri maliano, Abdoulaye Diop ha, però, sempre dichiarato di non avere alcuna notizia dell’esistenza di un accordo con il Gruppo Wagner, definendolo parte di una precisa campagna di disinformazione contro il suo Paese.
Ha inoltre aggiunto che “la nostra politica non è quella di affidarci a una società di sicurezza privata, ma piuttosto di dare priorità al rinforzo e all’equipaggiamento delle nostre forze di difesa e sicurezza” e anche se “l’opinione pubblica in Mali è favorevole a una maggiore cooperazione con la Russia, considerata l’attuale situazione della sicurezza, non è stata presa alcuna decisione”.
Nella prima metà di ottobre Pascal Yanni, portavoce dello Stato Maggiore delle Forze Armate francesi, ha reso noto che i reparti speciali impegnati sul campo nell’Operazione Barkhane non avevano trovato tracce degli uomini del Gruppo Wagner nel Paese.
E ancora, Florence Parly, Ministro delle Forze Armate della Repubblica francese ha dichiarato ad inizio dicembre di non credere che i contractors russi fossero presenti in Mali, ma “ciò non significa che le attuali autorità maliane non stiano cercando di portarceli”.
Nel frattempo, a metà novembre, fotografie ritraenti presunti soldati maliani addestrati da operatori del Gruppo Wagner erano circolate su Facebook e Telegram, suscitando grande scalpore; tanto da spingere France 24 ad indagare sulla loro autenticità.
Una di queste in particolare, postata su Twitter il 10 novembre 2021, immortalerebbe due soldati – uno dei quali con una patch delle Forze Armate maliane (FAMa) – davanti ad un edificio abbandonato, vicino ad un uomo bianco che indicava loro dove sparare. Sul muro dell’edificio erano presenti dei graffiti, tra cui “Welcome to Maliki.”
Da un’analisi della fotografia è emersa, però, tutta una serie di incongruenze. Innanzitutto, si ritiene che non sia stata scattata in Mali. L’edificio sullo sfondo, infatti, parrebbe essere il palazzo dell’ex presidente della Repubblica Centrafricana, Jean-Bedel Bokassa a Berengo. Sito in cui i russi hanno stabilito il proprio quartier generale e dove, dal 2018, addestrano le truppe locali.
Quelli immortalati non sarebbero altro che soldati centrafricani facilmente fatti passare per maliani, grazie alla somiglianza tra le uniformi dei due Paesi, entrambi utilizzanti il pattern M81 Woodland. La vegetazione lussureggiante che si intravede, poi, sembrerebbe più quella di un Paese dell’Africa centrale come la Repubblica Centrafricana, che non del sahel come il Mali.
Infine, sarebbe emerso un certo livello di coordinamento nella diffusione di queste immagini su vari canali pro-russi che lasciano pensare ad una “strategia di diffusione completamente artificiale”: dal profilo Facebook – presumibilmente falso – che per primo le ha caricate in rete, all’account di Twitter che le ha condivise – Reverse Side of the Medal (RSOTM) – che si definisce una “community di mercenari” russi e tutta una serie di canali mediatici collegati al Patriot Media Group di Yevgeny Prigozhin (nella foto a lato), patron del Gruppo Wagner che hanno ripreso i post.
Non è quindi possibile dire con certezza dove siano state scattate e se siano reali o frutto di un banale scherzo o campagna propagandistica.
Così come non si può escludere che soldati del Mali siano stati addestrati in Repubblica Centrafricana o che l’istruttore non abbia alcun collegamento con il Gruppo Wagner.
Nonostante ciò, il 23 dicembre un aereo di linea Tupolev Tu-154 del 223° Distaccamento aereo dell’Aeronautica russa avrebbe trasferito da Benghazi, Libia a Bamako, Mali 500 uomini del Gruppo Wagner che si schiereranno in 10 diverse località nel Paese.
Notizia che pare trovare conferma nella dichiarazione congiunta di 16 governi europei e non – tra cui Francia, Canada, Germania, Regno Unito e Italia – che condannano fermamente il dispiegamento di truppe mercenarie in Mali e nell’ennesima smentita di Bamako che parla, invece, di istruttori russi, presenti in base ad un accordo bilaterale con Mosca. Quindi, non operatori di PMC!
Alcune considerazioni
Le sanzioni contro il Gruppo Wagner dello scorso 13 dicembre non sono le prime misure restrittive adottate dall’Unione Europea nei confronti della PMC ibrida russa, sue entità o individui collegati. Il 15 ottobre 2020, a finire nel mirino di Bruxelles era stato nientepopodimeno che Yevgeny Prigozhin, lo “chef di Putin”, nonché patron del Gruppo Wagner.
Come riportato nelle motivazioni dell’allegato ai documenti ufficiali, Prigozhin “[…] intrattiene relazioni strette, anche di natura finanziaria, con la società militare privata Wagner Group. […]” e “[…] dà il proprio sostegno alle attività del Wagner Group in Libia che minacciano la pace, la stabilità e la sicurezza del Paese.
In particolare, il Wagner Group è coinvolto in violazioni plurime e ripetute dell’embargo sulle armi in Libia […], compresi la consegna di armi e lo schieramento di mercenari […] a sostegno dell’Esercito Nazionale Libico. Il Wagner Group ha partecipato a svariate operazioni militari contro il Governo di intesa nazionale sostenuto dall’ONU e ha contribuito a danneggiare la stabilità della Libia e a minare il processo di pace.”
Per Prigozhin è così scattato il consueto divieto di viaggio nell’Unione Europea, congelamento di suoi beni ivi detenuti ed il divieto per cittadini residenti ed entità con sede nell’UE di concedergli supporto economico. Il 25 novembre, poi, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che condannava le violazioni dei diritti umani e altri crimini da parte delle imprese militari e di sicurezza private – Gruppo Wagner in primis – nelle zone di conflitto.
Le Sanzioni UE, che la Russia ha definito parte di un’”isteria occidentale”, difficilmente sortiranno un significativo effetto. Tuttavia, segnano un ulteriore inasprimento della politica estera europea nei confronti di Mosca, lanciando un avvertimento a tutti quei Paesi che, come il Mali, sono tentati di concludere accordi e contratti con il Gruppo Wagner.
Tra questi la Guinea, per cui diversi politologi avrebbero iniziato a sottoporre a Yevgeny Prigozhin analisi sulla situazione del Paese confinante col Mali, teatro di un altro recente golpe: quello che il 5 settembre ha portato all’arresto del presidente Alpha Conde e al potere il colonnello Mamadi Dumbuya.
La Guinea è, infatti, uno dei più grandi produttori di bauxite del mondo, da cui la Russia riceve forniture consistenti per la produzione di alluminio.
Per quanto riguarda il presunto accordo tra Mali e Russia, esso rappresenterebbe una novità rispetto al tradizionale modus operandi del Gruppo Wagner in Africa. In Repubblica Centrafricana, infatti, la penetrazione è avvenuta, dal 2018, attraverso la presenza di una componente militare, prima e poi estendendosi alla sfera politica, economica e informativa. Qui, invece, sta accadendo l’esatto contrario.
Il rischio di ricorrere a tali entità, comunque, è l’isolamento internazionale. Ad esempio, pregiudicando il finanziamento di missioni a garanzia della sicurezza e stabilità del Paese e per l’addestramento delle sue Forze Armate e di Pubblica Sicurezza come MINUSMA, EUCAP SAHEL Mali e EUTM-Mali, proprio come successo recentemente in Repubblica Centrafricana, dove l’UE ha sospeso la sua missione di addestramento a causa del controllo esercitato dagli uomini del Gruppo Wagner sulle Forze Armate locali.
Nonostante ciò, stretti rapporti con la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, non particolarmente interessato a transizioni democratiche fanno decisamente comodo ad una giunta militare intenzionata a restare al potere.
Oltre a solide fondamenta storiche risalenti ai tempi dell’USSR, quando il Mali aveva orientato la sua economia verso un modello di tipo “socialista collettivista” in seguito all’indipendenza dalla Francia, un importante vantaggio competitivo che la Russia può esercitare nel Paese – e nell’intero Sahel – è la fama di forza antiterrorismo di successo che il Gruppo Wagner si è creato.
Attraverso l’impiego di attori non statuali, gruppi paramilitari occulti inclusi, infatti, Mosca ha approfittato dei fallimenti occidentali nella regione, fornendo soluzioni alternative a quelle delle organizzazioni internazionali mainstream. Nell’aspro confronto con Mosca non sorprendono le valutazioni del portavoce del Dipartimento di Stato USA, Ned Price, secondo il quale l’entrata in gioco del Gruppo Wagner “non porterà la pace in Mali, ma destabilizzerà ulteriormente il Paese”.
Citando l’esempio della Libia, Repubblica Centrafricana, Ucraina e Siria ha aggiunto che coloro che vi si sono rivolti “si sono presto ritrovati più poveri, deboli e meno sicuri”. In questi Paesi il Gruppo Wagner “ha alimentato il conflitto e accresciuto insicurezza ed instabilità, causando la morte di soldati locali e civili e minacciando la sovranità nazionale. Il tutto depauperando le casse statali e deviando essenziali risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per costruire le capacità delle Forze Armate del Paese.”
Ingaggiando il Gruppo Wagner, secondo Price il governo di Bamako “avrebbe messo a rischio” il contributo di più di 20.000 peacekeepers e truppe internazionali che operano a sostegno del Mali.
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